In Memoria
Re: In Memoria
"Amo Speranza" - alessandro
"Speranza è un grande politico, un grande statista" - alessandro
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Re: In Memoria
Il punto è che nella vita annullare il rischio è impossibile, anzi forse è il prezzo che devi pagare per vivere.uglygeek ha scritto:Il modo migliore per minimizzare il rischio non sarebbe stato non scalare El Captain senza imbracatura? E nemmeno con l'imbracatura?NNick87 ha scritto: Tutto profondamente diverso da quello che mi aspettavo, non è un irresponsabile o una persona che flirta con il rischio, ma che cerca di controllarlo e minimizzarlo (o addirittura annullarlo).
Poi certo, sono sicuro che fanno le cose con molta professionalita'. Ed e' vero che la valutazione del rischio non e' semplice. Avevo letto una volta un'intervista ad un "avventuriero" inglese, famoso in Gran Bretagna per imprese come traversate del deserto a piedi e cose simili, che diceva che lui amava il pericolo ma non era matto e non sarebbe mai andato in bicicletta a Londra.
Non sono sicuro che un alpinista esperto a scalare una parete difficilissima rischi più di una persona che conduce una vita normale. E' più rischioso fumare 40 sigarette al giorno, correre in auto per tornare da lavoro (chi non lo ha fatto?), fare il runner pizza a NY oppure è più rischioso per Hannold scalare El Captain senza imbracatura?
Prima di vedere quel TED ti avrei detto, la seconda. ma quando poi ho capito la professionalità con cui lo fanno ho sostanzialmente cambiato.
Diciamo che secondo me la sopravvalutazione del rischio nasce sopratutto dal fatto che si sottovalutano i rischi quotidiani.
E in un certo senso è un po' la stessa cosa che accade quando cade un aereo e si rimane colpiti dall'accaduto più di quando muore un automobilista la domenica. E' un inganno del nostro cervello che non ha tutti dati necessari per fare una valutazione completa.
Per non parlare del fatto che molte delle scoperte dell'umanità senza alzare l'asticella del rischio non sarebbero mai arrivate.
Comunque è un discorso complesso e affascinante in cui non c'è chi ha ragione o torto.
balbysauro ha scritto:scusa nickognito, ma continui ad aggirare il punto
Re: In Memoria
mah, il giudizio di chi è stato a ottomila metri è forse meno greve di quello di chi pontifica senza alcuna cognizione di causa stabilendo dal divano qual è il rapporto ammissibile fra rischio (che il giudicante quantifica per sentito dire) e beneficio (che il giudicante non sa qual è, non avendolo mai sperimentato).
Ma forse è altrettanto greve dal momento che neanche i colleghi possono calarsi nei panni di Nardi e Ballard (Wittgenstein scriveva che se un amico aspirante acrobata gli avesse chiesto consiglio, non l'avrebbe potuto nè incoraggiare nè dissuadere, non essendo lui un acrobata; ma anche se lo fosse stato, ogni acrobata ha un vissuto diverso dall'altro). Se (se) il movente di questa "follia" è l'ossessione e lo spirito di rivalsa, preferisco aiutarmi con Melville e Conrad piuttosto che imbattermi nella lezioncina di Simone Moro (il quale, mentre in silenzio i suoi colleghi rischiavano la pelle in SILENZIO per individuare i corpi, spiegava che i due ormai erano sotto milioni di metri cubi di ghiaccio - discreta ed evitabile figura di merda) linkata qui sopra:
Mi sembra mal celare un pistolotto (indelicato) dietro il parere tecnico (quando peraltro i due potrebbero essere morti NON per il fattore di super-rischio del Mummery: sei uno dei piú grandi alpinisti del globo e stai facendo barsport, caz zo).
Ma forse è altrettanto greve dal momento che neanche i colleghi possono calarsi nei panni di Nardi e Ballard (Wittgenstein scriveva che se un amico aspirante acrobata gli avesse chiesto consiglio, non l'avrebbe potuto nè incoraggiare nè dissuadere, non essendo lui un acrobata; ma anche se lo fosse stato, ogni acrobata ha un vissuto diverso dall'altro). Se (se) il movente di questa "follia" è l'ossessione e lo spirito di rivalsa, preferisco aiutarmi con Melville e Conrad piuttosto che imbattermi nella lezioncina di Simone Moro (il quale, mentre in silenzio i suoi colleghi rischiavano la pelle in SILENZIO per individuare i corpi, spiegava che i due ormai erano sotto milioni di metri cubi di ghiaccio - discreta ed evitabile figura di merda) linkata qui sopra:
ovvero, se non ti affretti a prendere le distanze dal collega suicida (come se il seracco sul collo di bottiglia del k2, o piú in generale le conseguenze sul tuo corpo nella zona della morte, siano rischi molto piú prevedibili e gestibili), chissà che combineranno i giovani alpinisti, signora mia, non diamo cattivi esempi.Moro ha scritto:Devi conoscere le condizioni della montagna e quello che può accadere quando si tenta un percorso, altrimenti non saremmo onesti con i giovani alpinisti che in futuro potrebbero prendere la decisione di tentare un progetto simile. Un invito, quindi, ai giovani che si avvicinano all’alpinismo a valutare bene il rischio: Sono stato sotto il Nanga Parbat in quattro spedizioni e ho visto ogni giorno le valanghe che cadevano sullo Sperone Mummery… fa paura. Ecco perché non l’ho mai provato. Non è che io non abbia le capacità tecniche
Mi sembra mal celare un pistolotto (indelicato) dietro il parere tecnico (quando peraltro i due potrebbero essere morti NON per il fattore di super-rischio del Mummery: sei uno dei piú grandi alpinisti del globo e stai facendo barsport, caz zo).
Ultima modifica di Rosewall il dom mar 10, 2019 8:46 pm, modificato 1 volta in totale.
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
Re: In Memoria
NNick87 ha scritto:E in un certo senso è un po' la stessa cosa che accade quando cade un aereo e si rimane colpiti dall'accaduto più di quando muore un automobilista la domenica. E' un inganno del nostro cervello che non ha tutti dati necessari per fare una valutazione completa.
Qui si torna un po' al discorso che si faceva a proposito dell'Isis e dei rischi di attentati ai mercatini natalizi.
Fossimo dei robot sarebbe giusto ragionare sempre in termini probabilistici e allora sì, fumare o scalare il K2 può darsi comporti lo stesso rischio di morte.
Il punto è che siamo umani e le nostre emozioni contano parecchio, fortunatamente. Perchè si prendono così tante precauzioni per la sicurezza negli aeroporti e di meno per prevenire le morti nella vasca da bagno che pure sono statisticamente molto più frequenti? Perchè morire precipitando da 10mila metri è più terrorizzante che farlo scivolando sotto la doccia. Allo stesso modo è molto più terrificante la prospettiva di essere colpiti mentre siamo più vulnerabili, ad esempio quando siamo con le nostre famiglie in luoghi che nella nostra mente vengono ricollegati a pace e serenità, per questo si rafforza la sorveglianza nei luoghi a rischio terrorismo.
Come scrivevo sopra vale su tutti l'esempio dell'aviazione moderna. Senza il coraggio di chi si cimentava nei primi voli oggi non esisterebbe la possibilità di girare il mondo.Nnick87 ha scritto:Per non parlare del fatto che molte delle scoperte dell'umanità senza alzare l'asticella del rischio non sarebbero mai arrivate.
Ma nel caso di attività come queste quale beneficio ne ricava l'umanità? Improbabile che ci si ritrovi a dover un giorno vivere a 6000 metri di quota, dunque si rimane nel campo della sfida contro sé stessi per la quale valgono le considerazioni sopra espresse: giusto anteporre le proprie passioni, per quanto nobili, a famiglia, figli?
