sacco ha scritto:Perche' degradare? Dire che un ragazzino delle superiori (non tutti...
) sappia più' fisica di Aristotele non vuol togliere dignità' di intelletto a quest'ultimo.
Dai, mi pare ovvio che non si parli di qualità nella competenza specifica: ma di capacità di ragionamento, ampiezza d'animo, comprensione di catturare con uno sguardo una realtà ed un particolare. Quella forma di intelligenza che si acuisce con l'esercizio quotidiano del ragionamento.
NK7 ha scritto:Gios ha scritto:NK7 ha scritto:Non capisco l'obiezione per cui dato che nr. X di premi Nobel credono, allora questo dovrebbe far riflettere. L'unica riflessione che mi viene in mente è che siano nati in epoche e contesti culturali in cui credere fosse la norma. Abbastanza ragionevole immaginare che i premi Nobel dell'anno 2075 non saranno credenti.
Ecco, è qui il punto.
Perché degradare la dignità del loro (non parlo dei Nobel: intendo di quelli che ci hanno preceduto) intelletto, delle loro capacità deduttive ed induttive, del loro raziocinio (per non parlare del loro cuore e del loro coraggio) solo perché, rispetto a noi, hanno la discutibile colpa di essere morti, di non avere avuto la fibra ottica, il bidet o il modello standard?
Non mi hai capito, dico che nel periodo in cui sono nati loro (ma anche nel nostro, parlo per gli over 40 almeno) avere una qualche forma di credo era inevitabile perchè nascevi in una cultura che era permeata di religione e te la inculcavano a forza, volente o nolente, fin da bambino. Qualcuno da adulto ha sapito disfarsene, altri hanno vissuto vite straordinarie continuando a credere.
Ma sia chiaro che per me si può essere persone meravigliose anche da credenti, mica dico il contrario, come si può essere persone meravigliose anche ritenendo che i gatti neri portino sfortuna e non passando sotto le scale. Anzi è proprio la stessa cosa.
Quello che per me è importante fare capire (e che sembra non mi riesca troppo bene
) è che quegli uomini percepivano la nostra stessa realtà: giocavano con i nostri stessi dadi, non partivano con l'handicap perché vivevano in un altro contesto sociale. Erano adulti svegli, colti, smaliziati, che sentivano quotidianamente l'assenza e la lontananza di Dio (alcuni a dire il vero hanno garantito il contrario: ma assumiamo che o fossero visionari, o bugiardi, o parlassero per simboli; così semplifichiamo).
Non possiamo, io credo (ed è questa l'unica cosa che desidero spiegare, non voglio fare altro, eh), pensare che potessero credere nelle proposizioni del Credo, o nella fulminante e scandalosa affermazione del Kerigma, solo perché da piccoli qualcuno glielo aveva raccontato (così immaginiamo non credessero, passata l'adolescenza, a Gog e Magog solo perché la balia glielo aveva raccontato), o perché fosse un consuetudine sociale consolidata e scontata: questo mi pare come forma di rispetto della loro intelligenza, e come forma di adesione alle loro capacità speculative.