O di altre cosucce tipo il fatto che la Cina esiste ma fino a meta'/fine anni '90 aveva ancora un ruolo marginale nell'economia mondiale.paoolino ha scritto:Poi non tenere conto di altre cosucce: ad esempio, la Germania nel 1980-1996 aveva il peso della Germania-Est e del suo
assorbimento post-riunificazione, e quindi il suo gruppo di controllo forse risente abbastanza di questo fatto.
Economia e finanza
Re: Economia e finanza
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Re: Economia e finanza
Guarda che adesso diventera' di nuovo un'urgenza. In questi giorni Di Maio si riunisce con gli altri idioti per decidere come rilanciare il movimento, e secondo me hanno le idee molto chiare: avevamo detto che davamo quasi 1000 euro al mese a tutti, a pioggia, per sempre, ci hanno votato per questo. Poi siamo andati al governo e l'Europa ce l'ha impedito. Anzi nei prossimi mesi dovremmo addirittura fare una nuova manovra, alzare l'Iva, fare dei tagli. Cosi' finiamo come Renzi o peggio. Questo non e' accettabile, quindi usciamo dall'euro cosi' potremo stampare moneta e alle prossime elezioni ci presentiamo con la promessa di un RdC dell'equivalente di 1500 euro a tutti senza condizioni.PINDARO ha scritto:L'idea di uscire dall'Euro può essere paventata solo da analfabeti funzionali ed economici. Sarebbe un suicidio.
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Re: Economia e finanza
Usando l'oro della banca d'italia.uglygeek ha scritto:quindi usciamo dall'euro cosi' potremo stampare moneta e alle prossime elezioni ci presentiamo con la promessa di un RdC dell'equivalente di 1500 euro a tutti senza condizioni.
Che verrà messa sotto sequestro da Salvini e Di Maio.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
Re: Economia e finanza
La cosa assurda è che questi ragionamenti potrebbero farli davverouglygeek ha scritto:Guarda che adesso diventera' di nuovo un'urgenza. In questi giorni Di Maio si riunisce con gli altri idioti per decidere come rilanciare il movimento, e secondo me hanno le idee molto chiare: avevamo detto che davamo quasi 1000 euro al mese a tutti, a pioggia, per sempre, ci hanno votato per questo. Poi siamo andati al governo e l'Europa ce l'ha impedito. Anzi nei prossimi mesi dovremmo addirittura fare una nuova manovra, alzare l'Iva, fare dei tagli. Cosi' finiamo come Renzi o peggio. Questo non e' accettabile, quindi usciamo dall'euro cosi' potremo stampare moneta e alle prossime elezioni ci presentiamo con la promessa di un RdC dell'equivalente di 1500 euro a tutti senza condizioni.PINDARO ha scritto:L'idea di uscire dall'Euro può essere paventata solo da analfabeti funzionali ed economici. Sarebbe un suicidio.
balbysauro ha scritto:scusa nickognito, ma continui ad aggirare il punto
Re: Economia e finanza
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... o/5004723/Nickognito ha scritto:Io non capisco di economia, ma non capisco nemmeno perche'avremmo dovuto crescere come Gran Bretagna ed Australia, senza mettere in mezzo altre variabiliThePiper ha scritto:https://www.cep.eu/fileadmin/user_uploa ... Losers.pdf
Oggi ho sentito la notizia di questo studio. Commenti da parte di qualche esperto di economia(io non ci capisco una mazza) del forum?
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Re: Economia e finanza
Tre punti da tenere in considerazione a proposito dello studio sugli effetti dell'Euro
Un report tedesco ha riacceso gli animi dei sovranisti nostrani. Che però non sembrano averne letto una parte. Appunti su osservazioni metodologiche e opinione dei ricercatori
di Sandro Brusco
È stato dato parecchio risalto nei giorni scorsi a uno studio di due ricercatori, Alessandro Gasparotti e Matthias Kullas, del Centre for European Policy di Friburgo, un think tank specializzato in analisi delle politiche europee. In breve, lo studio cerca di stimare l’effetto che l’euro ha avuto sui paesi partecipanti nei venti anni passati dalla sua introduzione. Ciò che ha attirato l’attenzione è il fatto che, secondo lo studio, l’Italia ha enormemente sofferto mentre la Germania ha tratto vantaggio dall’introduzione dell’euro. In questo articolo vorrei fare un paio di osservazioni metodologiche ed evidenziare qualcosa ignorato dagli organi di stampa che hanno riportato i risultati, ossia l’opinione dei ricercatori che hanno scritto lo studio su ciò che è opportuno fare in termini di politica economica.
Prima però una breve premessa su ciò che lo studio fa e non fa. L’obiettivo è capire cosa sarebbe successo a un paese, per esempio l’Italia, se non fosse entrato nell’euro. Per farlo bisognerebbe osservare una storia alternativa in cui l’Italia non entra nell’euro. Questo naturalmente è impossibile quindi, come quasi sempre succede nelle scienze sociali, occorre usare alternative meno soddisfacenti. Lo studio usa la metodologia del ‘controllo sintetico’. Si prende una media di paesi che prima dell’introduzione dell’euro si comportava come l’Italia. Poi si fa l’ipotesi che, senza l’entrata nell’euro, l’Italia avrebbe continuato a comportarsi come la media di tali paesi. Infine si compara quello che veramente è successo in Italia con quello che è successo alla media degli altri paesi. La differenza la si imputa all’entrata nell’euro.
Non voglio qua entrare nella discussione sull’adeguatezza del metodo del controllo sintetico per valutazione di andamenti macro di questo tipo. Consiglio a chi è interessato di leggere l’articolo, scaricabile gratuitamente, che il professor Alessandro Martinello ha pubblicato su Strade. Mi preme però sottolineare che il rapporto causale tra l’introduzione dell’euro e la cattiva performance italiana non è dimostrato, ma semplicemente assunto. Per esser più chiari: sapevamo già che la performance economica italiana negli ultimi venti anni è stata patetica e nettamente inferiore a qualunque gruppo di controllo si scelga come comparazione. Il problema è capire perché è stata patetica. Lo studio non ha nulla da dire al riguardo. Fa l’ipotesi che l’introduzione dell’euro sia la causa, ma non cerca di dimostrarlo.
Veniamo ora alle due osservazioni metodologiche. L’utilizzo della metodologia del controllo sintetico, e in particolare l’ipotesi che le differenze nell’evoluzione del reddito siano imputabili unicamente all’introduzione dell’euro, è adeguata solo quando non ci sono altri grossi eventi che possono avere un impatto. Questo è riconosciuto, molto onestamente, dagli autori dello studio. Chi vuole leggere l’originale in inglese può facilmente reperire l’articolo in rete. Per chi si accontenta della mia traduzione in italiano (qui e nelle citazioni successive), ecco quello che dicono Gasparotti e Kullas: “il metodo del controllo sintetico implicitamente assume che nessuna riforma è stata intrapresa per accrescere il PIL pro capite dopo l’introduzione dell’euro, sia nel paese dell’eurozona considerato sia nella media dei paesi usati come comparazione”. Ovviamente, siccome la purezza non è mai possibile negli studi empirici in economia, ci possiamo aspettare che i risultati siano approssimativamente corretti se le riforme introdotte sono state minori. È a questo punto che la materia diventa complicata. Per esempio, come dobbiamo considerare le riforme del piano Hartz che in Germania, una quindicina di anni fa, introdussero importanti modifiche nella regolazione del mercato del lavoro e nel sistema di welfare? Come dobbiamo considerare le riforme strutturali del mercato del lavoro, del bilancio pubblico e del settore bancario che la Spagna ha intrapreso dopo la grande recessione? Se queste riforme sono state interventi radicali che hanno trasformato le potenzialità di crescita di queste economie allora è scorretto attribuire gli effetti sul pil all’euro. In mia opinione è difficile argomentare che riforme come queste hanno avuto un ruolo minore. In ogni caso sul tema lo studio è silente. Semplicemente si assume che l’impatto sia stato di secondo ordine rispetto all’introduzione dell’euro.
La seconda osservazione riguarda il meccanismo postulato per l’impatto negativo dell’introduzione dell’euro. Come già detto, lo studio non può rispondere a questa domanda. Però è ragionevole chiedersi se esiste una qualche spiegazione dell’impatto negativo dell’euro e quali implicazioni tale spiegazione abbia, per esempio sulla crescita delle differenti componenti del pil.
Gli autori affermano che “il problema della competitività divergente dei paesi dell’eurozona resta irrisolto. Sorge dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare le proprie monete per mantenere competitività internazionale, un metodo comunemente usato prima dell’introduzione dell’euro”. La tesi secondo cui è possibile sostenere la crescita di lungo periodo mediante una sequenza di svalutazioni competitive è tutt’altra che pacifica. Nel lungo periodo la competitività dipende principalmente dalla produttività dei fattori ed è dubbio che essa benefici di una politica di continue svalutazioni. Ma a parte questo, occorre osservare che se tale meccanismo fosse in funzione allora la parte meno dinamica del pil italiano dovrebbe essere il saldo delle partite correnti con l’estero. Non è così, e anzi è vero l’esatto contrario. Se c’è un aggregato per il quale l’Italia ha brillato negli ultimi anni (quelli in cui, secondo lo studio, la perdita rispetto al controllo sintetico è stata più forte) è proprio il commercio estero.
Veniamo infine all’opinione dei ricercatori. A commento dei numeri sulla Francia, un altro paese che risulta essere stato penalizzato dall’euro, Gasparotti e Kullas affermano: “sono necessarie riforme strutturali. Per ottenere benefici dall’euro, la Francia deve assolutamente restare sul sentiero di riforme che il Presidente Macron sta perseguendo”. Per l’Italia il commento è sostanzialmente lo stesso: “sono necessarie riforme strutturali. La Spagna mostra che le riforme strutturali possono rovesciare la tendenza negativa di una crescente perdita di prosperità”. Per qualche strana ragione, i sovranisti nostrani che continuano a ragliare su quanto sarebbe una buona idea uscire dall’euro non sembrano aver letto questa parte dello studio.
Se posso aggiungere una nota a margine, le recenti riforme italiane del mercato del lavoro e del welfare vanno in direzione esattamente opposta. Quando si vedranno gli effetti nefasti degli interventi vincolistici sul mercato del lavoro e del reddito di cittadinanza naturalmente si darà la colpa all’euro.
(il foglio)
Un report tedesco ha riacceso gli animi dei sovranisti nostrani. Che però non sembrano averne letto una parte. Appunti su osservazioni metodologiche e opinione dei ricercatori
di Sandro Brusco
È stato dato parecchio risalto nei giorni scorsi a uno studio di due ricercatori, Alessandro Gasparotti e Matthias Kullas, del Centre for European Policy di Friburgo, un think tank specializzato in analisi delle politiche europee. In breve, lo studio cerca di stimare l’effetto che l’euro ha avuto sui paesi partecipanti nei venti anni passati dalla sua introduzione. Ciò che ha attirato l’attenzione è il fatto che, secondo lo studio, l’Italia ha enormemente sofferto mentre la Germania ha tratto vantaggio dall’introduzione dell’euro. In questo articolo vorrei fare un paio di osservazioni metodologiche ed evidenziare qualcosa ignorato dagli organi di stampa che hanno riportato i risultati, ossia l’opinione dei ricercatori che hanno scritto lo studio su ciò che è opportuno fare in termini di politica economica.
Prima però una breve premessa su ciò che lo studio fa e non fa. L’obiettivo è capire cosa sarebbe successo a un paese, per esempio l’Italia, se non fosse entrato nell’euro. Per farlo bisognerebbe osservare una storia alternativa in cui l’Italia non entra nell’euro. Questo naturalmente è impossibile quindi, come quasi sempre succede nelle scienze sociali, occorre usare alternative meno soddisfacenti. Lo studio usa la metodologia del ‘controllo sintetico’. Si prende una media di paesi che prima dell’introduzione dell’euro si comportava come l’Italia. Poi si fa l’ipotesi che, senza l’entrata nell’euro, l’Italia avrebbe continuato a comportarsi come la media di tali paesi. Infine si compara quello che veramente è successo in Italia con quello che è successo alla media degli altri paesi. La differenza la si imputa all’entrata nell’euro.
Non voglio qua entrare nella discussione sull’adeguatezza del metodo del controllo sintetico per valutazione di andamenti macro di questo tipo. Consiglio a chi è interessato di leggere l’articolo, scaricabile gratuitamente, che il professor Alessandro Martinello ha pubblicato su Strade. Mi preme però sottolineare che il rapporto causale tra l’introduzione dell’euro e la cattiva performance italiana non è dimostrato, ma semplicemente assunto. Per esser più chiari: sapevamo già che la performance economica italiana negli ultimi venti anni è stata patetica e nettamente inferiore a qualunque gruppo di controllo si scelga come comparazione. Il problema è capire perché è stata patetica. Lo studio non ha nulla da dire al riguardo. Fa l’ipotesi che l’introduzione dell’euro sia la causa, ma non cerca di dimostrarlo.
Veniamo ora alle due osservazioni metodologiche. L’utilizzo della metodologia del controllo sintetico, e in particolare l’ipotesi che le differenze nell’evoluzione del reddito siano imputabili unicamente all’introduzione dell’euro, è adeguata solo quando non ci sono altri grossi eventi che possono avere un impatto. Questo è riconosciuto, molto onestamente, dagli autori dello studio. Chi vuole leggere l’originale in inglese può facilmente reperire l’articolo in rete. Per chi si accontenta della mia traduzione in italiano (qui e nelle citazioni successive), ecco quello che dicono Gasparotti e Kullas: “il metodo del controllo sintetico implicitamente assume che nessuna riforma è stata intrapresa per accrescere il PIL pro capite dopo l’introduzione dell’euro, sia nel paese dell’eurozona considerato sia nella media dei paesi usati come comparazione”. Ovviamente, siccome la purezza non è mai possibile negli studi empirici in economia, ci possiamo aspettare che i risultati siano approssimativamente corretti se le riforme introdotte sono state minori. È a questo punto che la materia diventa complicata. Per esempio, come dobbiamo considerare le riforme del piano Hartz che in Germania, una quindicina di anni fa, introdussero importanti modifiche nella regolazione del mercato del lavoro e nel sistema di welfare? Come dobbiamo considerare le riforme strutturali del mercato del lavoro, del bilancio pubblico e del settore bancario che la Spagna ha intrapreso dopo la grande recessione? Se queste riforme sono state interventi radicali che hanno trasformato le potenzialità di crescita di queste economie allora è scorretto attribuire gli effetti sul pil all’euro. In mia opinione è difficile argomentare che riforme come queste hanno avuto un ruolo minore. In ogni caso sul tema lo studio è silente. Semplicemente si assume che l’impatto sia stato di secondo ordine rispetto all’introduzione dell’euro.
La seconda osservazione riguarda il meccanismo postulato per l’impatto negativo dell’introduzione dell’euro. Come già detto, lo studio non può rispondere a questa domanda. Però è ragionevole chiedersi se esiste una qualche spiegazione dell’impatto negativo dell’euro e quali implicazioni tale spiegazione abbia, per esempio sulla crescita delle differenti componenti del pil.
Gli autori affermano che “il problema della competitività divergente dei paesi dell’eurozona resta irrisolto. Sorge dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare le proprie monete per mantenere competitività internazionale, un metodo comunemente usato prima dell’introduzione dell’euro”. La tesi secondo cui è possibile sostenere la crescita di lungo periodo mediante una sequenza di svalutazioni competitive è tutt’altra che pacifica. Nel lungo periodo la competitività dipende principalmente dalla produttività dei fattori ed è dubbio che essa benefici di una politica di continue svalutazioni. Ma a parte questo, occorre osservare che se tale meccanismo fosse in funzione allora la parte meno dinamica del pil italiano dovrebbe essere il saldo delle partite correnti con l’estero. Non è così, e anzi è vero l’esatto contrario. Se c’è un aggregato per il quale l’Italia ha brillato negli ultimi anni (quelli in cui, secondo lo studio, la perdita rispetto al controllo sintetico è stata più forte) è proprio il commercio estero.
Veniamo infine all’opinione dei ricercatori. A commento dei numeri sulla Francia, un altro paese che risulta essere stato penalizzato dall’euro, Gasparotti e Kullas affermano: “sono necessarie riforme strutturali. Per ottenere benefici dall’euro, la Francia deve assolutamente restare sul sentiero di riforme che il Presidente Macron sta perseguendo”. Per l’Italia il commento è sostanzialmente lo stesso: “sono necessarie riforme strutturali. La Spagna mostra che le riforme strutturali possono rovesciare la tendenza negativa di una crescente perdita di prosperità”. Per qualche strana ragione, i sovranisti nostrani che continuano a ragliare su quanto sarebbe una buona idea uscire dall’euro non sembrano aver letto questa parte dello studio.
Se posso aggiungere una nota a margine, le recenti riforme italiane del mercato del lavoro e del welfare vanno in direzione esattamente opposta. Quando si vedranno gli effetti nefasti degli interventi vincolistici sul mercato del lavoro e del reddito di cittadinanza naturalmente si darà la colpa all’euro.
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Re: Economia e finanza
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
Re: Economia e finanza
Alessandro sta avendo un orgasmoNickognito ha scritto:https://www.lastampa.it/2019/03/06/econ ... agina.html
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Re: Economia e finanza
Ogni giorno un dato nuovo, in controtendenza coi precedenti.
Oggi è il giorno dell'ottimismo: pil +0,2% ("non siamo più in recessione ") e migliorano i dati sulla disoccupazione. Fino a ieri si era con un piede nella fossa. E dopodomani idem.
Dipende da come li vogliamo leggere, sono parziali o che altro?
Oggi è il giorno dell'ottimismo: pil +0,2% ("non siamo più in recessione ") e migliorano i dati sulla disoccupazione. Fino a ieri si era con un piede nella fossa. E dopodomani idem.
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Re: Economia e finanza
Burano ha scritto:Ogni giorno un dato nuovo, in controtendenza coi precedenti.
Oggi è il giorno dell'ottimismo: pil +0,2% ("non siamo più in recessione ") e migliorano i dati sulla disoccupazione. Fino a ieri si era con un piede nella fossa. E dopodomani idem.
Dipende da come li vogliamo leggere, sono parziali o che altro?
Un trimestre non conta nulla, è la tendenza che ha valore. Se hai 3 trimestri consecutivi in crescita sicuramente il segnale è positivo.
Detto ciò, è anche recentemente cambiato il presidente dell'Istat.
Siamo tutti testimoni "Perchè ti chiamano Pilone?"
Re: Economia e finanza
Con livelli di crescita così contenuti è naturale l’alternarsi della tendenza, che in un regime di tassi azzerati diventerà sempre più una costante tra i paesi economicamente più maturi.Nasty ha scritto:Burano ha scritto:Ogni giorno un dato nuovo, in controtendenza coi precedenti.
Oggi è il giorno dell'ottimismo: pil +0,2% ("non siamo più in recessione ") e migliorano i dati sulla disoccupazione. Fino a ieri si era con un piede nella fossa. E dopodomani idem.
Dipende da come li vogliamo leggere, sono parziali o che altro?
Un trimestre non conta nulla, è la tendenza che ha valore. Se hai 3 trimestri consecutivi in crescita sicuramente il segnale è positivo.
Detto ciò, è anche recentemente cambiato il presidente dell'Istat.
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Re: Economia e finanza
Dicevano che un +0.2 porta la tendenza annua, se va bene, a un +0.1, fai conto che avevano previsto un +2 poi corretto nell’ultima finanziaria a +0.2
Nella prossima manovra dovranno trovare soldi (tasse o tagli) per non aumentare l’iva E coprire la differenza tra il pil previsto e quello effettivo.
Nella prossima manovra dovranno trovare soldi (tasse o tagli) per non aumentare l’iva E coprire la differenza tra il pil previsto e quello effettivo.
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Re: Economia e finanza
come non festeggiare uno zero virgola (peraltro privo di senso finché non esce il dato su quanto in domanda e quanto in scorte) quando servirebbe una crescita del 3% per scampare all'aumento iva o (/e) a nuove tasse e a tagli lineari come se non ci fosse un domani?
sí bè, i paesi "economicamente piú maturi" sono comunqie dieci anni che stanno continuando a crescere. Quello stagnante è il nostrolaplaz ha scritto:Con livelli di crescita così contenuti è naturale l’alternarsi della tendenza, che in un regime di tassi azzerati diventerà sempre più una costante tra i paesi economicamente più maturi.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
Re: Economia e finanza
Ma noi non cresciamo per il fardello del debito pubblico pregresso, mica perchè siamo più incapaci degli altri.Rosewall ha scritto:come non festeggiare uno zero virgola (peraltro privo di senso finché non esce il dato su quanto in domanda e quanto in scorte) quando servirebbe una crescita del 3% per scampare all'aumento iva o (/e) a nuove tasse e a tagli lineari come se non ci fosse un domani?
sí bè, i paesi "economicamente piú maturi" sono comunqie dieci anni che stanno continuando a crescere. Quello stagnante è il nostrolaplaz ha scritto:Con livelli di crescita così contenuti è naturale l’alternarsi della tendenza, che in un regime di tassi azzerati diventerà sempre più una costante tra i paesi economicamente più maturi.
Re: Economia e finanza
Non credo che sia quello il motivo per cui non cresciamo. Posso capire che il debito pubblico limita le spese dello stato, ma in che modo impedirebbe ad imprenditori di costruire grandi aziende e in generale all'economia di svilupparsi?laplaz ha scritto:Ma noi non cresciamo per il fardello del debito pubblico pregresso, mica perchè siamo più incapaci degli altri.Rosewall ha scritto:come non festeggiare uno zero virgola (peraltro privo di senso finché non esce il dato su quanto in domanda e quanto in scorte) quando servirebbe una crescita del 3% per scampare all'aumento iva o (/e) a nuove tasse e a tagli lineari come se non ci fosse un domani?
sí bè, i paesi "economicamente piú maturi" sono comunqie dieci anni che stanno continuando a crescere. Quello stagnante è il nostrolaplaz ha scritto:Con livelli di crescita così contenuti è naturale l’alternarsi della tendenza, che in un regime di tassi azzerati diventerà sempre più una costante tra i paesi economicamente più maturi.
O in altre parole, se domani con una bacchetta magica potessimo quasi azzerare il debito pubblico, poi come cambierebbe l'economia da dopodomani?
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Re: Economia e finanza
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Re: Economia e finanza
uglygeek ha scritto: O in altre parole, se domani con una bacchetta magica potessi avere vent'anni di meno, poi come cambierebbe la mia vita da dopodomani?
Re: Economia e finanza
No davvero, e' una cosa che non capisco bene, hai scritto "Ma noi non cresciamo per il fardello del debito pubblico pregresso, mica perchè siamo più incapaci degli altri." ma siamo sicuri che sia vero? C'e' una controprova? Si parte dall'idea che l'economia si sviluppa solo se lo stato ci mette i soldi? Puo' anche darsi che l'economia non cresca perche' siamo piu' incapaci degli altri.laplaz ha scritto:Ma sei serio?
Ultima modifica di uglygeek il ven mag 03, 2019 5:11 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Economia e finanza
Questa e' una bella domanda. Nel mio caso, temo che cambierebbe pochissimotuborovescio ha scritto:uglygeek ha scritto: O in altre parole, se domani con una bacchetta magica potessi avere vent'anni di meno, poi come cambierebbe la mia vita da dopodomani?
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Re: Economia e finanza
uglygeek ha scritto:Questa e' una bella domanda. Nel mio caso, temo che cambierebbe pochissimotuborovescio ha scritto:uglygeek ha scritto: O in altre parole, se domani con una bacchetta magica potessi avere vent'anni di meno, poi come cambierebbe la mia vita da dopodomani?
ma anche fra vent'anni?
Re: Economia e finanza
Guarda, per farla proprio semplice. Debito alto implica necessità di avanzo primario, che puoi generare solo aumentando l'imposizione fiscale e contributiva a livelli più elevati rispetto agli altri paesi, il che si riflette sulla competitività delle tue aziende, che crescono meno delle concorrenti perchè hanno meno risorse da investire e costi maggiori.uglygeek ha scritto:No davvero, e' una cosa che non capisco bene, hai scritto "Ma noi non cresciamo per il fardello del debito pubblico pregresso, mica perchè siamo più incapaci degli altri." ma siamo sicuri che sia vero? C'e' una controprova? Si parte dall'idea che l'economia si sviluppa solo se lo stato ci mette i soldi? Puo' anche darsi che l'economia non cresca perche' siamo piu' incapaci degli altri.laplaz ha scritto:Ma sei serio?
Re: Economia e finanza
Ma le tasse in Italia sono piu' alte che in Francia e in Germania?laplaz ha scritto:Guarda, per farla proprio semplice. Debito alto implica necessità di avanzo primario, che puoi generare solo aumentando l'imposizione fiscale e contributiva a livelli più elevati rispetto agli altri paesi, il che si riflette sulla competitività delle tue aziende, che crescono meno delle concorrenti perchè hanno meno risorse da investire e costi maggiori.uglygeek ha scritto:No davvero, e' una cosa che non capisco bene, hai scritto "Ma noi non cresciamo per il fardello del debito pubblico pregresso, mica perchè siamo più incapaci degli altri." ma siamo sicuri che sia vero? C'e' una controprova? Si parte dall'idea che l'economia si sviluppa solo se lo stato ci mette i soldi? Puo' anche darsi che l'economia non cresca perche' siamo piu' incapaci degli altri.laplaz ha scritto:Ma sei serio?
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Re: Economia e finanza
Le tasse intese come irpef credo siano più o meno uguali, ma di queste tasse pagate pagate dai cittadini in Italia una grande parte va a pagare interessi sul debito pubblico e pensioni, in Francia possono investire in minor costo del lavoro, sgravi su investimenti ma anche in cose che indirettamente favoriscono la produttività come gli asili nido che permettono alle donne di lavorare e ringiovanire la popolazione. Poi in altri investimenti come infrastrutture (autostrade, treni, porti fibra ottica, etc).
Un produttore italiano ha un complesso di tasse più alta, costo energia più alta, costo e velocità dei trasporti peggiori, quindi minore competitività.
Se poi il governo i pochi soldi che ha li da a chi non lavora o lavora in nero e per mandare in pensione la gente prima invece che metterli per diminuire il costo del lavoro.
Un produttore italiano ha un complesso di tasse più alta, costo energia più alta, costo e velocità dei trasporti peggiori, quindi minore competitività.
Se poi il governo i pochi soldi che ha li da a chi non lavora o lavora in nero e per mandare in pensione la gente prima invece che metterli per diminuire il costo del lavoro.
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Re: Economia e finanza
Fisco+contributi siamo nettamente i più alti da anni.uglygeek ha scritto:Ma le tasse in Italia sono piu' alte che in Francia e in Germania?laplaz ha scritto:Guarda, per farla proprio semplice. Debito alto implica necessità di avanzo primario, che puoi generare solo aumentando l'imposizione fiscale e contributiva a livelli più elevati rispetto agli altri paesi, il che si riflette sulla competitività delle tue aziende, che crescono meno delle concorrenti perchè hanno meno risorse da investire e costi maggiori.uglygeek ha scritto: No davvero, e' una cosa che non capisco bene, hai scritto "Ma noi non cresciamo per il fardello del debito pubblico pregresso, mica perchè siamo più incapaci degli altri." ma siamo sicuri che sia vero? C'e' una controprova? Si parte dall'idea che l'economia si sviluppa solo se lo stato ci mette i soldi? Puo' anche darsi che l'economia non cresca perche' siamo piu' incapaci degli altri.
Re: Economia e finanza
Sei sicuro? Io ho lavorato per due anni in Francia, le tasse mi sembravano alte come in Italia.laplaz ha scritto:Fisco+contributi siamo nettamente i più alti da anni.uglygeek ha scritto:Ma le tasse in Italia sono piu' alte che in Francia e in Germania?laplaz ha scritto:
Guarda, per farla proprio semplice. Debito alto implica necessità di avanzo primario, che puoi generare solo aumentando l'imposizione fiscale e contributiva a livelli più elevati rispetto agli altri paesi, il che si riflette sulla competitività delle tue aziende, che crescono meno delle concorrenti perchè hanno meno risorse da investire e costi maggiori.
Non e' che la differenza sia cosi' notevole comunque, semmai come dice alessandro cambia il modo in cui quei soldi vengono spesi.
Ma di per se' il fatto che ci siano meno asili e peggiori infrastrutture non va necessariamente ad incidere sulla competitivita' delle aziende.
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Re: Economia e finanza
Potessi tornare indietro nel tempo di vent'anni cambierei molte cose invecetuborovescio ha scritto:uglygeek ha scritto:Questa e' una bella domanda. Nel mio caso, temo che cambierebbe pochissimotuborovescio ha scritto:
ma anche fra vent'anni?
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Re: Economia e finanza
Si chiama total tax rate. È quello il dato di riferimento.uglygeek ha scritto:Sei sicuro? Io ho lavorato per due anni in Francia, le tasse mi sembravano alte come in Italia.laplaz ha scritto:Fisco+contributi siamo nettamente i più alti da anni.uglygeek ha scritto: Ma le tasse in Italia sono piu' alte che in Francia e in Germania?
Non e' che la differenza sia cosi' notevole comunque, semmai come dice alessandro cambia il modo in cui quei soldi vengono spesi.
Ma di per se' il fatto che ci siano meno asili e peggiori infrastrutture non va necessariamente ad incidere sulla competitivita' delle aziende.
Re: Economia e finanza
Sarebbe questa? https://www.indexmundi.com/facts/indica ... map/europelaplaz ha scritto:Si chiama total tax rate. È quello il dato di riferimento.uglygeek ha scritto:Sei sicuro? Io ho lavorato per due anni in Francia, le tasse mi sembravano alte come in Italia.laplaz ha scritto:
Fisco+contributi siamo nettamente i più alti da anni.
Non e' che la differenza sia cosi' notevole comunque, semmai come dice alessandro cambia il modo in cui quei soldi vengono spesi.
Ma di per se' il fatto che ci siano meno asili e peggiori infrastrutture non va necessariamente ad incidere sulla competitivita' delle aziende.
https://www.indexmundi.com/facts/indica ... S/rankings
Risulterebbe 62.2% per la Francia, 48.9% per la Germania e 48.0% per l'Italia...
“LA VITA È COSÌ: VIENI, FAI FAI E POI TE NE VAI” S.B.
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Re: Economia e finanza
Il peso delle tasse sulle famiglie italiane è tra i più alti d’Europa: se, poi, il confronto lo facciamo con la Francia, la situazione è a dir poco sconsolante. Per i redditi medio bassi (30.000 € annui) una famiglia italiana composta da una coppia con 2 figli paga dalle 2.530 alle 4.700 € circa di tasse in più all’anno delle famiglie francesi. Queste ultime, come tutti ben sanno, “godono” del cosiddetto “quoziente familiare”, uno sgravio fiscale che prevede l’applicazione di una imposta sulle persone fisiche che decresce all’aumentare del numero dei componenti.
Per rendere omogeneo il confronto, la CGIA di Mestre, che ha curato l’elaborazione, ha preso come riferimento una famiglia italiana e una francese, composte entrambe da marito e moglie e 2 figli a carico, con redditi da lavoro dipendente. Dalla CGIA ricordano che la comparazione riguarda solo la tassazione derivante dall’imposta personale, senza tener conto delle addizionali IRPEF.
I livelli di reddito presi in esame sono tre:
1) 30.000 euro di imponibile IRPEF;
2) 55.000 euro di imponibile IRPEF;
3) 150.000 euro di imponibile IRPEF.
Solo per la famiglia italiana, visto che ai fini fiscali in Francia non cambia nulla, si sono fatte due ipotesi:
a) reddito percepito solo dal capo famiglia;
b) reddito percepito da entrambi i coniugi.
Vediamo i risultati riferiti al primo caso.
Con un reddito (imponibile Irpef) di 30.000 €, in Francia il carico fiscale annuo (indipendentemente se la famiglia è mono o bireddito) è di 313 €. In Italia, invece, se il nucleo è mono reddito il peso fiscale raggiunge i 5.010 € (+ 4.698 € rispetto alla francese). Se bireddito, il peso delle tasse raggiunge i 2.842 € (differenza pari a + 2.530 € ).
Con un reddito di 55.000 €, invece, la nostra famiglia francese è sottoposta ad una tassazione di quasi 3.000 € (precisamente 2.913 €). In Italia il nucleo mono reddito paga 15.989 € (+ 13.076 € dei quella francese), quello bireddito versa all’Erario 10.530 (+ 7.618 € della francese).
Infine, con un reddito di 150.000 € i cugini transalpini pagano un’imposta di 24.948 €: sulla famiglia italiana mono reddito grava, invece, un peso di 57.670 € (differenza pari a + 32.722 €) e su quella bireddito 50.331 € (differenza pari a + 25.383 €).
“Nonostante gli sgravi fiscali dati in questi ultimi decenni dai vari Governi che si sono succeduti – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – il peso delle imposte sulle famiglie italiane è ancora troppo elevato. Soprattutto per quelle mono reddito, che costituiscono quasi la metà dei nuclei familiari italiani. Una tipologia, quest’ultima, concentrata prevalentemente al Sud e tra le più colpite dalla crisi economica di questi ultimi anni.”
Ma secondo gli artigiani mestrini c’è un ulteriore aspetto da mettere in evidenza.
“In questa analisi – conclude Bortolussi – noi calcoliamo il peso fiscale. Ma rispetto ai principali paesi europei, le famiglie italiane sono oggetto di ulteriori costi, dovuti all’inefficienza del nostro sistema pubblico, che gli altri non subiscono. Mi riferisco ai lunghissimi tempi di attesa per effettuare le visite specialistiche presso i nostri ospedali che costringono molte persone a rivolgersi alle strutture private. Oppure, all’inadeguatezza del nostro sistema di trasporto pubblico che spesso obbliga molti italiani, ad esempio per recarsi al lavoro, ad usare l’automobile privata”.
Per rendere omogeneo il confronto, la CGIA di Mestre, che ha curato l’elaborazione, ha preso come riferimento una famiglia italiana e una francese, composte entrambe da marito e moglie e 2 figli a carico, con redditi da lavoro dipendente. Dalla CGIA ricordano che la comparazione riguarda solo la tassazione derivante dall’imposta personale, senza tener conto delle addizionali IRPEF.
I livelli di reddito presi in esame sono tre:
1) 30.000 euro di imponibile IRPEF;
2) 55.000 euro di imponibile IRPEF;
3) 150.000 euro di imponibile IRPEF.
Solo per la famiglia italiana, visto che ai fini fiscali in Francia non cambia nulla, si sono fatte due ipotesi:
a) reddito percepito solo dal capo famiglia;
b) reddito percepito da entrambi i coniugi.
Vediamo i risultati riferiti al primo caso.
Con un reddito (imponibile Irpef) di 30.000 €, in Francia il carico fiscale annuo (indipendentemente se la famiglia è mono o bireddito) è di 313 €. In Italia, invece, se il nucleo è mono reddito il peso fiscale raggiunge i 5.010 € (+ 4.698 € rispetto alla francese). Se bireddito, il peso delle tasse raggiunge i 2.842 € (differenza pari a + 2.530 € ).
Con un reddito di 55.000 €, invece, la nostra famiglia francese è sottoposta ad una tassazione di quasi 3.000 € (precisamente 2.913 €). In Italia il nucleo mono reddito paga 15.989 € (+ 13.076 € dei quella francese), quello bireddito versa all’Erario 10.530 (+ 7.618 € della francese).
Infine, con un reddito di 150.000 € i cugini transalpini pagano un’imposta di 24.948 €: sulla famiglia italiana mono reddito grava, invece, un peso di 57.670 € (differenza pari a + 32.722 €) e su quella bireddito 50.331 € (differenza pari a + 25.383 €).
“Nonostante gli sgravi fiscali dati in questi ultimi decenni dai vari Governi che si sono succeduti – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – il peso delle imposte sulle famiglie italiane è ancora troppo elevato. Soprattutto per quelle mono reddito, che costituiscono quasi la metà dei nuclei familiari italiani. Una tipologia, quest’ultima, concentrata prevalentemente al Sud e tra le più colpite dalla crisi economica di questi ultimi anni.”
Ma secondo gli artigiani mestrini c’è un ulteriore aspetto da mettere in evidenza.
“In questa analisi – conclude Bortolussi – noi calcoliamo il peso fiscale. Ma rispetto ai principali paesi europei, le famiglie italiane sono oggetto di ulteriori costi, dovuti all’inefficienza del nostro sistema pubblico, che gli altri non subiscono. Mi riferisco ai lunghissimi tempi di attesa per effettuare le visite specialistiche presso i nostri ospedali che costringono molte persone a rivolgersi alle strutture private. Oppure, all’inadeguatezza del nostro sistema di trasporto pubblico che spesso obbliga molti italiani, ad esempio per recarsi al lavoro, ad usare l’automobile privata”.
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Re: Economia e finanza
Premesso che non tutti hanno moglie (o marito) e figli, ci sono anche molti che non si sono mai sposati e non hanno figli.alessandro ha scritto:Il peso delle tasse sulle famiglie italiane è tra i più alti d’Europa...
Immagino inoltre che la "Total Tax Rate" sia calcolata come una media su tutti i cittadini, sposati e no.
Ma comunque noi stavamo parlando di "Ma noi non cresciamo per il fardello del debito pubblico pregresso, mica perchè siamo più incapaci degli altri.", e quindi del peso delle tasse sulle aziende, ma dal punto di vista delle aziende cosa c'entra se chi ha una famiglia ha piu' o meno vantaggi fiscali? Al limite questo puo' avere importanti effetti sulla natalita', ma quello e' un altro discorso.
Io non dico che in Italia le tasse non siano troppo alte. Dico solo che sono alte anche in altri paesi la cui economia pero' cresce piu' di quella italiana.
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Re: Economia e finanza
Io faccio riferimento al report della Banca Mondiale. Fino al 2016 siamo sempre stati i primi (pag 122) https://www.pwc.com/gx/en/paying-taxes- ... s-2016.pdfuglygeek ha scritto:Sarebbe questa? https://www.indexmundi.com/facts/indica ... map/europe
https://www.indexmundi.com/facts/indica ... S/rankings
Risulterebbe 62.2% per la Francia, 48.9% per la Germania e 48.0% per l'Italia...
Poi dal 2017 ci ha superato di poco la Francia (pag 115) http://www.doingbusiness.org/content/da ... -Taxes.pdf
Rispetto alla media UE siamo circa 20 punti percentuali in più.
Poi bisognerebbe verificare nel dettaglio come costruiscono gli indici (per esempio le accise, che da noi sono altissime, le considerano?)
Per quanto riguarda poi la competitività bisogna anche considerare i costi maggiori a cui le nostre aziende sono sottoposte, in particolare energia e trasporti/logistica.
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Re: Economia e finanza
Basterebbe far pagare le tasse a chi evade.
Non è così difficile, se si vuole. A partire dagli esercizi commerciali che non fanno scontrino neanche a sparargli. E via via con le ditte e società con bilanci perennemente negativi, con degli Unico che farebbero spavento al barbone che dorme nei cartoni.
Non è così difficile, se si vuole. A partire dagli esercizi commerciali che non fanno scontrino neanche a sparargli. E via via con le ditte e società con bilanci perennemente negativi, con degli Unico che farebbero spavento al barbone che dorme nei cartoni.
Lo voglio rivedere, Fabio
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Re: Economia e finanza
Poi, non è che l’italia Sia terzo mondo, siamo l’ottava potenza economica del mondo e siamo i secondi produttori in Europa dopo la Germania.
Le infrastrutture, i trasporti e il costo di materia prima ed energia contano così come il cuneo fiscale che rende i lavoratori molto costosi eppure gli stipendi bassi e quindi i lavoratori più pregiati vanno a lavorare all’estero.
E questi sono aspetti su cui i soldi drenati da tasse che poi vengono investite per pagare interessi sul debito pubblico e non in infrastrutture, diminuzione del cuneo fiscale e accise pesa.
Anche il carico di tasse sulla famiglia è poco incoraggiante per chi debba decidere dove vivere.
Ma anche i servizi che lo stato restituisce in cambio delle tasse ha un suo peso.
Oltre al debito pubblico i problemi storici che frenano la produttività sono la grandezza delle nostre aziende (di solito piccole) e i tempi della burocrazia.
Poi, in molti periodi come l’attuale, la debolezza del mercato interno.
Le infrastrutture, i trasporti e il costo di materia prima ed energia contano così come il cuneo fiscale che rende i lavoratori molto costosi eppure gli stipendi bassi e quindi i lavoratori più pregiati vanno a lavorare all’estero.
E questi sono aspetti su cui i soldi drenati da tasse che poi vengono investite per pagare interessi sul debito pubblico e non in infrastrutture, diminuzione del cuneo fiscale e accise pesa.
Anche il carico di tasse sulla famiglia è poco incoraggiante per chi debba decidere dove vivere.
Ma anche i servizi che lo stato restituisce in cambio delle tasse ha un suo peso.
Oltre al debito pubblico i problemi storici che frenano la produttività sono la grandezza delle nostre aziende (di solito piccole) e i tempi della burocrazia.
Poi, in molti periodi come l’attuale, la debolezza del mercato interno.
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Re: Economia e finanza
FCA chiude (giustamente) la porta in faccia a Renault dopo che il governo francese è intervenuto in maniera molto stupida e con richieste insensate.
Leggo che qualcuno si lamenta del mancato intervento del nostro governo ma io penso che in questi casi piuttosto che farla fuori dal vaso come hanno fatto i francesi sia molto meglio starsene zitti.
Renault che è in ballo con un socio (Nissan) ormai ai ferri corti, è un progetto industriale di sviluppo di sinergie naufragato negli anni, ed arrivato allo scontro diretto su modelli di punta del tutto analoghi.
Leggo che qualcuno si lamenta del mancato intervento del nostro governo ma io penso che in questi casi piuttosto che farla fuori dal vaso come hanno fatto i francesi sia molto meglio starsene zitti.
Renault che è in ballo con un socio (Nissan) ormai ai ferri corti, è un progetto industriale di sviluppo di sinergie naufragato negli anni, ed arrivato allo scontro diretto su modelli di punta del tutto analoghi.
Re: Economia e finanza
Le fusioni servono normalmente a fare massa critica, ad assicurarsi nuovi mercati, a mettere insieme le competenze per conseguire l'innovazione di prodotto con più facilità, più altri motivi minori.laplaz ha scritto:FCA chiude (giustamente) la porta in faccia a Renault dopo che il governo francese è intervenuto in maniera molto stupida e con richieste insensate.
Leggo che qualcuno si lamenta del mancato intervento del nostro governo ma io penso che in questi casi piuttosto che farla fuori dal vaso come hanno fatto i francesi sia molto meglio starsene zitti.
Renault che è in ballo con un socio (Nissan) ormai ai ferri corti, è un progetto industriale di sviluppo di sinergie naufragato negli anni, ed arrivato allo scontro diretto su modelli di punta del tutto analoghi.
Direi che questa Fca-Renault non avrebbe fatto eccezione.
Renault ha fatto sapere che il cda «non è stato in grado di prendere una decisione a causa della richiesta manifestata dai rappresentanti dello Stato di posticipare il voto a un altro consiglio». Ciò pare essere stato dovuto a mancanza di certezze - nel quadro delle trattative per gli assetti dopo la fusione - circa la presenza di una sede operativa oltralpe, la rappresentanza dello Stato francese nel cda, le garanzie per i siti industriali e l'occupazione.
Vi è poi un lato politico: l'Eliseo non può permettersi ora una saldatura tra CGT-CFDT (che sarebbero scesi in piazza in caso di fusione)
e gilet gialli (in cui è presente una componente LR-LFI stimabile in quasi la metà di tale movimento) essendo essi necessari a contenere l'avanzata di RN.
« Ci vorrebbe un lavoro a parte per star dietro a tutte le balle che si scrivono »
(Albornoz)
el saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!
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Re: Economia e finanza
"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
(paoolino parafrasando Sciascia)
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Re: Economia e finanza
ma dio madonnina
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
Re: Economia e finanza
Che è? Non ho voglia di vedere il filmato di 1 ora, fatemi il sunto
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Re: Economia e finanza
Boldrin che fa domande di economia a chi teorizza il concetto di moneta positiva.
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Re: Economia e finanza
Dopo quanti minuti Boldrin perde la pazienza ? Non posso credere che non lo facciapaoolino ha scritto:Boldrin che fa domande di economia a chi teorizza il concetto di moneta positiva.
Porta l’amante a casa e trova la moglie a letto con due uomini. Tecnicamente è un full.