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Re: In Memoria
.Rosewall ha scritto:mah, il giudizio di chi è stato a ottomila metri è forse meno greve di quello di chi pontifica senza alcuna cognizione di causa stabilendo dal divano qual è il rapporto ammissibile fra rischio (che il giudicante quantifica per sentito dire) e beneficio (che il giudicante non sa qual è, non avendolo mai sperimentato).
Ma forse è altrettanto greve dal momento che neanche i colleghi possono calarsi nei panni di Nardi e Ballard (Wittgenstein scriveva che se un amico aspirante acrobata gli avesse chiesto consiglio, non l'avrebbe potuto nè incoraggiare nè dissuadere, non essendo lui un acrobata; ma anche se lo fosse stato, ogni acrobata ha un vissuto diverso dall'altro). Se (se) il movente di questa "follia" è l'ossessione e lo spirito di rivalsa, preferisco aiutarmi con Melville e Conrad piuttosto che imbattermi nella lezioncina di Simone Moro (il quale, mentre in silenzio i suoi colleghi rischiavano la pelle in SILENZIO per individuare i corpi, spiegava che i due ormai erano sotto milioni di metri cubi di ghiaccio - discreta ed evitabile figura di merda) linkata qui sopra:
ovvero, se non ti affretti a prendere le distanze dal collega suicida (come se il seracco sul collo di bottiglia del k2, o piú in generale le conseguenze sul tuo corpo nella zona della morte, siano rischi molto piú prevedibili e gestibili), chissà che combineranno i giovani alpinisti, signora mia, non diamo cattivi esempi.Moro ha scritto:Devi conoscere le condizioni della montagna e quello che può accadere quando si tenta un percorso, altrimenti non saremmo onesti con i giovani alpinisti che in futuro potrebbero prendere la decisione di tentare un progetto simile. Un invito, quindi, ai giovani che si avvicinano all’alpinismo a valutare bene il rischio: Sono stato sotto il Nanga Parbat in quattro spedizioni e ho visto ogni giorno le valanghe che cadevano sullo Sperone Mummery… fa paura. Ecco perché non l’ho mai provato. Non è che io non abbia le capacità tecniche
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Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
Re: In Memoria
Comunque qua c'è la sua ultima intervista....
https://www.mediasetplay.mediaset.it/ar ... 00696_a895
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Re: In Memoria
Penso che il rischio di una scalata sia enormemente maggiore di ogni altro rischio (o quasi) che si corre nella vita quotidiana.NNick87 ha scritto:Il punto è che nella vita annullare il rischio è impossibile, anzi forse è il prezzo che devi pagare per vivere.uglygeek ha scritto:Il modo migliore per minimizzare il rischio non sarebbe stato non scalare El Captain senza imbracatura? E nemmeno con l'imbracatura?NNick87 ha scritto: Tutto profondamente diverso da quello che mi aspettavo, non è un irresponsabile o una persona che flirta con il rischio, ma che cerca di controllarlo e minimizzarlo (o addirittura annullarlo).
Poi certo, sono sicuro che fanno le cose con molta professionalita'. Ed e' vero che la valutazione del rischio non e' semplice. Avevo letto una volta un'intervista ad un "avventuriero" inglese, famoso in Gran Bretagna per imprese come traversate del deserto a piedi e cose simili, che diceva che lui amava il pericolo ma non era matto e non sarebbe mai andato in bicicletta a Londra.
Non sono sicuro che un alpinista esperto a scalare una parete difficilissima rischi più di una persona che conduce una vita normale. E' più rischioso fumare 40 sigarette al giorno, correre in auto per tornare da lavoro (chi non lo ha fatto?), fare il runner pizza a NY oppure è più rischioso per Hannold scalare El Captain senza imbracatura?
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Re: In Memoria
anche quello di guardare un'intervista a Toninelli?sacco ha scritto: Penso che il rischio di una scalata sia enormemente maggiore di ogni altro rischio (o quasi) che si corre nella vita quotidiana.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
Re: In Memoria
Già, chissà se lo considererà un eroe oppure un grandissimo egoista/megalomane/irresponsabile mancato a causa di ossessione/capriccio/mania di onnipotenza...Burano ha scritto:Non so se lo troverà rispettabile suo figlio in età della ragione.
La contrapposizione della mia frase non sottende una posizione bensì immagino siano i due estremi in cui il pensiero sul padre si collocherà.
Comunque meglio un genitore mai conosciuto di uno morto in giovane età.
tennisfan82 ha scritto:Per il calcio tutto è consentito.
Villo ha scritto:Questo sport dà una chance a tutti.
Horst Tappert ha scritto:Il mio personaggio piace perché rappresenta l'ordine.
chiaky ha scritto:Sempre meglio il tuo pene su onlyfans che la faccia di Speranza in televisione.
Re: In Memoria
ApplausiPINDARO ha scritto:
Queste persone non vogliono dirci niente.
Un alpinista, come un surfista, come chiunque affronti discese ardite e risalite, cerca la realizzazione , il senso della vita, l'appagamento nell'affrontare la neve, le altezze, le onde, le maree, o qualsiasi altro elemento.
E mette in preventivo la possibilità di lasciarci la pelle. Il corollario di notizie, di commenti alle notizie, di commenti ai commenti alle notizie, è irrilevante. E non hanno bisogno nemmeno della stima altrui, confidando nella stima in se stessi.
La vita umana ognuno la può vivere come vuole. Dandole il significato che vuole.
I due alpinisti potevano decidere di vivere la loro vita stando attaccati ad uno smartphone 24 ore al giorno e pensando solo a copulare, mangiare e cagare. E potevano morire cadendo dalla scala mentre cercavano di appendere un quadro. La differenza è che in questo caso nessuno si sarebbe permesso di giudicare la loro morte. Oltre che la loro vita.
djagermaister ha scritto:Dzumhur è il troll che controlla il ponte tra i challenger e gli Atp.
.
dsdifr ha scritto:Nel primo set della messa lei dichiarerà di voler sposare Istomin, poi piano piano Andreas riguadagnerà' terreno fino al lieto fine.
Re: In Memoria
A questo punto, se è greve il commento di Moro (proveniente da tecnico e essere umano, presumo), non è meno greve il commento sul commento di Moro (proveniente da essere umano, presumo), nell'eterna ghirlanda brillante del ditino alzato sopra il ditino alzato, fino a contercersi in un intreccio di ditiRosewall ha scritto:mah, il giudizio di chi è stato a ottomila metri è forse meno greve di quello di chi pontifica senza alcuna cognizione di causa stabilendo dal divano qual è il rapporto ammissibile fra rischio (che il giudicante quantifica per sentito dire) e beneficio (che il giudicante non sa qual è, non avendolo mai sperimentato).
Ma forse è altrettanto greve dal momento che neanche i colleghi possono calarsi nei panni di Nardi e Ballard (Wittgenstein scriveva che se un amico aspirante acrobata gli avesse chiesto consiglio, non l'avrebbe potuto nè incoraggiare nè dissuadere, non essendo lui un acrobata; ma anche se lo fosse stato, ogni acrobata ha un vissuto diverso dall'altro). Se (se) il movente di questa "follia" è l'ossessione e lo spirito di rivalsa, preferisco aiutarmi con Melville e Conrad piuttosto che imbattermi nella lezioncina di Simone Moro (il quale, mentre in silenzio i suoi colleghi rischiavano la pelle in SILENZIO per individuare i corpi, spiegava che i due ormai erano sotto milioni di metri cubi di ghiaccio - discreta ed evitabile figura di merda) linkata qui sopra:
ovvero, se non ti affretti a prendere le distanze dal collega suicida (come se il seracco sul collo di bottiglia del k2, o piú in generale le conseguenze sul tuo corpo nella zona della morte, siano rischi molto piú prevedibili e gestibili), chissà che combineranno i giovani alpinisti, signora mia, non diamo cattivi esempi.Moro ha scritto:Devi conoscere le condizioni della montagna e quello che può accadere quando si tenta un percorso, altrimenti non saremmo onesti con i giovani alpinisti che in futuro potrebbero prendere la decisione di tentare un progetto simile. Un invito, quindi, ai giovani che si avvicinano all’alpinismo a valutare bene il rischio: Sono stato sotto il Nanga Parbat in quattro spedizioni e ho visto ogni giorno le valanghe che cadevano sullo Sperone Mummery… fa paura. Ecco perché non l’ho mai provato. Non è che io non abbia le capacità tecniche
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Ultima modifica di Gios il lun mar 11, 2019 9:25 am, modificato 1 volta in totale.
Re: In Memoria
pure far passare Moro come l'ultimo dei leoni da tastiera ...
tra l'altro dice le stesse cose di Messner, solo un po' più crude
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Re: In Memoria
Ho trovato i tuoi ultimi post molto belli,come in generale tutta la discussione sulla tematica.chiaky ha scritto:Intanto Messner dichiara di aver più volte detto a Nardi di non andare, e pur nel cordoglio afferma che tentare di attraversare quello sperone è "un atto stupido più che eroico".
D'altra parte le ultime interviste a Nardi prima di partire mi avevano colpito perché parevano una sorta di testamento, con tanto di raccomandazioni al figlio per quando sarà grande. Insomma, probabilmente Nardi era ben consapevole di stare sfidando in destino in modo irrazionale ma nonostante questo c'era qualcosa che gli impediva di abbandonare il proposito. Vuoi l'eroismo, vuoi una ragione di vita, vuoi la volontà di entrare nella storia, vuoi il senso di rivalsa, vuoi una semplice fissazione. Non lo sapremo mai davvero..
Interessante come parlandone con mio padre ,appassionato di Montagna (normale , non ghiacciai ot similia) mentre io consideravo l'accaduto come una specie di inarrestabile follia (il qualcosa che ti spinge a fare qualcosa pur sapendo che andrà male) dal suo punto di vista il comportamento di Nardi era assolutamente comprensibile , figlio dell'impossibilità/inutilità del vivere in assenza di certe emozioni lassù provate.
Una cosa certa (sontata anzi) è che certo le Passioni ,siano più o meno ossessivamente vissute, rappresentano Comunque una fuga da altre realtà ,se non dalla realtà stessa in genere , sostituendovi/centralizzando l'oggetto del proprio interesse.
Il che non vuol dire che queste persone siano alienate etc, anzi spesso sono socialmente capaci e (forse apparentemente) ben inserite, relazioni, figli, visibilità sociale, capacità di spingere altre persone verso i propri interessi ,ma tutto questo secondo aspetto resta comunque secondario .
Chiamato a scegliere fra suo figlio e quella Scalata, Nardi non ha, né avrebbe avuto dubbi ,come tanti altri alpinisti, speleologi, sub etc avrebbe comunque scelto il rischio.
Beh ma è ovvio,mica parliamo di suicidi, pure Nardi avrebbe preferito vivere , minimizzano il rischio nel massimo consentito ,parliamo di gente che pensa ogni singolo momento della giornata a quello che andrà a fare.Nnick87 ha scritto:Tempo fa ho visto questo TED di Alex Honnold, primo uomo a scalare El Captain senza imbracatura. Qualche giorno fa poi l'ho visto con un Oscar in mano e ho scoperto che su quella scalata ci hanno fatto un documentario che ha vinto proprio l'Oscar quest'anno.
Al di la di questo mi ha colpito la meticolosità con cui ha preparato quella singola scalata. L'ha scalato molte volte imbracato studiando il percorso, ha memorizzato il percorso e tutti gli appigli/appoggi (scusate ma non so come si dice), ha visualizzato il percorso con tecniche di visualizzazione e - questo è quello che ho trovato più assurdo - per 6 mesi ha fatto uno streatching specifico per riuscire a sollevare la gamba e avere un appoggio saldo in un determinato punto della scalata.
Tutto profondamente diverso da quello che mi aspettavo, non è un irresponsabile o una persona che flirta con il rischio, ma che cerca di controllarlo e minimizzarlo (o addirittura annullarlo).
Ma certo c'è una certa differenza fra Nadal che dopo un 64 61 non è contento del suo diritto e prenota un campo per allenarlo due ore il giorno stesso, Kobe che sta un anno e più ad ascoltarsi Don't Stop Believin per prepararsi ad una vendetta (e parliamo di due massimi esempi mondiali di preparazione/fanatismo) ed il rischio Vero della propria esistenza .
Sul Tema, trovai interessantissimo La Morte Sospesa, su una vicenda accaduta sul Siula Grande, se rammento bene.
F.F.
“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: In Memoria
Il fatto e' che di certe morti se ne parla in primo luogo, mi pare, non per condannare certi rischi, ma per esaltarli.
Personalmente troverei piu'interessanti articoli che mi dicono 'Mario Rossi cade mentre avvita una lampadina dopo aver visto la tv sul divano 10 ore' che non 'muore scalando la tale montagna, sciando nel vuoto, buttandosi nel precipizio per fare il record del mondo' o altre del genere.
Certe morti finiscono in prima pagina perche' si vuole parlare di grande imprese impossibili, celebrare grandi rischi, e cosi'via. In questo contesto, poi, qualcuno questi rischi li condanna.
E'vero, chiunque faccia quel che gli pare. Pero'poi ci sono dei modelli da seguire o da non seguire. E scelte di chi parlare o di chi non parlare.
A me non piace molto il modello di chi rischia la vita per unímpresa che non serve a nulla. Non critico affatto questa scelta, la capisco anche, ma sono ben contento che ci siano professionisti del settore che ci spiegano quanto rischiose e da non tentare siano certe imprese.
Poi ovviamente va benissimo rischiare la vita per una impresa sportiva come rischiarla facendosi di eroina per godersi pero'dei bei momenti. Diciamo che il giorno che sul giornale uscisse un articolo del tipo 'morti due grandi eroinomani che son riusciti a godersi l'esaltazione della droga come nessun altro prima!'sarei ben contento se uscisse un articolo di un altro drogato che mi spiegasse che uno puo' magari farsi delle canne e prendesi dei funghetti e goderseli senza metttere a repentaglio la propria vita.
Poi il rispetto per le grandi passioni e i grandi rischi va benissimo, il problema e' che viviamo in un mondo in cui i grandi sportivi che rischiano la vita non sono solo rispettati, ma celebrati. E a quel punto mi sembra non solo giusto, ma doveroso, spiegare la differenza tra una impresa sportiva con qualche rischio e una mezza follia. Sempre ovviamente nel rispetto di chi fa certe scelte.
Personalmente troverei piu'interessanti articoli che mi dicono 'Mario Rossi cade mentre avvita una lampadina dopo aver visto la tv sul divano 10 ore' che non 'muore scalando la tale montagna, sciando nel vuoto, buttandosi nel precipizio per fare il record del mondo' o altre del genere.
Certe morti finiscono in prima pagina perche' si vuole parlare di grande imprese impossibili, celebrare grandi rischi, e cosi'via. In questo contesto, poi, qualcuno questi rischi li condanna.
E'vero, chiunque faccia quel che gli pare. Pero'poi ci sono dei modelli da seguire o da non seguire. E scelte di chi parlare o di chi non parlare.
A me non piace molto il modello di chi rischia la vita per unímpresa che non serve a nulla. Non critico affatto questa scelta, la capisco anche, ma sono ben contento che ci siano professionisti del settore che ci spiegano quanto rischiose e da non tentare siano certe imprese.
Poi ovviamente va benissimo rischiare la vita per una impresa sportiva come rischiarla facendosi di eroina per godersi pero'dei bei momenti. Diciamo che il giorno che sul giornale uscisse un articolo del tipo 'morti due grandi eroinomani che son riusciti a godersi l'esaltazione della droga come nessun altro prima!'sarei ben contento se uscisse un articolo di un altro drogato che mi spiegasse che uno puo' magari farsi delle canne e prendesi dei funghetti e goderseli senza metttere a repentaglio la propria vita.
Poi il rispetto per le grandi passioni e i grandi rischi va benissimo, il problema e' che viviamo in un mondo in cui i grandi sportivi che rischiano la vita non sono solo rispettati, ma celebrati. E a quel punto mi sembra non solo giusto, ma doveroso, spiegare la differenza tra una impresa sportiva con qualche rischio e una mezza follia. Sempre ovviamente nel rispetto di chi fa certe scelte.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: In Memoria
Pienamente d'accordo (violando così il Primo comandamento di My Mag).Nickognito ha scritto:Il fatto e' che di certe morti se ne parla in primo luogo, mi pare, non per condannare certi rischi, ma per esaltarli.
Personalmente troverei piu'interessanti articoli che mi dicono 'Mario Rossi cade mentre avvita una lampadina dopo aver visto la tv sul divano 10 ore' che non 'muore scalando la tale montagna, sciando nel vuoto, buttandosi nel precipizio per fare il record del mondo' o altre del genere.
Certe morti finiscono in prima pagina perche' si vuole parlare di grande imprese impossibili, celebrare grandi rischi, e cosi'via. In questo contesto, poi, qualcuno questi rischi li condanna.
E'vero, chiunque faccia quel che gli pare. Pero'poi ci sono dei modelli da seguire o da non seguire. E scelte di chi parlare o di chi non parlare.
A me non piace molto il modello di chi rischia la vita per unímpresa che non serve a nulla. Non critico affatto questa scelta, la capisco anche, ma sono ben contento che ci siano professionisti del settore che ci spiegano quanto rischiose e da non tentare siano certe imprese.
Poi ovviamente va benissimo rischiare la vita per una impresa sportiva come rischiarla facendosi di eroina per godersi pero'dei bei momenti. Diciamo che il giorno che sul giornale uscisse un articolo del tipo 'morti due grandi eroinomani che son riusciti a godersi l'esaltazione della droga come nessun altro prima!'sarei ben contento se uscisse un articolo di un altro drogato che mi spiegasse che uno puo' magari farsi delle canne e prendesi dei funghetti e goderseli senza metttere a repentaglio la propria vita.
Poi il rispetto per le grandi passioni e i grandi rischi va benissimo, il problema e' che viviamo in un mondo in cui i grandi sportivi che rischiano la vita non sono solo rispettati, ma celebrati. E a quel punto mi sembra non solo giusto, ma doveroso, spiegare la differenza tra una impresa sportiva con qualche rischio e una mezza follia. Sempre ovviamente nel rispetto di chi fa certe scelte.
F.F.
“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
Re: In Memoria
In quello che dici mi viene in mente un lavoro teatrale di Baricco sull'Iliade (qui si trova qualcosa): ad un certo punto parla di quanto ci sia di sbagliato nell'Iliade, in questa sua perpetua esaltazione della forza (vedi Simone Weil), e di come molti di noi (e molti nel passato) abbiano subito (e subiscano) questa fascinazione di questo ideale brutale, severo, feroce. Dice insomma che la bellezza dell'architettura rischia di farci dimenticare quanto il contenuto sia censurabile, e del rischio che questo comporti (Alessandro Magno, si sa, portava l'Iliade sotto il cuscino).Nickognito ha scritto:Il fatto e' che di certe morti se ne parla in primo luogo, mi pare, non per condannare certi rischi, ma per esaltarli.
Personalmente troverei piu'interessanti articoli che mi dicono 'Mario Rossi cade mentre avvita una lampadina dopo aver visto la tv sul divano 10 ore' che non 'muore scalando la tale montagna, sciando nel vuoto, buttandosi nel precipizio per fare il record del mondo' o altre del genere.
Certe morti finiscono in prima pagina perche' si vuole parlare di grande imprese impossibili, celebrare grandi rischi, e cosi'via. In questo contesto, poi, qualcuno questi rischi li condanna.
E'vero, chiunque faccia quel che gli pare. Pero'poi ci sono dei modelli da seguire o da non seguire. E scelte di chi parlare o di chi non parlare.
A me non piace molto il modello di chi rischia la vita per unímpresa che non serve a nulla. Non critico affatto questa scelta, la capisco anche, ma sono ben contento che ci siano professionisti del settore che ci spiegano quanto rischiose e da non tentare siano certe imprese.
Poi ovviamente va benissimo rischiare la vita per una impresa sportiva come rischiarla facendosi di eroina per godersi pero'dei bei momenti. Diciamo che il giorno che sul giornale uscisse un articolo del tipo 'morti due grandi eroinomani che son riusciti a godersi l'esaltazione della droga come nessun altro prima!'sarei ben contento se uscisse un articolo di un altro drogato che mi spiegasse che uno puo' magari farsi delle canne e prendesi dei funghetti e goderseli senza metttere a repentaglio la propria vita.
Poi il rispetto per le grandi passioni e i grandi rischi va benissimo, il problema e' che viviamo in un mondo in cui i grandi sportivi che rischiano la vita non sono solo rispettati, ma celebrati. E a quel punto mi sembra non solo giusto, ma doveroso, spiegare la differenza tra una impresa sportiva con qualche rischio e una mezza follia. Sempre ovviamente nel rispetto di chi fa certe scelte.
Capisco la sua posizione, e mi pare ragionevole anche la tua che, ceteris paribus, suggerisce la non celebrazione di modelli "spericolati": tuttavia non posso resistere (ci sarà, in questo, una -filia che sconfina in -mania) al piacere di leggere dei corpi trapassati e straziati dell'Iliade, a sentire come respirino anche da morti con più vigore (anche se già Achille, nell'Odissea, morto, ha una visione che non doveva essere poi così diversa dalla tua, a quel punto ), e non posso resistere di leggere con qualche ammirazione delle futili imprese sportive.
Re: In Memoria
Infatti Moro e Messner hanno sostanzialmente detto che l'alpinista bravo è anche prudente e che magari certe imprese impossibili non dovrebbero più essere ripetute in futuro. Questo rispettando la scelta di Nardi, una scelta che comunque sarebbe meglio non venisse emulata e presa ad esempio in futuro.Nickognito ha scritto:Il fatto e' che di certe morti se ne parla in primo luogo, mi pare, non per condannare certi rischi, ma per esaltarli.
Personalmente troverei piu'interessanti articoli che mi dicono 'Mario Rossi cade mentre avvita una lampadina dopo aver visto la tv sul divano 10 ore' che non 'muore scalando la tale montagna, sciando nel vuoto, buttandosi nel precipizio per fare il record del mondo' o altre del genere.
Certe morti finiscono in prima pagina perche' si vuole parlare di grande imprese impossibili, celebrare grandi rischi, e cosi'via. In questo contesto, poi, qualcuno questi rischi li condanna.
E'vero, chiunque faccia quel che gli pare. Pero'poi ci sono dei modelli da seguire o da non seguire. E scelte di chi parlare o di chi non parlare.
A me non piace molto il modello di chi rischia la vita per unímpresa che non serve a nulla. Non critico affatto questa scelta, la capisco anche, ma sono ben contento che ci siano professionisti del settore che ci spiegano quanto rischiose e da non tentare siano certe imprese.
Poi ovviamente va benissimo rischiare la vita per una impresa sportiva come rischiarla facendosi di eroina per godersi pero'dei bei momenti. Diciamo che il giorno che sul giornale uscisse un articolo del tipo 'morti due grandi eroinomani che son riusciti a godersi l'esaltazione della droga come nessun altro prima!'sarei ben contento se uscisse un articolo di un altro drogato che mi spiegasse che uno puo' magari farsi delle canne e prendesi dei funghetti e goderseli senza metttere a repentaglio la propria vita.
Poi il rispetto per le grandi passioni e i grandi rischi va benissimo, il problema e' che viviamo in un mondo in cui i grandi sportivi che rischiano la vita non sono solo rispettati, ma celebrati. E a quel punto mi sembra non solo giusto, ma doveroso, spiegare la differenza tra una impresa sportiva con qualche rischio e una mezza follia. Sempre ovviamente nel rispetto di chi fa certe scelte.
Comunque continua a sconvolgermi abbastanza il fatto che la morte sia molto probabilmente avvenuta per il freddo (ricordiamo che a quell'altezza la temperatura arriva anche a -30 o oltre), cosa su cui gli alpinisti, in teoria, sono abbastanza attrezzati, e non per le valanghe che sono poi il maggior pericolo di quello sperone.
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Re: In Memoria
Ma questa ammirazione e' anche lecita. E preferirei meno film su supereroi che non meno celebrazioni sportive, alla fine. Il fatto che si rispetti questa ammirazione ma, al contempo, si pubblichino rispettabili articoli dove si spiega la differenza tra impresa e follia mi sembra del tutto positivo, tutto qua. Ben vengano i Moro, i Messner, mi sembra buon giornalismo.Gios ha scritto:
Capisco la sua posizione, e mi pare ragionevole anche la tua che, ceteris paribus, suggerisce la non celebrazione di modelli "spericolati": tuttavia non posso resistere (ci sarà, in questo, una -filia che sconfina in -mania) al piacere di leggere dei corpi trapassati e straziati dell'Iliade, a sentire come respirino anche da morti con più vigore (anche se già Achille, nell'Odissea, morto, ha una visione che non doveva essere poi così diversa dalla tua, a quel punto ), e non posso resistere di leggere con qualche ammirazione delle futili imprese sportive.
Poi appunto, l'ammirazione e' lecita, ma il mio sogno e' quello in cui si ammirno gli umili. In cui il modello che va di moda e'quello per cui he possano ridere delle loro passioni. Infatti ciò che chiamiamo passione in realtà non è energia spirituale, ma solo attrito tra l'animo e il mondo esterno. E soprattutto che possano credere in se stessi... e che diventino indifesi come bambini, perché la debolezza è potenza, e la forza è niente. Quando l'uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido, così come l'albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagni della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza, ciò che si è irrigidito non vincerà.
Piu' in generale, in un mondo in cui finalmente si parla di vivere una femminilita'che non sia solo legata al modello sell aprincipessa bambolina che si fa bella per essere salvata dal principe azzurro, mi piacerebbe un mondo in cui il maschio non abbia piu'il mito dell'impresa e della forza.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
Re: In Memoria
Anche se fosse davvero per il freddo, ciò non esclude che successivamente sarebbe arrivata una valanga a spazzarli via quindi in un certo senso la morte è stata solo anticipata tramite causa meno probabile tra le due.
tennisfan82 ha scritto:Per il calcio tutto è consentito.
Villo ha scritto:Questo sport dà una chance a tutti.
Horst Tappert ha scritto:Il mio personaggio piace perché rappresenta l'ordine.
chiaky ha scritto:Sempre meglio il tuo pene su onlyfans che la faccia di Speranza in televisione.
Re: In Memoria
In ogni caso la dinamica che ha portato alla morte dei due scalatori è tutta da capire. Ora prende quota anche la possibilità che sia stata una banale caduta dalla parete, come potrebbe succedere su una qualunque montagana anche "facile". Perchè in effetti i due ragazzi sono stati trovati piuttosto al di sotto dell'ultima posizione che avevano comunicato nell'ultimo contatto radio.Monheim ha scritto:Anche se fosse davvero per il freddo, ciò non esclude che successivamente sarebbe arrivata una valanga a spazzarli via quindi in un certo senso la morte è stata solo anticipata tramite causa meno probabile tra le due.
https://www.radioluna.it/news/2019/03/d ... e-ovunque/
A questo punto c'è solo da sperare che, col minimo dei rischi, si riescano a recuperare i corpi e dare loro una degna sepoltura.
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Re: In Memoria
Condivido in toto.Nickognito ha scritto:Il fatto e' che di certe morti se ne parla in primo luogo, mi pare, non per condannare certi rischi, ma per esaltarli.
Personalmente troverei piu'interessanti articoli che mi dicono 'Mario Rossi cade mentre avvita una lampadina dopo aver visto la tv sul divano 10 ore' che non 'muore scalando la tale montagna, sciando nel vuoto, buttandosi nel precipizio per fare il record del mondo' o altre del genere.
Certe morti finiscono in prima pagina perche' si vuole parlare di grande imprese impossibili, celebrare grandi rischi, e cosi'via. In questo contesto, poi, qualcuno questi rischi li condanna.
E'vero, chiunque faccia quel che gli pare. Pero'poi ci sono dei modelli da seguire o da non seguire. E scelte di chi parlare o di chi non parlare.
A me non piace molto il modello di chi rischia la vita per unímpresa che non serve a nulla. Non critico affatto questa scelta, la capisco anche, ma sono ben contento che ci siano professionisti del settore che ci spiegano quanto rischiose e da non tentare siano certe imprese.
Poi ovviamente va benissimo rischiare la vita per una impresa sportiva come rischiarla facendosi di eroina per godersi pero'dei bei momenti. Diciamo che il giorno che sul giornale uscisse un articolo del tipo 'morti due grandi eroinomani che son riusciti a godersi l'esaltazione della droga come nessun altro prima!'sarei ben contento se uscisse un articolo di un altro drogato che mi spiegasse che uno puo' magari farsi delle canne e prendesi dei funghetti e goderseli senza metttere a repentaglio la propria vita.
Poi il rispetto per le grandi passioni e i grandi rischi va benissimo, il problema e' che viviamo in un mondo in cui i grandi sportivi che rischiano la vita non sono solo rispettati, ma celebrati. E a quel punto mi sembra non solo giusto, ma doveroso, spiegare la differenza tra una impresa sportiva con qualche rischio e una mezza follia. Sempre ovviamente nel rispetto di chi fa certe scelte.
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Re: In Memoria
Boh? La critica a Moro non la capisco molto.Rosewall ha scritto:mah, il giudizio di chi è stato a ottomila metri è forse meno greve di quello di chi pontifica senza alcuna cognizione di causa stabilendo dal divano qual è il rapporto ammissibile fra rischio (che il giudicante quantifica per sentito dire) e beneficio (che il giudicante non sa qual è, non avendolo mai sperimentato).
Ma forse è altrettanto greve dal momento che neanche i colleghi possono calarsi nei panni di Nardi e Ballard (Wittgenstein scriveva che se un amico aspirante acrobata gli avesse chiesto consiglio, non l'avrebbe potuto nè incoraggiare nè dissuadere, non essendo lui un acrobata; ma anche se lo fosse stato, ogni acrobata ha un vissuto diverso dall'altro). Se (se) il movente di questa "follia" è l'ossessione e lo spirito di rivalsa, preferisco aiutarmi con Melville e Conrad piuttosto che imbattermi nella lezioncina di Simone Moro (il quale, mentre in silenzio i suoi colleghi rischiavano la pelle in SILENZIO per individuare i corpi, spiegava che i due ormai erano sotto milioni di metri cubi di ghiaccio - discreta ed evitabile figura di merda) linkata qui sopra:
ovvero, se non ti affretti a prendere le distanze dal collega suicida (come se il seracco sul collo di bottiglia del k2, o piú in generale le conseguenze sul tuo corpo nella zona della morte, siano rischi molto piú prevedibili e gestibili), chissà che combineranno i giovani alpinisti, signora mia, non diamo cattivi esempi.Moro ha scritto:Devi conoscere le condizioni della montagna e quello che può accadere quando si tenta un percorso, altrimenti non saremmo onesti con i giovani alpinisti che in futuro potrebbero prendere la decisione di tentare un progetto simile. Un invito, quindi, ai giovani che si avvicinano all’alpinismo a valutare bene il rischio: Sono stato sotto il Nanga Parbat in quattro spedizioni e ho visto ogni giorno le valanghe che cadevano sullo Sperone Mummery… fa paura. Ecco perché non l’ho mai provato. Non è che io non abbia le capacità tecniche
Mi sembra mal celare un pistolotto (indelicato) dietro il parere tecnico (quando peraltro i due potrebbero essere morti NON per il fattore di super-rischio del Mummery: sei uno dei piú grandi alpinisti del globo e stai facendo barsport, caz zo).
Moro non è che ha diramato un comunicato ufficiale in cui spiegava quanto sono stati pirla i Nardi e Ballard.
Moro ha gentilmente risposto a un giornalista che gli chiedeva il suo parere da esperto, essendo uno dei pochi che ha l'esperienza e la conoscenza di quel mondo, sulla situazione di Nardi e Ballard. E dice una frase di buon senso e non da bar sport: quel percorso è ad altissimo rischio e il dubbio che i due abbiano sottostimato il rischio visto che in 125 anni nessun alpinista ha preso in considerazione quel percorso è lecito.
"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
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Re: In Memoria
L'alpinista flirta sempre con la morte, ma quella di Nardi e Ballard era veramente una missione suicida
Ti piace il doppio? Preferisco il threesome
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Re: In Memoria
Mi sembra un po' come criticare Burioni se qualcuno gli va a chiedere un parere su una persona non vaccinata deceduta per sospetto morbillo e quello risponde che se non ti vaccini questi rischi li corri.paoolino ha scritto: Boh? La critica a Moro non la capisco molto.
Moro non è che ha diramato un comunicato ufficiale in cui spiegava quanto sono stati pirla i Nardi e Ballard.
Moro ha gentilmente risposto a un giornalista che gli chiedeva il suo parere da esperto, essendo uno dei pochi che ha l'esperienza e la conoscenza di quel mondo, sulla situazione di Nardi e Ballard. E dice una frase di buon senso e non da bar sport: quel percorso è ad altissimo rischio e il dubbio che i due abbiano sottostimato il rischio visto che in 125 anni nessun alpinista ha preso in considerazione quel percorso è lecito.
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Re: In Memoria
paoolino ha scritto: Mi sembra un po' come criticare Burian se qualcuno gli va a chiedere un parere sulle 20 palle break non sfruttate da Roger e quello risponde che se giochi con Verdasco e non con Nadal, questi rischi li corri.
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Re: In Memoria
Lo sgradevole Moro, chiacchierone come al solito, dice a parole che magari li va pure a riprendere, quei due.
Re: In Memoria
Le cause della morte sono piuttosto misteriose...la cosa più logiche in quello sperone sarebbe stata una valanga, ma in effetti non è stato così.
Un cavolo di incidente che sarebbe potuto capitare ovunque. Fosse così sarebbe veramente triste, anche perchè ormai i due alpinisti erano arrivati a una altezza in cui la maggior parte dei rischi se li erano lasciati alle spalle.
Un cavolo di incidente che sarebbe potuto capitare ovunque. Fosse così sarebbe veramente triste, anche perchè ormai i due alpinisti erano arrivati a una altezza in cui la maggior parte dei rischi se li erano lasciati alle spalle.
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Re: In Memoria
Vabbè, Moro è un tipo molto arrogante e spiacevole, però il fatto che si sia messo a disposizione è buono, vista l'indubbia esperienza e grandezza dell'alpinista. Probabilmente si sarà pentito, o lo avranno fatto pentire delle parole non molto carine dette in questi giorni.
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Re: In Memoria
un pò sborone?
Il barsport riguarda i milioni di metri cubi di ghiaccio sotto cui ormai giacevano Nardi e Ballard. Sulla pericolosità non gestibile convenivano notoriamente tutti gli esperti meno che il Nardi, lucide o meno che fossero le sue analisi e le sue intuizioni. Se qualcun altro vorrà cimentarsi lì in futuro o meno, non dipenderà dalle raccomandazioni di Moro a caldo.
https://www.gazzetta.it/Sport-Vari/10-0 ... resh_ce-cp
Non nego l’influenza dei modelli nell’orientare un comportamento (ma quanto non sono invece i ‘modelli’ ad essere costruiti per rispondere ad attitudini già presenti e che troverebbero comunque un qualche modo per esprimersi anche senza il cinema, i libri, e la tv?). Il problema secondo me del discorso dei modelli è che tocca ‘modellizzare’ qualcuno, e così facendo gli si fa un po' un torto (oltre che contribuire paradossalmente allo stesso perpetuarsi di quel modello). Penso che i modelli si smontino mettendo in luce quanto Tizio si discosti dal modello a cui è stato ri(con)dotto (ovvio che serva buona conoscenza di Tizio, empatia, immaginazione). E che in ogni caso, se anche Caio si è arruolato/si è iscritto al CAI/è entrato a Medicina rispettivamente sull’onda di Full Metal Jacket/Bonatti/E.R., poi comunque se e come andrà avanti dipenderà da un ricchissimo coacervo di motivazioni, sogni, ormoni, esperienze (incluse le influenze degli educatori, per fortuna o purtroppo, a seconda dei casi), che è molto personale. Vale poi la pena preoccuparsi dei modelli?
a cui si aggiunge ora il tuo ditino: Moro fa il maestrino con Nardi, io con Moro, tu con me…ma tutti gli uomini fanno i maestrini, non è questo il punto quanto piuttosto se sia greve. Per me è greve l’intervista di Moro.Gios ha scritto:A questo punto, se è greve il commento di Moro (proveniente da tecnico e essere umano, presumo), non è meno greve il commento sul commento di Moro (proveniente da essere umano, presumo), nell'eterna ghirlanda brillante del ditino alzato sopra il ditino alzato, fino a contercersi in un intreccio di diti
ma non mi sembra così diverso un comunicato ufficiale da una gentile risposta ad un’intervista. Condita peraltro da un post sul suo profilo di feisbuc con questa innegabilmente saggia citazione: “climb if you will, but remember that courage and strength are naught without prudence, and that a momentary negligence may destroy the happiness of a lifetime.” La fidanzata del britannico ha pubblicato una lettera in cui fra le altre cose esprime l’incazzatura per non essere stata ascoltata, senza con questo risultare (credo) per niente sgradevole. Forse va così: se hai l’urgenza interiore di esprimerti subito, a ‘sto punto meglio farlo diretto che ricorrendo al pretesto del monito ai giovani alpinisti.paoolino ha scritto:Boh? La critica a Moro non la capisco molto.
Moro non è che ha diramato un comunicato ufficiale in cui spiegava quanto sono stati pirla i Nardi e Ballard.
Moro ha gentilmente risposto a un giornalista che gli chiedeva il suo parere da esperto, essendo uno dei pochi che ha l'esperienza e la conoscenza di quel mondo, sulla situazione di Nardi e Ballard. E dice una frase di buon senso e non da bar sport: quel percorso è ad altissimo rischio e il dubbio che i due abbiano sottostimato il rischio visto che in 125 anni nessun alpinista ha preso in considerazione quel percorso è lecito.
Il barsport riguarda i milioni di metri cubi di ghiaccio sotto cui ormai giacevano Nardi e Ballard. Sulla pericolosità non gestibile convenivano notoriamente tutti gli esperti meno che il Nardi, lucide o meno che fossero le sue analisi e le sue intuizioni. Se qualcun altro vorrà cimentarsi lì in futuro o meno, non dipenderà dalle raccomandazioni di Moro a caldo.
https://www.gazzetta.it/Sport-Vari/10-0 ... resh_ce-cp
non avevo dubbi che rispettassi le motivazioni individuali e che ne facessi piuttosto un discorso di modelli. Mentre ho dubbi che un modello possa perdere consenso in questo modo. Poi vabbè, Moro e Messner non possono mettere in cattiva in luce il modello ‘segui la tua passione ad ogni costo’, essendone due massimi (e magnifici) interpreti. Come se l’eroinomane della tua metafora criticasse un altro eroinomane per essersi servito di una siringa usata. Anzi! Passa quasi il messaggio che se non fai minchi ate tipo il Mummery, allora ti muovi nel campo di una ragionevole gestione dei rischi in stile cantiere. Mentre invece è gente che fa alpinismo estremo, non “imprese sportive con qualche rischio”. Agostini viene ricordato come un pilota prudente e calcolatore contrapposto allo spericolato Pasolini, quando in realtà nel motociclismo dell’epoca tutti correvano dei rischi tremendi, Ago incluso. Le polemiche nell’alpinismo ci sono sempre state, non l’hanno intaccato ma al contrario sono parte integrante della sua ‘epica’. Anche qui, hai voglia a smitizzare: c’è materiale per una grandissima serie da otto stagioni (dal precedente del 2016 fino all’eventuale recupero di Moro). Tanto più perché non ci sono “santini” ma grandezze e debolezze tutte insieme, tutto molto umano, tutto molto appassionante (io invidio ed ammiro – come forse anche tu – il saggio taoista, svuotare il cuore dalle passioni, un passo indietro per tornare al centro; ma difficilmente ci fai su una saga).Nickognito ha scritto:E'vero, chiunque faccia quel che gli pare. Pero'poi ci sono dei modelli da seguire o da non seguire. E scelte di chi parlare o di chi non parlare.
A me non piace molto il modello di chi rischia la vita per unímpresa che non serve a nulla. Non critico affatto questa scelta, la capisco anche, ma sono ben contento che ci siano professionisti del settore che ci spiegano quanto rischiose e da non tentare siano certe imprese.
Poi ovviamente va benissimo rischiare la vita per una impresa sportiva come rischiarla facendosi di eroina per godersi pero'dei bei momenti. Diciamo che il giorno che sul giornale uscisse un articolo del tipo 'morti due grandi eroinomani che son riusciti a godersi l'esaltazione della droga come nessun altro prima!'sarei ben contento se uscisse un articolo di un altro drogato che mi spiegasse che uno puo' magari farsi delle canne e prendesi dei funghetti e goderseli senza mettere a repentaglio la propria vita.
Poi il rispetto per le grandi passioni e i grandi rischi va benissimo, il problema e' che viviamo in un mondo in cui i grandi sportivi che rischiano la vita non sono solo rispettati, ma celebrati. E a quel punto mi sembra non solo giusto, ma doveroso, spiegare la differenza tra una impresa sportiva con qualche rischio e una mezza follia. Sempre ovviamente nel rispetto di chi fa certe scelte.
Non nego l’influenza dei modelli nell’orientare un comportamento (ma quanto non sono invece i ‘modelli’ ad essere costruiti per rispondere ad attitudini già presenti e che troverebbero comunque un qualche modo per esprimersi anche senza il cinema, i libri, e la tv?). Il problema secondo me del discorso dei modelli è che tocca ‘modellizzare’ qualcuno, e così facendo gli si fa un po' un torto (oltre che contribuire paradossalmente allo stesso perpetuarsi di quel modello). Penso che i modelli si smontino mettendo in luce quanto Tizio si discosti dal modello a cui è stato ri(con)dotto (ovvio che serva buona conoscenza di Tizio, empatia, immaginazione). E che in ogni caso, se anche Caio si è arruolato/si è iscritto al CAI/è entrato a Medicina rispettivamente sull’onda di Full Metal Jacket/Bonatti/E.R., poi comunque se e come andrà avanti dipenderà da un ricchissimo coacervo di motivazioni, sogni, ormoni, esperienze (incluse le influenze degli educatori, per fortuna o purtroppo, a seconda dei casi), che è molto personale. Vale poi la pena preoccuparsi dei modelli?
luca1977 ha scritto:Io stimo una crescita del debito causa superbonus dello 0,002 percento
Re: In Memoria
Questa credo sia la più saggia tra le interviste di questi giorni:
Lucca, 12 mar – “Daniele Nardi conosceva benissimo quella via, non si può ritenere un suicidio”. Riccardo Bergamini non è d’accordo con Reinhold Messner e Simone Moro, i due grandi italiani della montagna che hanno criticato l’impresa tentata da Daniele Nardi sul Nanga Parbat, definendo il tentativo di ascesa invernale del mitico sperone Mummery “quasi un suicidio” o “una impresa troppo rischiosa”. Bergamini, primo alpinista toscano a scalare un ottomila di cui il Primato Nazionale spesso ha narrato le imprese, si è fatto un’idea diversa sulla vicenda che portato alla tragica fine di Daniele Nardi e Tom Ballard.
C’è dell’eroismo nell’impresa tentata da Nardi e Ballard? O come dicono Messner e Moro è stato un tentativo troppo rischioso ai limiti del “suicidio”?
Non è stato un tentativo di suicidio. Nardi conosceva benissimo il Nanga Parbat, aveva raggiunto la cima d’estate e aveva già tentato quella via più volte. Per questo è un errore parlare di suicidio a mio modo di vedere. Poi a quanto pare non sono morti né per una valanga né per essere finiti in qualche buco, hanno ritrovato i corpi con i telescopi e non si sa come sono morti, forse per il freddo. Lo sperone Mummery è una via pericolosa e difficile, Messner la fece in discesa nel 1970 quando morì il fratello. Ma anche la parete nord dell’Eiger sembrava impossibile e invece poi la via fu aperta.
Nardi aveva provato diverse volte a scalare il Nanga Parbat d’inverno e in particolare lo sperone Mummery. Era una sua ossessione?
Questo forse sì, ritentare ogni anno la solita via mi sembra un passo più lungo della gamba. Tenta una volta, una seconda, poi se non riesci fai un’altra cosa. Tentare ogni anno effettivamente inizia a diventare ossessivo. Anche il fatto che a ogni tentativo nell’impresa abbia cambiato il compagno qualcosa vuole significare.
Hai conosciuto Nardi?
Lo conobbi a Courmayeur mi sembra nel 2008, insieme a lui e altri alpinisti facemmo una spedizione in Nepal nel 2009. Abbiamo passato dei giorni insieme e c’era un discreto feeling. Forse anche perché eravamo entrambi due rari alpinisti provenienti da “sotto il Po”, lui era di Sezze e forse avevamo delle cose in comune. Lo ricordo come una persona corretta e simpatica.
Che ricordo hai di lui?
Era un forte alpinista, ha fatto molte spedizioni non solo sugli ottomila. In Pakistan sul Broad Peak, il K2, in Kashmir. Non era certo uno sprovveduto come alcuni lo hanno descritto. Anche Romano Benet e Nives Meroi, la “coppia d’oro dell’alpinismo”, sostengono che non si può giudicare un altro alpinista per una via che ha fatto. Poi anche nelle parole di Moro c’è molta verità, ma anche lui ha compiuto delle grandissime imprese in cui non era sicuro di tornare a casa.
A proposito di Moro. Credi che l’ascensione invernale al Nanga Parbat del 2016, con il controverso episodio dell’esclusione di Nardi, abbia influito nel trasformare questa impresa in una ossessione per l’alpinista pontino?
Nessuno era nella testa di Nardi, ma ci sta che se l’ascensione invernale era stata compiuta attraverso la via normale, se vai su quella montagna per tentare una impresa provi una via diversa. In una intervista rilasciata prima dell’ultima tragica avventura ricordo che Nardi disse chiaramente che il suo obiettivo non era la vetta ma lo sperone Mummery.
E’ davvero così mitico lo sperone Mummery per gli alpinisti?
In realtà se guardi la montagna quella sembra la via più lineare per la vetta. Però per l’alto rischio valanghe la gente alla fine non ci passa. E’ chiaro che se non ci passa nessuno un motivo c’è, anche d’estate nessuno lo fa.
Anche tu sei padre (di ben 7 figli). Ti sei immedesimato in Nardi che lascia un figlio di pochi mesi?
Il discorso è diverso se uno inizia dopo. Ma quella era la sua vita, la moglie sapeva chi era e cosa faceva. non penso che la moglie abbia chiuso la porta e lui sia scappato dalla finestra per andare sul Nanga Parbat. Magari con un figlio uno se ha la possibilità di fare una cosa rischiosa sicuramente ci pensa due volte. E rinunciare e poi tornare non è una sconfitta.
Tu hai mai rinunciato pensando a tuo figlio?
La prima volta che andai sul Manaslu era il 2014 (montagna che poi Bergamini ha conquistato nel 2017, ndr). Quell’anno lì per diversi fattori rimasi da solo per salire la montagna, altre spedizioni se ne erano andate. Un alpinista italiano mi disse tra il serio e il faceto di tornarmene a casa dai miei figli. Sarei stato un pazzo a salire e me ne andai. Dipende come ti senti tu ma anche soprattutto com’è la montagna, se è brutto tempo per un mese non si sale più e amen. In queste imprese ad ogni modo risiede dell’eroismo, è l’uomo che sfida se stesso, la natura. Se mi dicono “a cosa serve?” rispondo che “serve a tutto”. Anche quello che corre i cento metri più veloce di quell’altro, a cosa serve?
Ti sei mai trovato in una situazione simile? Hai mai avuto paura di morire?
La sensazione di morire no, però un po’ di sana paura ci vuole sempre per queste spedizioni. Prima di partire un pensiero che potrei non rivedere più mia moglie e i miei figli lo faccio. Però anche sulla via normale del Monte Bianco, un seracco, una valanga, ti può cadere addosso. La montagna fa il suo corso, siamo noi ad essere ospiti.
Quali sono le tue prossime imprese?
A giugno andrò in Alaska per salire sul monte Denali, la montagna più alta del Nordamerica, vicino il circolo polare artico. Fa parte delle “Seven summit”, le sette montagne più alte di ogni continente. A ottobre poi dovrei tornare in Nepal per un progetto legato alla solidarietà.
Un ultimo pensiero sulla tragedia del Nanga Parbat?
In questo momento devono finire le critiche, le parole di troppo. Gli alpinisti sono tutti capaci di capire se su una via è bene andarci o non andarci.
Lucca, 12 mar – “Daniele Nardi conosceva benissimo quella via, non si può ritenere un suicidio”. Riccardo Bergamini non è d’accordo con Reinhold Messner e Simone Moro, i due grandi italiani della montagna che hanno criticato l’impresa tentata da Daniele Nardi sul Nanga Parbat, definendo il tentativo di ascesa invernale del mitico sperone Mummery “quasi un suicidio” o “una impresa troppo rischiosa”. Bergamini, primo alpinista toscano a scalare un ottomila di cui il Primato Nazionale spesso ha narrato le imprese, si è fatto un’idea diversa sulla vicenda che portato alla tragica fine di Daniele Nardi e Tom Ballard.
C’è dell’eroismo nell’impresa tentata da Nardi e Ballard? O come dicono Messner e Moro è stato un tentativo troppo rischioso ai limiti del “suicidio”?
Non è stato un tentativo di suicidio. Nardi conosceva benissimo il Nanga Parbat, aveva raggiunto la cima d’estate e aveva già tentato quella via più volte. Per questo è un errore parlare di suicidio a mio modo di vedere. Poi a quanto pare non sono morti né per una valanga né per essere finiti in qualche buco, hanno ritrovato i corpi con i telescopi e non si sa come sono morti, forse per il freddo. Lo sperone Mummery è una via pericolosa e difficile, Messner la fece in discesa nel 1970 quando morì il fratello. Ma anche la parete nord dell’Eiger sembrava impossibile e invece poi la via fu aperta.
Nardi aveva provato diverse volte a scalare il Nanga Parbat d’inverno e in particolare lo sperone Mummery. Era una sua ossessione?
Questo forse sì, ritentare ogni anno la solita via mi sembra un passo più lungo della gamba. Tenta una volta, una seconda, poi se non riesci fai un’altra cosa. Tentare ogni anno effettivamente inizia a diventare ossessivo. Anche il fatto che a ogni tentativo nell’impresa abbia cambiato il compagno qualcosa vuole significare.
Hai conosciuto Nardi?
Lo conobbi a Courmayeur mi sembra nel 2008, insieme a lui e altri alpinisti facemmo una spedizione in Nepal nel 2009. Abbiamo passato dei giorni insieme e c’era un discreto feeling. Forse anche perché eravamo entrambi due rari alpinisti provenienti da “sotto il Po”, lui era di Sezze e forse avevamo delle cose in comune. Lo ricordo come una persona corretta e simpatica.
Che ricordo hai di lui?
Era un forte alpinista, ha fatto molte spedizioni non solo sugli ottomila. In Pakistan sul Broad Peak, il K2, in Kashmir. Non era certo uno sprovveduto come alcuni lo hanno descritto. Anche Romano Benet e Nives Meroi, la “coppia d’oro dell’alpinismo”, sostengono che non si può giudicare un altro alpinista per una via che ha fatto. Poi anche nelle parole di Moro c’è molta verità, ma anche lui ha compiuto delle grandissime imprese in cui non era sicuro di tornare a casa.
A proposito di Moro. Credi che l’ascensione invernale al Nanga Parbat del 2016, con il controverso episodio dell’esclusione di Nardi, abbia influito nel trasformare questa impresa in una ossessione per l’alpinista pontino?
Nessuno era nella testa di Nardi, ma ci sta che se l’ascensione invernale era stata compiuta attraverso la via normale, se vai su quella montagna per tentare una impresa provi una via diversa. In una intervista rilasciata prima dell’ultima tragica avventura ricordo che Nardi disse chiaramente che il suo obiettivo non era la vetta ma lo sperone Mummery.
E’ davvero così mitico lo sperone Mummery per gli alpinisti?
In realtà se guardi la montagna quella sembra la via più lineare per la vetta. Però per l’alto rischio valanghe la gente alla fine non ci passa. E’ chiaro che se non ci passa nessuno un motivo c’è, anche d’estate nessuno lo fa.
Anche tu sei padre (di ben 7 figli). Ti sei immedesimato in Nardi che lascia un figlio di pochi mesi?
Il discorso è diverso se uno inizia dopo. Ma quella era la sua vita, la moglie sapeva chi era e cosa faceva. non penso che la moglie abbia chiuso la porta e lui sia scappato dalla finestra per andare sul Nanga Parbat. Magari con un figlio uno se ha la possibilità di fare una cosa rischiosa sicuramente ci pensa due volte. E rinunciare e poi tornare non è una sconfitta.
Tu hai mai rinunciato pensando a tuo figlio?
La prima volta che andai sul Manaslu era il 2014 (montagna che poi Bergamini ha conquistato nel 2017, ndr). Quell’anno lì per diversi fattori rimasi da solo per salire la montagna, altre spedizioni se ne erano andate. Un alpinista italiano mi disse tra il serio e il faceto di tornarmene a casa dai miei figli. Sarei stato un pazzo a salire e me ne andai. Dipende come ti senti tu ma anche soprattutto com’è la montagna, se è brutto tempo per un mese non si sale più e amen. In queste imprese ad ogni modo risiede dell’eroismo, è l’uomo che sfida se stesso, la natura. Se mi dicono “a cosa serve?” rispondo che “serve a tutto”. Anche quello che corre i cento metri più veloce di quell’altro, a cosa serve?
Ti sei mai trovato in una situazione simile? Hai mai avuto paura di morire?
La sensazione di morire no, però un po’ di sana paura ci vuole sempre per queste spedizioni. