La morte accidentale del detenuto Cucchi

Dibattito sulla vita sociale, sui problemi politici e sui microchip nei vaccini
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Ombra84
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Ombra84 »

Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così
se ci aggiungi zerbini, più o meno è l effetto che fa Berlusconi ai politici nelle sue liste :-?
djagermaister ha scritto:Dzumhur è il troll che controlla il ponte tra i challenger e gli Atp.
.
dsdifr ha scritto:Nel primo set della messa lei dichiarerà di voler sposare Istomin, poi piano piano Andreas riguadagnerà' terreno fino al lieto fine.
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Rosewall
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Rosewall »

vabbé, ti ricordo che stai quotando giovanardi*

*vedi che spinoza.it è avanti? L'altro giorno scrivevano: per fortuna ci sono le forze dell'ordine a ricordarci che la droga uccide. E oggi il comico modenese ruba la battuta.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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dsdifr
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da dsdifr »

provo estrema indignazione a leggere ciò che ha detto Giovanardi.
Che il pm lavori serenamente, sì. Ma speriamo che lavori davvero però.
Sul quadro generale della situazione, penso abbiano detto tutto Johnny e Nick.
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Pitone
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Pitone »

klaus ha scritto:
danser ha scritto:
Giovanardi ha scritto: ..."La droga - ha continuato Giovanardi - ha devastato la sua vita, era anoressico, tossicodipendente, poi il fatto che in cinque giorni sia peggiorato... certo bisogna vedere come i medici l'hanno curato. Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così ".
Apprendo adesso che l'uso di droghe provoca le fratture di vertebre e mandibola, oltre che escoriazioni varie in viso. :-?
ma non fraintendere.
Voleva dire che se si teneva un pò meglio , magari non moriva per essere stato barbaramente pestato e poi lascito in fondo a un letto di ospedale.
A proposito il crocefisso c'era in corsia?
Io sono 1 e 83 per 88 kg, sarei sicuramente sopravvissuto ai colpi, bello il messaggio di Giovanardi: la normalità sono le botte, se sei debole, non le reggi e muori, sono càzzi tuoi... la prossima vita fai palestra o nasci grosso.

Ma baffanculo, ragionamenti "tarpeiani" atti a distrarre dalla vera anomalia, forze dell'ordine che dentro una divisa e difesi SEMPRE dal sistema si sentono in diritto di essere giustizieri.

Ripeto una mia considerazione precedente, questo esempio è saltato fuori perchè estremo nonchè supportato da quella che mi sembra una famiglia forte (purtroppo non così da togliere il figlio dalla strada errata ma questo è un'altro discorso) di anomalie simili che non finiscono in tragedia sono certo ce ne siano parecchie e solo perchè "a lieto fine" non devono non essere perseguite.

Altra considerazione a margine riguardo il discorso sul retribuire meglio letto precedentemente, sono totalmente d'accordo ma solo per un fatto di vita dignitosa, mi spaventa il fatto che una paga scarsa possa creare fenomeni di violenza,
Fuck off means naw, naw means mibbie, mibbie means aye n aye means anal...
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da CAPELLINO »

Johnny Rex ha scritto:Sai,penso ancora che tra effettuare una notifica ed inseguire uno spacciatore sia più facile e meno pericolosa la prima mansione.
Poi beh, ognuno la veda come vuole,tra l'esercito dei fascisti e gli integerrimi custodi dell'ordine esistono gradi intermedi, ma le facili Parificazioni/Identificazioni di principio sono all'ordine del giorno.

F.F.
Sicuramente si, io rispondevo ad un tuo post sull' adeguatezza o meno dello stipendio delle forze dell' ordine, secondo me esso è assolutamente adeguato e non è certamente tra le cause di queste tristi vicende.

Su Giovanardi, mi chiedo invece perche', perchè un politico, un uomo pubblico senta il bisogno di infierire in questo modo su un ragazzo appena scomparso e sul dolore della sua famiglia, perchè pronunciare parole che non hanno alcun senso ne' in medicina ne' in giurisprudenza. Forse perchè ci crede davvero, crede forse Giovanardi che l' uso abituale di Marjuana ( perchè mi pare che di questo fosse in possesso Cucchi) porti all' anoressia, crede davvero Giovanardi che Cucchi sia morto di fame? Oppure non ci crede e vuole ingraziarsi qualche alto funzionario delle forze dell' ordine, vuole magari rabattare un po' di voti nel SAP, vuole sfruttare la situazione per farsi un po' di pubblicita' rivendicando una politica oltransista contre le droghe?
Non so, non capisco e, forse, è meglio cosi'....
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da CAPELLINO »

Pitone ha scritto: Ripeto una mia considerazione precedente, questo esempio è saltato fuori perchè estremo nonchè supportato da quella che mi sembra una famiglia forte (purtroppo non così da togliere il figlio dalla strada errata ma questo è un'altro discorso) di anomalie simili che non finiscono in tragedia sono certo ce ne siano parecchie e solo perchè "a lieto fine" non devono non essere perseguite.
No, ma non preoccuparti, queste cose vengono perseguite dalla legge, magari con una bella accusa di violenza a pubblico ufficiale che fara' certamente giustizia della scazzottata al commisssariato.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Johnny Rex »

Per me,un mestiere pericoloso e comunque di utilità alla collettività(Forze dell'ordine, Vigili del fuoco, lavori che comportino le famose Esposizioni Professionali e via esemplificando) necessiterebbe di una retribuzione migliore rispetto ad altri.
La realtà la pensa diversamente, e ritiene protocollare un documento o sfilare su una passerella lavori aventi pari o superiore dignità, non si capisce il come, non si capisce il perchè (vabbeh, anche vedere la Bundchen può fare bene alla collettività,ma ci siamo capiti :) ).
Mi pare anche che la questione stipendi sia importante e sentita, prova ne è che vi son stati diversi scioperi,uno proprio a Roma tra l'altro,casualmente, nella settimana del torneo WTA.
Pare che al governo anzichè interessarsi di questo aspetto si voglia garantire l'impunità delle forze dell'ordine qualunque cosa facciano.
Logica compensativa, appunto.

F.F.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Nickognito »

si risparmiano soldi , non vite, quindi tutto nella consuetudine
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da klaus »

Johnny Rex ha scritto:Per me,un mestiere pericoloso e comunque di utilità alla collettività(Forze dell'ordine, Vigili del fuoco, lavori che comportino le famose Esposizioni Professionali e via esemplificando) necessiterebbe di una retribuzione migliore rispetto ad altri.
La realtà la pensa diversamente, e ritiene protocollare un documento o sfilare su una passerella lavori aventi pari o superiore dignità, non si capisce il come, non si capisce il perchè (vabbeh, anche vedere la Bundchen può fare bene alla collettività,ma ci siamo capiti :) ).
Mi pare anche che la questione stipendi sia importante e sentita, prova ne è che vi son stati diversi scioperi,uno proprio a Roma tra l'altro,casualmente, nella settimana del torneo WTA.
Pare che al governo anzichè interessarsi di questo aspetto si voglia garantire l'impunità delle forze dell'ordine qualunque cosa facciano.
Logica compensativa, appunto.

F.F.
ahimè tutto vero
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da rob »

Off topic, ma qui si possono trovare dati anche sugli stipendi degli appartenenti alle forze dell'ordine:

http://www.militariforum.it/forum/index.php
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Okefenokee
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Okefenokee »

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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Rosewall »

Okefenokee ha scritto:Il cattolico feroce
di FRANCESCO MERLO

Suscita rabbia e pena, una pena grande, il sottosegretario Carlo Giovanardi, cattolico imbruttito dal rancore, che ieri mattina ha pronunziato alla radio parole feroci contro Stefano Cucchi. Secondo Giovanardi, Stefano se l'è cercata quella fine perché "era uno spacciatore abituale", "un anoressico che era stato pure in una comunità", "ed era persino sieropositivo". Giovanardi dice che i tossicodipendenti sono tutti uguali: "diventano larve", "diventano zombie". E conclude: "È la droga che l'ha ridotto così".

Giovanardi, al quale è stata affidata dal governo "la lotta alle tossicodipendenze" e la "tutela della famiglia", ovviamente sa bene che tanti italiani - ormai i primi in Europa secondo le statistiche - fanno uso di droga. E sa che tra loro ci sono molti imprenditori, molti politici, e anche alcuni illustri compagni di partito di Giovanardi. E, ancora, sa che molte persone "per bene", danarose e ben difese dagli avvocati e dai giornali, hanno cercato e cercano nei cocktail di droghe di vario genere, non solo cocaina ed eroina ma anche oppio, anfetamine, crack, ecstasy..., una risposta alla propria pazzia personale, al proprio smarrimento individuale. E alcuni, benché trovati in antri sordidi, sono stati protetti dal pudore collettivo, e la loro sofferenza è stata trattata con tutti quei riguardi che sono stati negati a Stefano Cucchi. Come se per loro la droga fosse la parte nascosta della gioia, la faccia triste della fortuna mentre per Stefano Cucchi era il delitto, era il crimine. A quelli malinconia e solidarietà, a Stefano botte e disprezzo.

Ci sono, tra i drogati d'Italia, "i viziati e i capricciosi", e ci sono ovviamente i disadattati come era Stefano, "ragazzi che non ce la fanno" e che per questo meritano più aiuto degli altri, più assistenza, più amore dicono i cattolici che non "spacciano", come fa abitualmente Giovanardi, demagogia politica. E non ammiccano e non occhieggiano come lui alla violenza contro "gli scarti della società", alla voglia matta di sterminare i poveracci; non scambiano l'umanità dolente, della quale siamo tutti impastati e che fa male solo a se stessa, con l'arroganza dei banditi e dei malfattori, dei mafiosi e dei teppisti veri che insanguinano l'Italia. Ecco: con le sue orribili parole di ieri mattina Giovanardi si fa complice, politico e morale, di chi ha negato a Stefano un avvocato, un medico misericordioso, un poliziotto vero e che adesso vorrebbe pure evitare il processo a chi lo ha massacrato, a chi ha violato il suo diritto alla vita.

Anche Cucchi avrebbe meritato di incontrare, il giorno del suo arresto, un vero poliziotto piuttosto che la sua caricatura, uno dei tanti poliziotti italiani che provano compassione per i ragazzi dotati di una luce particolare, per questi adolescenti del disastro, uno dei tantissimi nostri poliziotti che si lasciano guidare dalla comprensione intuitiva, e certo lo avrebbe arrestato, perché così voleva la legge, ma molto civilmente avrebbe subito pensato a come risarcirlo, a come garantirgli una difesa legale e un conforto civile, a come evitargli di finire nella trappola di disumanità dalla quale non è più uscito. Perché la verità, caro Giovanardi, è che gli zombie e le larve non sono i drogati, ma i poliziotti che non l'hanno protetto, i medici che non l'hanno curato, e ora i politici come lei che sputano sulla sua memoria. I veri poliziotti sono pagati sì per arrestare anche quelli come Stefano, ma hanno imparato che ci vuole pazienza e comprensione nell'esercizio di un mestiere duro e al tempo stesso delicato. È da zombie non vedere nei poveracci come Cucchi la terribile versione moderna dei "ladri di biciclette". Davvero essere di destra significa non capire l'infinito di umiliazione che schiaccia un giovane drogato arrestato e maltrattato? Lei, onorevole (si fa per dire) Giovanardi, non usa categorie politiche, ma "sniffa" astio. Come lei erano gli "sciacalli" che in passato venivano passati alla forca per essersi avventati sulle rovine dei terremoti, dei cataclismi sociali o naturali.

Giovanardi infatti, che è un governante impotente dinanzi al flagello della droga ed è frustrato perché non governa la crescita esponenziale di questa emergenza sociale, adesso si rifà con la memoria di Cucchi e si "strafà" di ideologia politica, fa il duro a spese della vittima, commette vilipendio di cadavere.
Certo: bisogna arrestare, controllare, ritirare patenti, impedire per prevenire e prevenire per impedire. Alla demagogia di Giovanardi noi non contrapponiamo la demagogia sociologica che nega i delitti, quando ci sono. Ma cosa c'entrano le botte e la violazione dei diritti? E davvero le oltranze giovanili si reprimono negando all'arrestato un avvocato e le cure mediche? E forse per essere rigorosi bisogna profanare i morti e dare alimento all'intolleranza dei giovani, svegliare la loro parte più selvaggia?

Ma questo non è lo stesso Giovanardi che straparlava dell'aborto e del peccato di omosessualità? Non è quello che difendeva la vita dell'embrione? È proprio diverso il Dio di Giovanardi dal Cristo addolorato di cui si professa devoto. Con la mano sul mento, il gomito sul ginocchio e due occhi rassegnati, il Cristo degli italiani è ben più turbato dai Giovanardi che dai Cucchi.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Nickognito »

ma come si fa a essere cosi` pacifisti da non impedire usando la violenza che Giovanardi ci rappresenti ?

Sono sempre meno democratico, ma chi se ne frega che venga eletto uno cosi`, impediamogli di farci del male.

mah
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Nickognito »

mah, spero di essere anch`io abbastanza pacifista, o di continuare a non avere opportunita` pratiche di intervenire
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da klaus »

un lettore ha scritto:ma avete mai conosciuto un delinquente?conoscete l'attendibilità di un carcerato?subito a sparare sentenze sulla minima notizia!!!ma ke skifo ke è diventata l'Italia,piena di benpensanti!!!quanti giudici!!!io un colpevole già l'ho trovato!!!la famiglia di questo r...
soto all'articolo su un testimone (magari poco referenziato) di un fatto poco meno che certo, ecco il commento che ben rappresenta la situazione.

O nessuno deve per carità credere a scatola chiusa anzi: ma qui i riscontri ci sono e non so quanto accesso un clandestino carcerato in attesa di giudizio abbai a ai giornali e alla tv, o ad eventuali imbeccatori.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da klaus »

ANSA - ARRIVANO I PRIMI INDAGATI - Arrivano i primi indagati per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta nell'ospedale Sandro Pertini, a Roma, sei giorni dopo l'arresto per possesso di droga. Gli indagati, accusati di omicidio preterintenzionale, dovrebbero essere carabinieri, agenti di polizia penitenziaria e detenuti. In tutto circa sei persone, che si sarebbero trovate in contatto con Stefano Cucchi nelle camere di sicurezza del Tribunale di Roma. In quel lasso di tempo e spazio dove sarebbe stato isolato l'attimo dell'aggressione: dopo l'udienza che aveva deciso di lasciare in carcere Stefano e prima del suo trasferimento in cella. Tra gli indagati per ora non comparirebbero medici.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da tennisfan82 »

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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da tennisfan82 »

Carceri - Al «Pertini» nessuno chiamò il rianimatore
Cucchi, dieci indagati: medici nel mirino
Altri detenuti raccontano: è stato picchiato in tribunale


Stefano Cucchi
ROMA — Nel momento cruciale, quando il cuore di Stefano Cucchi si è fermato, la mattina del 22 ottobre, al Pertini non hanno chiamato il rianimatore. Una brutta pagina per il reparto di medicina penitenziaria dell'ospedale romano, stando a quanto emerso ieri dalle audizioni della commissione parlamentare d’inchiesta sul SSN, presieduta da Ignazio Marino. Un’incuria che fa dire alla senatrice Donatella Poretti, membro della commissione: «Cucchi è morto anche di malasanità».

L'ipotesi che più cause abbiano contribuito alla fine del ragazzo è condivisa dalla procura, che oggi notificherà una decina di avvisi di garanzia per consentire agli indagati di partecipare alla riesumazione del corpo. I provvedimenti sarebbero destinati amedici del Pertini, agenti della polizia penitenziaria e, sembra, anche carabinieri. I primi sono accusati di omicidio colposo, agenti e militari di omicidio preterintenzionale. La ricostruzione del presunto pestaggio, tuttavia, è ancora confusa. Diversi detenuti avrebbero riferito ai pm Vincenzo Barba e Francesca Loy che il giovane di 31 anni fu pestato nelle celle di sicurezza del tribunale. Per i due immigrati più precisi nel racconto (anche se con dettagli diversi) i magistrati vogliono chiedere l’incidente probatorio, in modo che le loro testimonianze siano messe agli atti. Il Dap intanto ha disposto la loro protezione e oggi il senatore dell’Idv Stefano Pedica li incontrerà a Regina Coeli. Altri arrestati avrebbero invece spostato indietro le lancette. A loro, il 16 ottobre, Cucchi avrebbe confidato: «Guarda come mi hanno conciato ieri sera». Parole che alludono, forse, all’arresto eseguito dai carabinieri. La terza verità, poi, è quella riferita ai medici del Pertini: «Sono caduto dalle scale». Ma con lui c’erano sempre agenti della penitenziaria. Sono molti, dunque, i punti ancora oscuri. Per chiarirli la procura potrebbe acquisire le riprese della telecamera posta all’ingresso delle celle di sicurezza: il filmato (se non è stato cancellato) svelerà se Cucchi, passando in quel punto, prima e dopo l’udienza, mostrava già dei segni sul corpo. I primi riscontri medico-legali peraltro dimostrerebbero che le lesioni dovute alla presunta aggressione non sono state letali: se questo risultato venisse confermato, il reato contestato verrebbe derubricato da omicidio preterintenzionale in lesioni.

Ieri la commissione d’inchiesta del senatore Marino ha interrogato sei medici del reparto detenuti del Pertini (il primario Aldo Fierro, Rosita Caponetti, Stefania Corbi, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno e Luigi De Marchis Preite). Secretati gli atti. Nell’audizione, durata cinque ore, sarebbero emerse contraddizioni fra le cartelle cliniche e la versione fornita dai sanitari. C’è il dubbio che i controlli sul giovane siano stati superficiali: la prossima settimana i parlamentari potrebbero fare un sopralluogo al Pertini. «È certo — sottolinea la senatrice Poretti— che nei vari ospedali nessuno si è fatto carico di Cucchi per davvero. Bisognava curarlo, nessuno può morire di fame in tre giorni. Nei meccanismi di assistenza non ha funzionato quasi niente».

Fabrizio Caccia, Lavinia Di Gianvito


http://www.corriere.it/cronache/09_nove ... aabc.shtml
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da seren »

Caso Cucchi
sono tutti colpevoli

di ADRIANO SOFRI

SI CHIAMANO celle di sicurezza. Ci si sta al sicuro. Si può star sicuri che Stefano Cucchi fu picchiato, e che in capo a cinque giorni morì. Sul resto non c'è alcuna sicurezza. Sul resto, ordinario e allucinante com'è, niente si può escludere. Nemmeno che Stefano Cucchi sia stato picchiato due, tre volte. Nemmeno che si siano dati il turno, a picchiarlo, carabinieri e agenti penitenziari, che a turno da giorni se ne accusano.

Al punto cui sono arrivate le indagini, il pestaggio sarebbe avvenuto la mattina del 16 ottobre, nel sotterraneo del tribunale romano, e gli autori, indagati per omicidio preterintenzionale, sarebbero tre agenti della polizia penitenziaria, tre uomini fra i quaranta e i cinquant'anni. Gli inquirenti hanno creduto di aggiungere che "i carabinieri sono estranei". (Alla vigilia il capo della Procura non aveva detto che il detenuto era restato quella mattina nelle mani della polizia giudiziaria che l'aveva arrestato, cioé i carabinieri?) E, indagando per omicidio colposo tre medici del reparto penitenziario dell'ospedale Pertini - il primario e due dottoresse - gli stessi inquirenti hanno definito l'avviso "un eccesso di garanzia".

Nel balletto di versioni dei giorni scorsi, i magistrati hanno deciso di fondarsi sulla testimonianza del detenuto "africano, clandestino", che avrebbe visto coi propri occhi e poi raccolto le parole di Cucchi: "Guarda come mi hanno ridotto". Altri argomenti, per il momento, restano inspiegati.

Resta inspiegato il primo referto medico, redatto a piazzale Clodio in quello stesso 16 ottobre, secondo cui Cucchi "riferisce di una caduta dalle scale alle 23 della sera precedente": sera in cui era chiuso in una caserma di carabinieri. I quattro agenti penitenziari - colleghi, certo, dei tre indiziati - che lo accompagnano quel pomeriggio a Regina Coeli completano a loro volta la frase detta al detenuto testimone: "Guarda come mi hanno ridotto ieri sera". Ieri sera vuol dire i carabinieri. Questa mattina vuol dire forse i carabinieri, forse gli agenti penitenziari, che si accusano a vicenda.

È difficile decidere se questo grottesco rinfacciarsi versioni e colpe renda più spregevole la trama che ha schiacciato Cucchi, o induca ad apprezzare, coi tempi che corrono, il fatto che almeno né carabinieri né poliziotti penitenziari negano che il giovane uomo fragile sia stato pestato e spezzato a morte. Fragile: dunque da custodire più rispettosamente e premurosamente. Abbiamo ascoltato un bel repertorio di porcherie nei giorni scorsi. Che Cucchi era tossicodipendente, ovvietà pronunciata come se fosse un'aggravante, o un'attenuante dei suoi massacratori.

La tossicodipendenza è una sciagura per chi ci incappa e per chi gli vuol bene, e diventa un danno per tutti quando il fanatismo proibizionista esalta gli affari illegali. In Italia oggi è una ragione per finire nelle celle "di sicurezza", o di galera, o nei letti di contenzione dei manicomi giudiziari - come per il coetaneo di Cucchi morto in cella a Parma, Giuseppe Saladino, che aveva rubato "le monetine dei parchimetri" - o nel reparto confino dell'ospedale Pertini. È bello, è edificante, è spettacolare che questo succeda mentre si propone di abolire, più o meno, i processi, per i ricchi e potenti. È bello e istruttivo che, per adescare l'opinione intontita, si proclami che dall'abolizione dei processi saranno esclusi i reati di maggior allarme e "i recidivi". I "recidivi" sono i tossicodipendenti, che spacciano al minuto o rubano per la dose, e spacciano di nuovo e rubano per la prossima dose, e così via.

Stefano Cucchi era uno dei tanti nostri ragazzi che possono aver spacciato per la loro dose, e non sono meno meritevoli del nostro amore e delle nostre cure. Era anche sieropositivo, ha osato dire qualcuno. Non lo era: ma non importa niente. Importa che ancora, in questo paese, persone che danno il proprio nome a leggi fautrici di dolore e delitti pronuncino il nome di una malattia come quello di una condanna. Il paese in cui si tratta ancora una malattia come una vergogna è un paese di cui vergognarsi.

Dovremmo dirlo, che siamo sieropositivi. E che nessuno chieda a nessuno se è vero o no: non cambia niente. Stefano Cucchi era un giovane uomo inerme dal viso dolce e dal corpo esposto: un corpo così è fatto per essere stretto da un abbraccio materno, per essere accarezzato da una sorella, per sentirsi la mano di un padre sulla spalla. Non per "essere scaraventato in terra e, dopo aver sbattuto violentemente il bacino procurandosi una frattura dell'osso sacro, colpito a calci", secondo la ricostruzione - provvisoria, parziale, vedrete - degli inquirenti.

Né per giacere senza soccorso, sottratto alla vista dei suoi e del mondo, dentro una branda d'ospedale carcerario, coi medici, donne e uomini (fa sempre più impressione che tocchi a donne), che lo ignorano, che forse scherzano sulle sue ossa rotte e sporgenti, che dicono che rifiuta cure e farmaci, e scrivono solo in capitulo mortis che aveva dichiarato dall'inizio di volere il proprio avvocato, e di non voler mangiare e non voler bere solo per quell'infimo fra i diritti: una confessione di fatto, che non ha impedito agli stessi medici di continuare a mentire e a manipolare la verità quando il ragazzo era morto. Abbiano pure il loro "eccesso di garanzia", in cambio. Anche questa è una creatività italiana: chiameremo di sicurezza le celle dei pestaggi, ci vanteremo della garanzia in eccesso. Del resto, siamo ancora all'inizio. Non sarà facile, per l'omicidio di Cucchi, trovare il non colpevole.

(14 novembre 2009)

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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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Cucchi: trasferiti tre medici ospedale Pertini
Per loro un avviso di garanzia. Teste, "Non è stato picchiato da Carabinieri"

ROMA - Sono stati trasferiti i tre medici dell'Ospedale Sandro Pertini coinvolti nelle indagini sulla morte di Stefano Cucchi. Lo ha reso noto Flori Degrassi, direttore generale dell'Asl Roma B, dal quale dipende il reparto penitenziario dell'ospedale romano. I medici trasferiti sono il primario Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario, e i medici Stefania Corbi e Rosita Caponetti. I tre avevano ricevuto un avviso di garanzia per omicidio colposo, perché accusati di aver omesso le dovute cure sanitarie a Stefano Cucchi, il ragazzo di 31 anni fermato dai carabinieri per droga il 15 ottobre scorso al Parco degli Acquedotti di Roma, e poi morto il 22 mattina al 'Sandro Pertini'. Anche tre guardie carcerarie coinvolte nell'indagine sono state trasferite.

TESTE, ERANO IN TRE A PICCHIARE

"Erano in tre a picchiare, ma non carabinieri". E' quanto dichiarato il 3 novembre scorso ai pm romani che indagano sulla morte di Stefano Cucchi dal cittadino del Gambia, S.Y., detenuto per droga in una struttura di assistenza per tossicodipendenti e principale testimone dell'inchiesta. Il verbale di assunzione di informazioni, di 29 pagine, è stato redatto con l'assistenza di un interprete. E proprio alcune difficoltà di traduzione sono state incontrate dagli inquirenti nel corso dell'atto istruttorio tanto da dover far ripetere più volte alcune circostanze relative alla ricostruzione dei fatti. S.Y. è il detenuto che, insieme con Cucchi, il 16 ottobre scorso si trovava in una delle celle di sicurezza del tribunale di Roma per l'udienza di convalida del fermo. All'inizio del suo colloquio con i pm, il teste - si legge nel verbale - afferma di non ricordare che lui e Cucchi furono ammanettati insieme prima di essere portati a Regina Coeli, poi confonde la data del 16 ottobre con quella del 18, alla fine ricorda di essere stato con Stefano nella stessa cella. "Era magro - afferma - la faccia carina, il cappuccio in testa". Quindi l'extracomunitario parla delle prime parole scambiate con l'italiano: "Lui dire me - traduce l'interprete - se ho droga, io dire 'no, non ce l'hò, e lui dire 'io ce l'ho dentrò". Descrivendo le modalità della presunta aggressione a Cucchi, S.Y. inizialmente afferma: "l'hanno aggredito, gli hanno dato un calcio... carabinieri...". Poi, a domanda se siano stati i militari dell'arma, risponde: "no - traduce l'interprete - gli accompagnatori... quindi sarà la penitenziaria".

INCHIESTA DAP AFFIDATA A CAPO UFFICIO DETENUTI

E' stata affidata a Sebastiano Ardita, responsabile della Direzione generale detenuti del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, l'inchiesta amministrativa disposta dal capo del Dap Franco Ionta per far luce sulle responsabilità della morte di Stefano Cucchi. Ardita, magistrato in servizio al Dap da 8 anni, dovrebbe concludere l'indagine amministrativa nel giro di 15-30 giorni circa. L'inchiesta del Dap - secondo quanto si è appreso da ambienti investigativi - sarebbe cominciata con uno scambio di informazioni con la Procura di Roma, che ha iscritto nel registro degli indagati 3 agenti della Polizia penitenziaria ipotizzando il reato di omicidio preterintenzionale del detenuto trentunenne.
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Johnny Rex
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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ANSA.it

Caso Cucchi, reintegrati i tre medici indagati
Indagine interna, no omissione del personale sanitario

Sono stati reintegrati, nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini, i tre medici indagati per omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano di 31 anni, arrestato il 15 ottobre scorso dai carabinieri per detenzione di droga e deceduto una settimana dopo nell'ospedale romano.

La revoca del trasferimento d'ufficio (decisa il 18 novembre scorso) è stata decisa dal direttore generale dell'Asl Rmb, Flori Degrassi. Il provvedimento riguarda Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario, ed i medici Stefania Cordi e Rosita Caponnetti. Alla base del loro reintegro - si legge nel provvedimento appositamente emesso - le "risultanze dell'indagine interna effettuata dalla Uoc Risk Management aziendale che nella relazione depositata il 30 novembre 2009 ha concluso: 'Il gruppo audit ha individuato nel carattere improvviso e inatteso del decesso, in rapporto alle condizioni generali del paziente, l'elemento dell'avversità in oggetto delle indagini. L'analisi non ha messo in luce, sul piano organizzativo e procedurale, alcun particolare elemento relativo ad azioni e/o omissioni da parte del personale sanitario con nesso diretto causa-effetto con l'evento avverso in questione. Contestualizza e configura pertanto l'oggetto dell'indagine sotto il profilo dell'evento non prevenibile".


e si comincia.... #1#
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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Il Dap sul caso Cucchi
«Una morte disumana»
La direzione delle carceri accusa agenti e funzionari: «Ci sono responsabilità a tutti i livelli»

Stefano Cucchi (Ansa)
ROMA — Stefano Cucchi «ha concluso la sua vita in modo disu­mano e degradante», mentre era nelle mani dello Stato e della sua burocrazia. Gli elementi che il 22 ottobre hanno portato alla morte del trentunenne detenuto in un re­parto d'ospedale, a una settimana dall'arresto per qualche grammo di hashish, sono l'esempio «di una incredibile, continuativa mancata risposta alla effettiva tutela dei di­ritti, in tutte le tappe che hanno vi­sto Stefano Cucchi imbattersi nei vari servizi di diversi organi pub­blici». Mancanze che «si sono sus­seguite in modo probabilmente non coordinato e con condotte in­dipendenti tra loro», ma questo non assolve nessuno. A comincia­re dal personale dell'amministra­zione penitenziaria, agenti compre­si. Le possibili colpe di «altri orga­ni e servizi pubblici» dai quali Cuc­chi è transitato, non attenuano «la responsabilità di quanti, apparte­nendo all'amministrazione peni­tenziaria, abbiano partecipato con azioni e omissioni alla catena della mancata assistenza».

Sono le conclusioni a cui è giun­ta l'indagine della Direzione genera­le delle carceri sulla fine del tossico­dipendente arrestato dai carabinie­ri e deceduto all’ospedale «Sandro Pertini» di Roma, dov’era stato rico­verato per le fratture subite. Pic­chiato nelle celle di sicurezza del tri­bunale di Roma dagli agenti peni­tenziari, secondo l'ipotesi della ma­gistratura; non si sa dove, quando e da chi, secondo l'Amministrazio­ne penitenziaria che ha potuto ac­quisire solo alcuni atti giudiziari, non tutti quelli richiesti. Ora la rela­zione della commissione formata da Sebastiano Ardita, Maria Letizia Tricoli e Federico Falzone e altri funzionari del Dap è stata inviata al­la Procura di Roma, che la valuterà e ne trarrà eventuali conseguenze.

Vomito e sporcizia nelle celle

Sugli agenti carcerari l'ispezione dà atto delle «condizioni lavorativa­mente difficili» in cui gestiscono gli arrestati e i detenuti in attesa di giudizio nei sotterranei del tribuna­le di Roma. Ma spiega che «risulta difficile accettare che il personale non sia stato posto a conoscenza neppure dell’esistenza della circola­re per l'accoglienza dei 'nuovi giun­ti' (quella con le regole sulla 'pri­ma accoglienza' ai detenuti, ndr)» . Non c'era, ad esempio, il registro coi nomi degli arrestati e l'annota­zione dei movimenti con gli orari. «Appare incomprensibile — prose­gue la relazione — la mancata attua­zione di alcuni requisiti minimi di ordine amministrativo già previsti, e la mancata segnalazione di taluni gravi aspetti disfunzionali su caren­ze di carattere igienico sanitario e sulla gestione degli arrestati».

Tradotto dal linguaggio burocra­tico, significa che le camere di sicu­rezza del tribunale di Roma versa­no in condizioni degradate e degra­danti, perché hanno spazi ridotti, non ci sono servizi igienici, non prendono aria né luce dall'esterno ed è possibile che lì vengano richiu­se persone rimaste a digiuno anche da ventiquattr'ore: «All'atto del so­pralluogo le condizioni igieniche presentano evidenze di materiale organico ormai essiccato sui muri interni (vomito) che risultano in parte ingialliti e sporcati con scrit­te. Sul pavimento, negli angoli, si ri­levano accumuli di sporcizia».

La notte dell’arresto

Lì, secondo gli elementi d'accusa raccolti finora dalla Procura di Ro­ma, Stefano Cucchi è stato aggredi­to dagli agenti penitenziari, suben­do le fratture che hanno portato al ricovero sfociato nella morte del pa­ziente-detenuto. Gli ispettori del Dap non traggono conclusioni sul pestaggio (per cui sono indagate tre guardie carcerarie e non i carabi­nieri che avevano arrestato Cucchi la sera prima dell'udienza in tribu­nale, i quali hanno riferito e dimo­strato di non essere stati presenti nelle camere di sicurezza del tribu­nale) rimettendosi alle conclusioni dell'indagine giudiziaria. Però indi­cano la cronologia degli eventi at­traverso le testimonianze, a comin­ciare da quella dell’infermiere del Servizio 118 che visitò Cucchi la notte dell'arresto, tra il 15 e il 16 ot­tobre, nella stazione dei carabinieri di Torsapienza. Trovò il giovane in­teramente coperto, e poco o per nulla collaborativo. «Ho cercato di scoprirgli il viso per verificare lo stato delle pupille e guardarlo in volto... C'era poca luce perché nella stanza non c’era la luce accesa... Ho potuto notare un arrossamento, ti­po eritema, sulla regione sottopal­pebrale destra. Non potevo vedere la parte sinistra perché il paziente era adagiato su un fianco».

L'infermiere, visto che Cucchi «comunque rispondeva a tono e ri­fiutava ogni intervento», se n’è an­dato dopo mezz’ora. I carabinieri avevano chiamato il 118 «riferendo di una crisi epilettica», ma il neuro­logo dell’ospedale «Fatebenefratel­li » che ha visitato il detenuto la se­ra del 16 ottobre riferisce che Cuc­chi «precisò che l’ultima crisi epilet­tica l’aveva avuta diversi mesi fa». Al dottore, come ad altri, Cucchi disse che era «caduto dalle scale», ma nella relazione del Dap sono ri­portate anche testimonianze di al­tro tenore.

Viso tumefatto

L’assistente capo della polizia pe­nitenziaria M.D.C. ricorda che lo vi­de passando nelle celle de­gli arrestati «nella tarda mattinata, tra l’una e le due», del 16 ottobre: «Ave­va il viso appoggiato sullo spioncino aperto, ho nota­to che aveva il viso tumefat­to, di un evidente colore marrone scuro». Un altro assistente capo, L. C., che portò il detenuto dal carcere di Re­gina Coeli al «Fatebenefratelli» e al «Pertini» ricorda: «In un momento in cui sono rimasto solo con Cucchi gli ho chiesto cosa era successo, mi ha risposto con una voce alterata e forte 'è successo fuori, voglio parla­re urgentemente col mio avvoca­to'. Io non ho detto più niente».

C'è poi la testimonianza del­­l'ispettore capo A.L.R., su Cucchi che disse come «durante la notte», dopo l’arresto, aveva avuto un in­contro di box, e gli altri detenuti ri­sposero ironici: «Sì, ma tu facevi il sacco». E c’è la deposizione dell’as­sistente capo B.M., che perquisì Cucchi già pesto e dolorante il po­meriggio del 16 ottobre, all’ingres­so a Regina Coeli: «Gli ho detto, in maniera ironica e per sdrammatiz­zare, 'hai fatto un frontale con un treno', e lui mi ha risposto che era stato 'pestato' all'atto dell'arresto». Quanto al ricovero nel reparto carcerario dell’ospedale «Pertini» — a parte l’odissea vissuta dai geni­tori di Cucchi che non sono riusciti a vederlo né ad avere notizie, e han­no saputo della morte solo dalla no­tifica del decreto che disponeva l’autopsia — il giudizio finale è che «le regole interne dell’ospedale ab­biano finito per incidere perfino su residui spazi che risultano assoluta­mente garantiti nella dimensione penitenziaria. Ragione per cui il trattamento finale del degente-de­tenuto è risultato essere la somma di tutti i limiti del carcere, dell’ospe­dale e della burocrazia».

Giustificazioni inqualificabili

Per gli ispettori questa vicenda «rappresenta un indicatore di in­sufficiente collaborazione tra re­sponsabili sanitari e penitenzia­ri», e certe giustificazioni avanza­te da alcuni responsabili «non me­ritano qualificazione». In conclu­sione, «risulta censurabile l'opera­to complessivo nei confronti del detenuti Cucchi e dei suoi familia­ri, in particolare nell’ambito del 'Pertini', laddove non è stata po­sta in essere delle prescrizioni vol­te all'accoglienza e all'interpreta­zione del disagio del detenuto tos­sicodipendente ».
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Johnny Rex
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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Disumana, ha detto proprio così.
Che non cada il silenzio, a tutti i costi.

F.F.
Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

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VORRESTE CHE VOSTRO FIGLIO FACESSE LA FINE DI STEFANO CUCCHI?

Proibizionismo - Italia.
Nel nostro paese si stima che i giovani (13 - 28 anni) consumatori di droghe leggere siano tra i due e i tre milioni. Ma la legge (in vigore dal 2006) stabilisce sanzioni durissime per chi viene trovato in possesso di quantità anche minime di hashish (o altre sostanze). E in questi anni (soprattutto in provincia) le conseguenze di fermi, perquisizioni, arresti (spesso sproporzionati) sono diventate tragiche. Come le storie di questi ragazzi...


di Guido Blumir

Alberto, niente privacy.
Forlì, giovedì 5 luglio 2007.

Una bellissima serata d'estate. Alberto Mercuriali, 28 anni, agronomo, incensurato. Vicino ai tavoli di un bar di via dell'Appennino, con amici, fa qualche tiro di canna.
I giovani non sanno di essere osservati dai militari in borghese del Nucleo operativo e radiomobile di San Martino, a caccia di trafficanti e spacciatori. Procedendo veloci e silenziosi, agguantano il ragazzo e lo incastrano per lo spinello. Lo caricano in macchina e si dirigono verso la sua abitazione, a Castrocaro Terme.
Procedono - senza la presenza di un avvocato - a una "perquisizione domiciliare". La stanza è piena di libri. Ma i militari "non si lasciano incantare da quella parete che sa di cultura. Fiutano ogni centimetro della stanza", come scriveranno i quotidiani locali, aggiungendo particolari: proprio dalle pagine di un libro, scavate e tagliate a formare un nascondiglio, spunta una piccola quantità di hashish (forse 40 grammi, secondo i carabinieri).
È un libro fantasy, Il regno dell'ombra. "Forse dopo aver fumato l'erba anche il giovane entrava in una dimensione lontana dalla realtà", commenterà poeticamente il Quotidiano del Nord.
Perché intanto i carabinieri, soddisfatti del ritrovamento, non arrestano il giovane, ma lo denunciano per spaccio, promettendogli che non passeranno la notizia alla stampa e suggerendogli anche di non parlarne ai genitori.
Alberto non nega il possesso (grave errore secondo gli avvocati: è meglio, in prima battuta, in genere, riservarsi il diritto di non rispondere). Poi parla col fratello minore e decide di non informare il padre e la madre.
Domenica mattina: tutti i quotidiani locali sparano in prima pagina la notizia del clamoroso crimine. Il Resto del Carlino lancia una maxi foto dei carabinieri a tutta pagina, con titolo cubitale "IMBOTTITO DI DROGA".
I pezzi fanno pensare al fermo di un trafficante professionista di medio livello, particolarmente astuto nell'escogitare il trucco del nascondiglio. I militari raccontano ogni cosa in una conferenza stampa con fotografi e tv. Non fanno il nome del ragazzo, ma in un piccolo centro l'identikit (28 anni, agronomo, vive in famiglia) non lascia dubbi. Vedendo i giornali, Alberto resta fulminato. Si sente tradito. "Un ragazzo per cui la parola data e ricevuta ha sempre avuto un grande valore", racconta il padre, Renzo Mercuriali.
"Posso immaginare come si sia sentito quando ha visto che un patto così importante - il rispetto della privacy anche verso noi genitori - era stato tradito proprio da funzionari dello stato". Per alcune ore amici e genitori cercano Alberto sul cellulare, senza fortuna. Alberto Mercuriali non risponde, né chiama nessuno. Domenica sera: collega il tubo di scappamento alla macchina, accende il motore e lascia entrare il gas nell'abitacolo. La mattina successiva i genitori lo trovano. Morto. Asfissiato.

"I GIORNALI HANNO SCRITTO MOLTE BUGIE"
"Non ci siamo accorti della perquisizione e Alberto non ci ha detto nulla", dice Renzo. "La domenica non siamo passati dal paese e non abbiamo visto i quotidiani. Lunedì mattina eravamo al lavoro e ci hanno chiamato dall'ufficio di nostro figlio: "Stamattina Alberto non è venuto. Dov'è?". Siamo tornati a casa e lo abbiamo cercato ovunque. Poi siamo andati al podere e abbiamo visto la macchina, con Alberto dentro. Non respirava più". "I giornali hanno scritto molte bugie", ricorda la mamma, Cristina. "Era stato nostro figlio, all'inizio della perquisizione, a consegnare l'hashish ai carabinieri. Noi dormivamo di sotto, non ci siamo accorti di niente.
Il ragazzo non voleva che il trambusto ci svegliasse, e si è preso le sue responsabilità, apertamente, dando subito la droga ai carabinieri. Gli articoli sono arrivati come una pugnalata alle spalle. I militari, contro i patti, avevano tenuto una conferenza stampa senza avvertirci. Se lo avessero fatto, Alberto sarebbe ancora vivo. I responsabili di questa tragedia devono pagare".
I coniugi Mercuriali hanno presentato un'istanza per accertare la verità sulle cause del suicidio. Parlare con loro è come vedere il film di un dramma così atroce ed evitabile. Hanno tutto in testa. Devono districarsi tra avvocati, giudici e giornalisti. E lo fanno con il massimo di lucidità e di determinazione.

TESTIMONI INASCOLTATI
L'inchiesta è partita. I Mercuriali hanno aspettato per 12 mesi. In tutto questo tempo i magistrati inquirenti non hanno sentito i principali testi. Ovvero: i carabinieri protagonisti della brillante operazione e il responsabile della caserma. Il fratello minore, Diego, che ha parlato con Alberto a caldo: "Quando, in caserma, si era reso conto della gravità della situazione, stava per chiamare un avvocato e avvertire i nostri genitori". Se lo avesse fatto, tutto si sarebbe svolto diversamente. Ma i carabinieri lo hanno stoppato, dicendogli che se firmava i verbali con l'assunzione di responsabilità, la cosa si sarebbe svolta in modo indolore. Loro non avrebbero informato la stampa e neanche i genitori dell'accaduto. Di fronte a questa promessa, Alberto si è convinto. Non è stato sentito il cronista di nera Maurizio Burnacci, del Resto del Carlino: "Io non ho inventato niente. Il romanzo (sul libro imbottito di droga ecc., ndr) l'ha creato qualcun altro". Cioè i carabinieri: questo il succo delle dichiarazioni del giornalista ai colleghi Lisa Tormena e Matteo Lolletti, registrate nel documentario Il giorno in cui la notte scese due volte. Non sono stati sentiti nemmeno i numerosi colleghi e fotografi presenti all'incontro stampa. "Eppure è chiaro", spiega la signora Mercuriali, "che quello è un passaggio chiave. È stata quella bugia a essere decisiva per la sparata in prima pagina, come ammettono gli stessi giornalisti autori dei pezzi. Ed è stata quella prima pagina a spingere nostro figlio alla disperazione e al suicidio". Sia i carabinieri sia i cronisti avrebbero potuto salvare la vita di Alberto in quelle ore. I carabinieri avrebbero potuto telefonare al ragazzo e ai genitori, informandoli del fatto che avevano cambiato idea e che avrebbero tenuto una conferenza stampa. I giornalisti poi avevano a disposizione tutto il giorno per trovare il ragazzo (l'identikit era trasparente) e sentire la sua versione, quelle dei parenti e degli amici. Il minimo sindacale. E probabilmente la tragedia sarebbe stata evitata. Tutti questi testimoni non sono stati sentiti e il gup ha deciso una prima archiviazione. Ma il caso è troppo complesso e non finisce qui. Anche il pm ha sottolineato che ci sono state delle scorrettezze, perlomeno sul piano deontologico. I Mercuriali hanno fatto partire una denuncia per diffamazione contro tutti gli autori degli articoli e contro il Resto del Carlino. Sta andando avanti. Gli "Amici di Alberto" hanno aperto un sito e organizzato decine di convegni e manifestazioni con grande solidarietà della popolazione e di giornalisti ed esperti di media.

Giuseppe, incensurato Pantelleria: Giuseppe Ales, 23 anni, geometra senza raccomandazioni, incensurato, lavora da manovale per aiutare la famiglia. Nel tempo libero, come metà dei giovani italiani, si fa qualche canna. Dà fastidio l'idea di dare soldi alla criminalità comprando il fumo e lui, come tanti, segue una strada diversa: la marijuana se la coltiva, per uso proprio. Non costa nulla. La semina, un po' d'acqua, clima adatto, cresce bene. Dopo qualche mese è pronta.
All'alba del 20 marzo 2005, uno squadrone di carabinieri armati di mitra gli piomba in casa. I genitori di Giuseppe sono sotto shock: il padre, anziano agricoltore, è invalido, ha perso una gamba a causa del diabete. I militari trovano alcune piantine di erba, alte pochi centimetri. Sequestrate. Il giovane viene ammanettato e portato in caserma. Interrogatorio pressante. Scatta la denuncia penale per "traffico e produzione di stupefacenti". I carabinieri annunciano a Giuseppe che pochi giorni dopo a Trapani ci sarà il processo per direttissima. Rischia da uno a sei anni di carcere. Nel frattempo, arresti domiciliari. Il giorno dopo, Pantelleria è sconvolta: il Giornale di Sicilia ha fatto il paginone. "Scoperto traffico di droga nell'isola, arrestati gli spacciatori". Gli isolani non credono ai loro occhi: il grande criminale sarebbe l'incensurato geometra Giuseppe Ales. La mattina successiva la famiglia del giovane è riunita per la colazione; la madre trattiene a stento le lacrime, il padre è terreo. Manca Giuseppe. "Vado io a chiamarlo", si offre il fratello più piccolo. Apre la porta della cameretta del giovane. Giuseppe non è nel suo letto. Penzola dal soffitto, impiccato con una corda al collo. Roberto, e l'attimo fuggente Roberto Pregnolato, operaio di Aprilia (provincia di Latina), 33 anni, è un uomo felice. Dopo anni di precariato, la grande azienda farmaceutica Abbott lo ha assunto con un contratto a tempo indeterminato. Insieme alla fidanzata, ha appena fatto tutte le pratiche per un mutuo: non dovranno più pagare l'affitto della loro mansarda all'ottavo piano, piccola ma graziosa, con terrazzo. E hanno deciso di sposarsi. La sera di venerdì (17 aprile 2009), Roberto è in libera uscita con gli amici. Sono anche loro giovani, di estrazione semplice e look senza pretese. Alle quattro del mattino una pattuglia li ferma. I militari procedono, senza mandato, alla perquisizione del veicolo. Salta fuori un po' di cocaina: 6,5 grammi, secondo una valutazione approssimativa. Meno degli otto grammi trovati addosso (novembre 2008) al celebre banchiere professore di 76 anni, sorpreso a Milano con una squillo sudamericana, e poi archiviati senza conseguenze, nemmeno la sospensione della patente. Invece in questo caso i carabinieri non vanno tanto per il sottile. E i ragazzi non possono svegliare sul cellulare d'emergenza il principe del foro sempre a disposizione: direbbe loro di negare, di non rispondere alle domande, di aspettare il suo arrivo e di bloccare tutto nel frattempo. Parlerebbe coi carabinieri al telefono e suggerirebbe loro di non procedere, salvo rischiare cose inenarrabili dal punto di vista penale, civile, disciplinare eccetera. Gli uomini, intimiditi dal penalista autorevole, rispettosamente attenderebbero. I nostri queste cose non le hanno viste nemmeno nei film. Niente scanner o analisi sofisticate. Niente penalisti. "Da dove viene la droga?", incalzano i carabinieri. "È mia", risponde Pregnolato, prendendosi tutte le colpe del mondo, da solo, come in L'attimo fuggente, ma al contrario (lì tutti i ragazzi si prendevano la colpa, scena a cui poi si è ispirato il celebre spot sul preservativo). Il giovane operaio, incensurato, invece, si sacrifica per evitare che siano arrestati tutti e tre. Ma la generosità di Roberto non paga. I militari ci prendono gusto e lo accompagnano nella mansarda per una perquisizione domiciliare. C'è anche la fidanzata. Salta fuori qualche grammo di "fumo" e un bilancino, strumento ovvio di tutti i consumatori per controllare il peso esatto della marijuana acquistata: nell'ottica di alcuni segugi è una prova di spaccio. Roberto nega di essere un pusher, ma si prende la responsabilità anche dei grammi di "fumo". La perquisizione procede. Nemmeno in questa fase c'è un avvocato. La ragazza osserva i militari al lavoro. E Roberto? Non c'è più. È un attimo: guarda dappertutto, ma il ragazzo non si vede. "Roberto, dove sei?", la donna urla. Poi si precipita sul terrazzo. Il giovane non è nemmeno lì. Un militare piantona l'ingresso dell'appartamento. Di là non è uscito. Lei corre ancora sul terrazzo. E guarda giù dal parapetto: 25 metri più in basso, il corpo di Roberto giace spiaccicato sull'asfalto. "Era un bravo ragazzo", dirà il parroco Don Francesco Bruschini ai funerali, svoltisi pochi giorni dopo presso la chiesa San Pietro in Formis, a Campoverde (Latina).

In caserma per tre grammi di "fumo" Sannicola (Le), 13/7/2008: il Nucleo Radiomobile di Gallipoli fa irruzione a casa di Giuseppe Mercuri e Sophie Chaffurine. Li arrestano entrambi. "L'infallibile fiuto del cane aveva permesso di scovare della marijuana. Tre chili, dicono gli inquirenti". Potrebbe essere il tipico frutto di una coltivazione estiva. Spesso si pesano anche rami e materiale inerte. Mercuri dichiara al giudice che l'erba gli serve per curarsi da una malattia. Possibile. Anche il magistrato sembra dare un certo credito all'uomo. Dopo qualche giorno di carcere, la coppia (59 anni lui, 43 lei) viene messa ai domiciliari. Il 19 luglio, durante i controlli di rito, i militari trovano i due nel garage della masseria. Cadaveri. "Una fine orribile che raggela il sangue nelle vene. Insieme fino all'ultimo respiro smorzato dal gas di scarico. La donna seduta nella Fiat 126 blu. L'uomo per terra. Forse negli ultimi istanti la lucidità avrà preso il sopravvento, i polmoni avranno chiesto urlando aria. Ma di aria ormai non ce n'era più" (da Lecce Prima, quotidiano online, 19/7/2008). Pietralunga (Pg), ottobre 2007: Aldo Bianzino, 44 anni, falegname, moglie e un figlio. Qualche pianta di canapa. Arrestato. Cella di isolamento. Ne esce cadavere: ematomi cerebrali, lesioni al fegato. Indagine penale. L'unica cosa certa è che non è un suicidio. A Perugia nasce il comitato "Verità per Aldo" per scoprire tutta la storia. Ne fanno parte la moglie e il figlio. Lo scorso anno lei muore per una malattia. Il figlio Rudra, 16 anni, resta solo. Processo in corso. Per ora è imputata una guardia penitenziaria. Rovereto (Tn), 21/7/2009: Stefano Frapporti. Muratore. Artigiano. Incensurato. 48 anni. In bici, viene fermato. Perquisizione a casa, senza avvocato, nè testimoni. Secondo i carabinieri, trenta grammi di hashish. Arresto. Trovato impiccato nella sua cella. È la versione ufficiale. I familiari, l'avvocato e un comitato stanno mettendo in luce diversi aspetti oscuri della sua morte. Se fosse un suicidio, sarebbe, ancora una volta, per una modesta quantità. Pollica (Sa), 31/7/2009: un insegnante elementare ha uno screzio con carabinieri. Se lo portano via. Dalla caserma, i militari trovano un sindaco disposto a firmare un trattamento sanitario obbligatorio. Ovvero, ricovero forzato nel reparto neurodeliri. Rinchiuso e legato a un letto di contenzione. Ne esce cadavere. Inchiesta penale. Un comitato di amici e parenti è al lavoro. Le droghe non c'entrano, ma Francesco Mastrogiovanni, 58 anni, è considerato comunque un "diverso". Ancona, 23/9/2009: Matteo Carloni, 47 anni, sposato, due figli. "Persona allegra e serena", riferisce il quotidiano online Vivere Ancona. Fermato da una pattuglia per un normale controllo: gli trovano addosso qualche grammo di coca. È incensurato e la quantità è minima. Viene denunciato a piede libero. Ma i carabinieri gli ritirano la patente. Non perché positivo alle analisi: non sappiamo se ha usato, basta la detenzione. La mattina dopo alle 5.50 esce di casa, prende un taxi (senza patente) e poi si spara con una doppietta. Vigodarzere (Pd), giugno 2004: Cristian Brazzo, incensurato, operaio. Fiume Brenta, una sera in macchina, spinello con amici. Carabinieri. Documenti. Perquisizione vettura. Tre grammi di fumo. Tutti in caserma. "Sarà solo una segnalazione alla prefettura". Gli amici vanno verso casa. Cristian chiama i genitori: "Faccio tardi". Ma non arriva. L'indomani si trova l'auto, vicino al fiume. Una settimana dopo, il Brenta restituisce il corpo. Isolabella (To), settembre 2003: Marco Pettinato, 26 anni. Lavora al Prosciuttificio Rosa. È presidente della Pro Loco. Incensurato. Gruppetto fermato. Pettinato ha pochi grammi di hashish. Arrestato e denunciato. Condannato a quattro mesi. Pochi giorni dopo, si toglie la cintura dei jeans, la appende alla recinzione del campo di calcio e si impicca. Lo trova la madre. Cremona, febbraio 2002: Alessandro Maciocia. Trovato con due grammi e mezzo di hashish. Coinvolto in vicenda giudiziaria più pesante per "concorso". Si suicida con il gas di scarico della sua auto. Lascia un biglietto: "Non c'entro niente". Un caso simile si verifica a Umbertide (Perugia), nel maggio 2002. E poi. A Conegliano Veneto (Tv), Antonio Da Re, 35 anni, insegnante, viene fermato per possesso. È soltanto un consumatore, ma il Ministero lo trasferisce: farà il bibliotecario. Assolto dal Tribunale (settembre 2004), ma non reintegrato dalla burocrazia:si uccide. Succede (solo) in Italia Sondrio, 26/5/2006: per due mesi la Guardia di Finanza registra con telecamere gli studenti di una scuola. Alla fine, grande perquisizione, ma nessun ragazzo trovato con il "fumo". Viene fermato il bidello, con un po' di hashish in un ovetto Kinder. Bologna, aprile 2007: un mese di lavoro per 120 carabinieri in dieci scuole con i cani antidroga. Controllano bagni, aule, cortili, palestre, scale, zainetti, motorini. Risultato finale: otto grammi di hashish. Siracusa, 16/3/2007: cinque ragazzi fermati e perquisiti. Una "dose" a testa. Uno ha in tasca la stratosferica cifra di 80 euro: viene arrestato, perché secondo la legge il contante è un indizio grave. Trepizzi (Le) 18/4/2007: quattro giovani (due minorenni) innaffiano alcune piantine. Arrestati. Taranto, 23/5/2007: due ragazzi fumano in macchina; le forze dell'ordine li sorprendono. Uno è un giovane parroco, viene solo denunciato. Arrestato l'altro. Colpevole di avergli passato la canna. Mola di Bari, 7/7/2007: in prigione N.G., cuoco trentenne, sposato e con due figli, arrestato per dieci grammi e sei piantine alte pochi centimetri. Senigallia (An), 24/5/2007: M.M., ristoratore di 21 anni, in manette: per sette piante. "Le piantine sono state caricate sulla pantera insieme a M.M., a cui è stato contestato il reato di produzione ai fini di spaccio, sufficiente per farlo passare dalla confortevole cucina del proprio ristorante a una più modesta cella del carcere anconetano, dove di certo non potrà dare spazio all'hobby da "pollice verde"", recitano le gazzette locali. Nocera Inferiore (Na), 16/2/2008: arrestata una donna incinta che nascondeva hashish nel reggiseno. I carabinieri hanno prima perquisito la casa di Giovanna Russo, trovando 200 euro in contanti, "ritenuti provento di attività illecita". Poi, con l'ausilio di una vigilessa, abilmente occultate nel reggiseno, sono stati trovati 15 grammi. Manette. Il giudice a disposto gli arresti domiciliari. Tricase (Lecce), 5/6/2010: i finanzieri piombano in classe: hashish tra i banchi? 1,8 grammi trovati. Dall'inizio dell'anno scolastico, ci sono già stati 133 interventi in 83 istituti. Finora sono stati sequestrati 12 grammi di hashish.

Giovani, operai, lavoratori. Incensurati. Di piccoli paesi e cittadine di provincia. È l'identikit che emerge dalle storie drammatiche che abbiamo elencato. Una condizione umana, una realtà, molto diversa da quella dei giovani metropolitani, perlopiù studenti, di famiglia medio o alto borghese, protetti e/o non "toccati" dalle leggi violente della strada, dove si può finire in balia di meccanismi stritolanti e paurosi. Dodici suicidi e/o morti sospette che emergono da oltre 100mila articoli di giornali esaminati tra il 2002 - anno in cui inizia l'applicazione "anticipata" della legge antidroga del 2006, in un clima da "strade pulite" - e il 2009. E solo nella ventina di provincie, su cento esistenti, monitorate. Forse altre storie sono sfuggite. C'è un confine netto fra queste vicende e i casi di suicidio in carcere (che sono almeno 50-60 all'anno) e le storie di violenza fisica contro arrestati o fermati, sia per "fumo" che per altri motivi, picchiati da agenti o militari in strada, in caserma, e le storie di persone morte in carcere in seguito a pestaggi. Magari perché poi non curati, come Cucchi. "Se un poliziotto massacra un cittadino negli Stati Uniti, viene licenziato in tronco", ricorda la mamma di Stefano. "Anche da noi, se corressero dei rischi veramente gravi, se non altro per convenienza, magari starebbero più attenti", ragiona la mamma di Alberto Mercuriali. I suicidi di ragazzi "in libertà", non detenuti, nei guai per pochi grammi di hashish, sono una realtà a parte. Sono pesanti come macigni. Puntano il dito contro una "legge assassina" (così definita all'epoca da Franco Grillini e da altri deputati e senatori dell'opposizione) e "criminogena" (dai Radicali italiani che non erano in Parlamento). Legge come causa diretta di queste tragedie, perché persone come Mercuriali oppure Ales, miti, incensurati, la polizia dovrebbero vederla solo nei telefilm. E invece vengono colpiti come se fossero dei criminali. Scatenando il caso Cucchi, bene hanno fatto esponenti storici della difesa dei principi di uguaglianza e libertà, come Luigi Manconi, presidente dell'associazione "A buon diritto" o deputati di centrodestra garantisti come Flavia Perina e Giulia Bongiorno. Ma è stato decisivo il comportamento della famiglia: il padre Giovanni, la madre Rita e la sorella Ilaria. Guardare negli occhi la madre fa venire i brividi. È impossibile non sentire il dramma, la sofferenza. Non sentire cosa può aver provato questa donna immaginando le botte, le urla di Stefano. Ma anche la forza e la determinazione della reazione, l'assoluta mancanza di paura verso possibili intimidazioni. La storia del ragazzo romano entrato vivo e uscito morto dall'ingranaggio è finita in prima pagina sui quotidiani e nei tg. Sono nati comitati e reti. Libri, iniziative. Un aspetto che accomuna storie diverse, è il fatto che per piccoli casi di "fumo" si può finire in carcere. Cucchi, per pochi grammi, in prigione non doveva starci. Se al ragazzo fossero stati dati i domiciliari, sarebbe ancora vivo. "Hanno detto che non aveva fissa dimora: ma la perquisizione l'hanno fatta a casa nostra", mi racconta la signora Rita. Dunque, i domiciliari potevano essere dati lì. Basta poco. Una firma, una carta. Il confine fra la vita e la morte. Sull'onda del caso Cucchi, anche le storie allucinanti che abbiamo raccolto, i ragazzi suicidi, stanno trovando più attenzione. E forse qualcuno potrebbe, anzi dovrebbe, ripensare alla legge in vigore.

La Legge italiana
Nel 2002 l'attuale Presidente della Camera, Gianfranco Fini, allora leader di Alleanza Nazionale, spinse per una nuova normativa antidroga che ribaltasse il risultato referendario (55.3 % contro 44.7%) e depenalizzatore del consumo. Il pressing di Fini trovò resistenze importanti in Forza Italia: Bondi, Contestabile, Pecorella, Maiolo, Moroni, Jannuzzi. Ma, nel 2006, il Parlamento approvò in finale di legislatura, poco prima delle elezioni, il progetto di Fini (legge 21/2/2006, n.49, in Gazzetta Ufficiale, n.48, 27/2/2006), ricorrendo alla fiducia, con una forzatura istituzionale che creò dubbi nello stesso Ciampi, allora Presidente: due settimane per firmare. Nella pratica quotidiana - quasi 600mila fermi in pochi anni - esiste un nuovo razzismo? Sicuramente nella legge che rende punibile un comportamento, il semplice uso di una sostanza, con sanzioni di polizia o penali (per chi supera le microquantità previste oppure coltiva per uso proprio). Viene quindi penalizzata/criminalizzata una categoria, un gruppo sociale: i consumatori. Come in altre epoche e in altre società si è fatto e si continua a fare contro popoli, gruppi etnici o religiosi, o comunità con certi stili di vita, come i gay, che vengono colpiti o discriminati. In una logica ancora più esasperata, da Minority report, se un fumatore viene fermato, con la macchina o il motorino, e ha dell'erba, senza fargli il test, gli si ritira la patente (art.75, comma 3). E il mezzo viene sequestrato. Come se a un normale cittadino che sta caricando in auto la spesa, si togliesse la patente perché nelle buste del supermercato ci sono delle bottiglie di vino. Punizione preventiva, presunzione di colpevolezza, processo alle intenzioni, condanna senza processo.

E gli altri paesi?
Negli ultimi vent'anni, quasi tutti i paesi europei hanno cambiato le leggi. Si è preso atto che le proibizioni non bloccano il consumo. Si sono considerati gli eccellenti risultati dell'esperienza olandese: dagli anni Ottanta è legale comprare cinque grammi di cannabis tutti i giorni nel coffee shop sotto casa; i negozianti possono tenerne mezzo chilo. Così sono stati separati i mercati: quello della marijuana e quello delle droghe pesanti. Il consumo non è aumentato (dopo qualche tempo è addirittura diminuito). E nelle statistiche parallele con gli Stati Uniti proibizionisti (molto significative su un arco di trent'anni), per uso di erba gli americani battono gli olandesi. Per la coca, li doppiano. Portogallo, Repubblica Ceca e Spagna (per prima) hanno depenalizzato l'uso. Come la Germania, in seguito a una sentenza della Corte Suprema. I tedeschi hanno lasciato agli enti locali il compito di fissare il quantitativo consentito: 15 grammi a Berlino e 30 nello Schleswig Hollstein. E l'era Merkel non ha cambiato le cose. La Russia di Putin, in seguito all'approfondito lavoro di una commissione parlamentare di scienziati, ha fissato il limite in 20 grammi. La magistratura spagnola, con sentenze che hanno fatto scuola, ha depenalizzato anche la coltivazione per uso personale. Il Belgio ha autorizzato la produzione di due/tre piante a testa. Gli Stati Uniti fanno storia a sé: negli anni Settanta, in seguito agli impulsi dell'era Carter (post Nixon), undici stati hanno fissato in un'oncia (28 grammi) la quantità non punibile. Ma in maggioranza leggi dure e applicate senza pietà: fino a picchi di 800 mila arresti annui. E ora c'è una forte spinta verso il cambiamento.

Genitori: che cosa fare se...
Negli ultimi anni, 553mila giovani sono stati fermati, perquisiti, interrogati, sbattuti in celle di sicurezza di caserme e affini. Dal 2002/2003, quando è scattata, con le operazioni "strade pulite e cani nelle scuole", l'applicazione anticipata della legge Fini. Frugati e rovistati motorini, macchine, case di famiglia. Considerato che i consumatori nella fascia 13-28 anni sono due/tre milioni, le probabilità che vostro figlio (o fidanzato, fratello, nipote...) venga fermato, sono, nel corso del tempo, di uno a 6. Non poche. Che fare?

RISCHI
La legge Fini-Giovanardi stabilisce una quantità molto piccola: 3/4 grammi di erba di qualità media. Oltre, scatta quasi sempre la denuncia penale: da uno a sei anni, e multe da 3mila a 26mila euro (art. 73, comma 5). I settori più preparati e professionali della magistratura giudicante, tendono ad assolvere perché si tratta pur sempre di consumo personale. Ma non tutti hanno questa posizione. Per la coltivazione basta anche solo una pianta e si entra comunque nel reato di "produzione": da uno a sei anni. In primo e secondo grado le condanne sono frequenti: minimo sei-otto mesi, più spesso un anno. Alcune decisioni della Cassazione hanno ricordato, con ampiezza di argomenti, che la coltivazione di poche piante per sé è un comportamento che rientra nell'uso personale. Ma altre sentenze sono discordanti. Se vostro figlio resta sotto ai tre-quattro grammi, non crediate che vada tutto liscio: scatta un meccanismo infernale. Se è stato sorpreso "nei pressi" del motorino (anche se non guidava), gli agenti glielo possono sequestrare. Se stava guidando, senza fumare, ma gli trovano una "caccoletta", gli possono ritirare la patente al volo. Dal punto di vista psicologico, i momenti più difficili sono i primi. Il fermo o l'arresto. Il militare armato, più o meno minaccioso, o nervoso, che ordina, prende, fa. Qualche volta può diventare arrogante. Ci vuole freddezza: attenzione alle parole. Quella sbagliata può provocare una situazione difficilissima. L'impatto con la macchina può essere devastante. Anche per mamma e papà. Genitori che hanno sempre pagato ogni multa, anche per microinfrazioni al codice stradale, si trovano la casa invasa da uomini in armi e cani lupo eccitati. Che possono buttare per aria l'appartamento alla ricerca della droga.

PREVENZIONE&ASSISTENZA
Parlare. Serve soprattutto parlare. Spiegare che, anche per una canna, si rischia tanto. E, nel caso di problemi con la legge, consultare un legale competente e preparato. Chiamarlo anche in piena notte o all'alba. Perché dev'essere presente durante la perquisizione. E in grado di consigliare il cliente per evitare che faccia dichiarazioni controproducenti. Deve poter sottolineare ai militari una serie di fatti che escludono l'ipotesi di spaccio, anche in presenza di una quantità di sostanza superiore ai limiti. Per evitare l'arresto, e per portare argomenti solidi davanti al giudice dell'udienza preliminare. E poi il perito. Se il materiale sequestrato ha un peso lordo, per esempio, di sei grammi, il perito di parte può (se le cose stanno così) dimostrare che sono molto deboli come potenza ed equivalgono a tre/quattro, dunque sotto il limite.

COSTI?
Ci vuole qualcuno con esperienza specifica, che conosca perfettamente la materia (la giurisprudenza, le sentenze della Cassazione). E questo può implicare parcelle per migliaia di euro. E anche il perito chimico dev'essere agguerrito: fino a tre/quattromila euro per indagini sofisticate.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da alessandro »

I suicidi di ragazzi "in libertà", non detenuti, nei guai per pochi grammi di hashish, sono una realtà a parte.
certo che ragazzini o ragazzi che si uccidono per qualche grammo ( e' in alcuni casi gravissimo per loro, puo' voler dire perdita del lavoro, sequestro dell'auto, rientro dal mutuo,... ) contro gente che condannata per mafia festeggia con cannoli.

c'e' veramente razzismo, come diceva un mio professore, la legge non e' uguale per tutti, perche' chi la conosce la puo' manovrare chi non la conosce la subisce.

per le droghe, io sono favorevole a cotrolli ma soprattutto a dialoghio nelle scuole, con poi, se beccati con pochi grammi, una tiratina d'orecchi in caserma con i genitori, credo sia piu' che sufficiente per dei ragazzini.

sono invece favorevole nel permetter ela coltivazione per piccole quantita' per uso personale.
roba "sana", si impara a coltivare e non si foraggia la malavita e si tira una linea netta tra fumo e altre sostanze ben piu' nocive.
tra parentesi io non fumo nemmeno il tabacco.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da picard »

Articolo vergognoso. Giustificazione per i poveretti che, "si fanno un tiro di canna", ma stiamo scherzando? Alessa', altro che tiratina d'orecchi, se a mio figlio non lo prendono a calci i carabinieri (metaforicamente, ma neanche, senza arrivare agli eccessi), lo faccio io...
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da pocaluce »

picard ha scritto:Articolo vergognoso. Giustificazione per i poveretti che, "si fanno un tiro di canna", ma stiamo scherzando? Alessa', altro che tiratina d'orecchi, se a mio figlio non lo prendono a calci i carabinieri (metaforicamente, ma neanche, senza arrivare agli eccessi), lo faccio io...
aspetta picard, un conto è quello che puoi desiderare tu per tuo figlio, sacrosanto e che nessuno si mette in dubbio di questionare, un altro è l'evidente criminalizzazione, oltre misura e non giustificata -oltre che squilibrata verso i "poveracci"- che si fa dell'uso di cannabis. essere trovati in possesso di 10 grammi di marijuana e 100 euro (ma anche meno) in contanti equivale a spaccio per la legge italiana: rispetto il tuo non essere d'accordo sulla materia "morale" però se una legga è eccessiva, punitiva oltre i veri demeriti di chi la infrange, va detto.
l'articolo è sicuramente buonista e troppo orientato a giustificare, però di sicuro solleva degli ottimi punti: quello dello spreco di forze dell'ordine per fare perquisizioni che spesso rilevano quantità minime, come quelle nelle scuole, la disparità di trattamento di chi viene trovato in esclusivo possesso di stupefacenti alla guida e la cui patente viene comunque ritirata, così, perché lo dice la legge, o la sproporzione su chi coltiva per uso proprio che viene trattato manco fosse al capone durante il proibizionismo...

poi è anche ovvio che purtroppo gli eccessi delle forze dell'ordine non riguardano solo i fermati per possesso, ma lì entriamo in altri discorsi.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da alessandro »

picard ha scritto:Articolo vergognoso. Giustificazione per i poveretti che, "si fanno un tiro di canna", ma stiamo scherzando? Alessa', altro che tiratina d'orecchi, se a mio figlio non lo prendono a calci i carabinieri (metaforicamente, ma neanche, senza arrivare agli eccessi), lo faccio io...
MA I CALCI NEL CU... OK, non so come mi comporterei io, ma qualcosa del genere. certo che veder un ragazzino buttato in carcere o rischaire 6 anni di galera per uno spinello o due piantine sul terrazzo, mi sembra spaventoso.

oiltre agli eccessi dei suicidi, senza arrivare a tanto, vedere il proprio figlio, magari perche' in auto con un amico che ha in tasca qualceh grammo di fumo, andare VERAMENTE in galera, non mi sembra proporzionato.

credo ceh portarlo in caserma, segnalazione, e affidarlo nelle amorevoli manio o piedi a secondo delle usanze, dei genitori sia la cosa migliore.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da picard »

alessandro ha scritto:
picard ha scritto:Articolo vergognoso. Giustificazione per i poveretti che, "si fanno un tiro di canna", ma stiamo scherzando? Alessa', altro che tiratina d'orecchi, se a mio figlio non lo prendono a calci i carabinieri (metaforicamente, ma neanche, senza arrivare agli eccessi), lo faccio io...
MA I CALCI NEL CU... OK, non so come mi comporterei io, ma qualcosa del genere. certo che veder un ragazzino buttato in carcere o rischaire 6 anni di galera per uno spinello o due piantine sul terrazzo, mi sembra spaventoso.
cosi' gli passa la voglia
alessandro ha scritto:oiltre agli eccessi dei suicidi, senza arrivare a tanto, vedere il proprio figlio, magari perche' in auto con un amico che ha in tasca qualceh grammo di fumo, andare VERAMENTE in galera, non mi sembra proporzionato.
mi pare che i 'poveretti' fossero solo quelli che ne hanno ammesso il possesso; se m io figlio fosse in macchina con uno di loro, verrebbero a casa, vedrebbero che non c'e' nulla e finirebbe li' (per quello che riguarda la legge, per quel che riguarda suo padre, inizierebbe appena)
alessandro ha scritto:credo ceh portarlo in caserma, segnalazione, e affidarlo nelle amorevoli manio o piedi a secondo delle usanze, dei genitori sia la cosa migliore.
vale nel caso di sopra, nel caso di possesso, vedi punto 1, cosi' gli passa la voglia
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da picard »

pocaluce ha scritto:
... essere trovati in possesso di 10 grammi di marijuana e 100 euro (ma anche meno) in contanti equivale a spaccio per la legge italiana: rispetto il tuo non essere d'accordo sulla materia "morale" però se una legga è eccessiva, punitiva oltre i veri demeriti di chi la infrange, va detto...
se lo sai che e' cosi', non metterti in quella situazione

Io lo so che ci sono i limiti di velocita', quando li ho superati, ho perso i punti della patente, ho pagato 1200 euro ma mica ho urlato alla legge carogna; mi sono guardato allo specchio e dato del deficiente da solo...
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da pocaluce »

picard, dire "gli passa la voglia" è relativo, perché si tratta della tua opinione. ribadisco, l'articolo poteva pure essere "paracùlo", però porta gli esempi di come è legislata la materia nelle altre nazioni e mi sembra che le differenze siano evidenti e parliamo di stati assimilabili all'italia come situazione socio-culturale.
prendere atto che esiste un fenomeno, fare una legge repressiva ogni oltre logica, constatare che i risultati non arrivano e che anzi, si creano delle situazioni ancora più gravi dovrebbe essere motivo sufficiente per poterne fare una riflessione e magari capire cosa c'è da modificare.
se lo sai che e' cosi', non metterti in quella situazione
Io lo so che ci sono i limiti di velocita', quando li ho superati, ho perso i punti della patente, ho pagato 1200 euro ma mica ho urlato alla legge carogna; mi sono guardato allo specchio e dato del deficiente da solo...
va bene, ma se per aver superato il limite invece che punti+multa, ti avessero imputato un capo di tentato omicidio (perché con la velocità elevata potevi potenzialmente uccidere qualcuno, la logica è quella...), portato in galera 2 notti, avviato un procedimento penale con quel che ne consegue sulla tua sfera privata (lavoro, famiglia, status sociale...), magari urlavi anche tu alla "legge carogna".
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da picard »

pocaluce, non e' che qui la legge si interpreta come vuole...'e se...' non vuol dire nulla. Il codice della strada dice che per le infrazioni di velocita' ci sono punti+patente, e basta (se non ammazzi qualcuno); la legge proibizionista dice che per lo spinello c'e' la galera. Punto.
Lo sai e ti adegui. Se il codice della strada prevedesse la galera, sicuramente andrei piu' piano; se, fregandomene, poi mi pizzicassero, finirei in galera conscio che ci sono finito per mia responsabilita'.

Appoggerei il tuo discorso se la legge fosse una lotteria: se ti va bene, multa, senno' galera. Ma, visto che lo sai che c'e' solo la galera (oltre certi limiti), non vedo la carognaggine dove sia...
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da alessandro »

picard, scusa, ma qui non stiamo discutendo se la norma e' chiara o meno.
non e' che la trovo ingiusta perche' uno dice "ohh non lo sapevo..." la trovo ingiusta perche' e' sproporzionata.
anzi, trovo sia piu' pericoloso (per te e per gli altri) andare ai 100 all'ora in una strada che ha il limite dei 50 che non farsi uno spinello.
e poi uno dovrebbe seguire certi comportamenti a prescindere dalla punizione prevista dalla legge.

se andare ai 100 mi danno 20 euro di multa me ne fotto, se ne danno 1000 ci penso e se minacciano la galera allora vado piano.


ultima cosa, per l'educazione di mio figlio, ceh magari per stupidita' giovanile, venga beccato con 3 grammi di fumo mentre va dagli amici, credo ceh passre 10 notti in compagnia di un mafioso rumeno, di un trafficante marocchino e un pappone non la vedo la cosa migliore. E cosi', magari, pregiudicare la possibilita' di fare carriera, o se e' piu' grande, di perdere il lavoro.
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Pindaro »

Eh ma si sa, si parte dalla canna e si finisce con l' invadere la Polonia.
E' aberrante l'ignoranza e la superficialità con la quale si affronta il tema delle droghe leggere e pesanti in questo paese.
Oltre che terroristica l'equiparazione che se ne fa.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Rosewall »

picard ha scritto:Alessa', altro che tiratina d'orecchi, se a mio figlio non lo prendono a calci i carabinieri (metaforicamente, ma neanche, senza arrivare agli eccessi), lo faccio io...
Pic, anche suggerire all'indiziato di non avvertire i genitori (ché magari rompono i co glioni trovando un buon avvocato) promettendogli di non informare la stampa, e il giorno seguente indire una conferenza stampa presentandolo come un narcotrafficante, ha un profondo valore educativo?
Dalla leggerezza poi con cui liquidi l'eventualità di finire in una caserma, da colpevole, ricavo che ti sei fatto un'immagine delle forze dell'ordine molto più vicina al commissario maigret che alla realtà. :wink: E da come poi sottovaluti le implicazioni insite nel farsi notti in cella comune, e nell'andare sotto processo, ricavo che anche la tua opinione sul nostro sistema carcerario e penale è giusto un filo ottimistica (e anche sulla stampa, via). Detto poi nel topic dedicato ad uno che è morto dopo essere stato pestato e non curato.

Quando si critica una legge che criminalizza comportamenti che si ritiene non dovrebbero essere criminalizzati (per le ragioni esposte nell'articolo e nei post di alessandro e pocaluce, che sottolineano l'inutilità, le ambiguità, gli effetti dannosi della legge fini-giovanardi) è anche utile far sapere in concreto che cosa talvolta (spesso?) comporta essere criminalizzati, cioè essere fermati, indagati, imputati, fatti oggetto di cronaca, qui e adesso (soprattutto per chi non può permettersi l'ottimo avvocato).

Sinceramente, non ci vedo niente di vergognoso nel criticare una legge, né tantomeno nel consigliare milioni di potenziali "criminali" su come avvalersi dei propri diritti.
pocaluce ha scritto:l'articolo è sicuramente buonista e troppo orientato a giustificare
effettivamente suona così, per quel tono un pò stupito con cui commenta fermi dettati dalla semplice applicazione di una legge dello stato, giusta o sbagliata che sia.
Ma la scelta stilistica credo dipenda dal taglio dell'articolo, che (legittimamente) non vuole presentarsi come fredda cronaca e analisi distaccata, ma cerca di colpire l'opinione pubblica (quindi pathos, racconto solo dalla voce delle vittime, svolgimento a tesi, prospettiva genitori-figli). E in questo non si può negargli una certa efficacia.
Lo fa comunque argomentando in modo onesto e documentato, soprattutto realistico.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
Lyndon79
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Re: La morte accidentale del detenuto Cucchi

Messaggio da Lyndon79 »

alessandro ha scritto:picard, scusa, ma qui non stiamo discutendo se la norma e' chiara o meno.
non e' che la trovo ingiusta perche' uno dice "ohh non lo sapevo..." la trovo ingiusta perche' e' sproporzionata.
Infatti:
Sinceramente, non ci vedo niente di vergognoso nel criticare una legge,
Le leggi vanno criticate, ci mancherebbe, dai. Devono essere discusse anche da noi, nella sfera pubblica,, e se del caso criticate. Anzi, sarebbe opportuno che fosse fatto più spesso, con più cognizione, e che il meccanismo funzionasse di più..
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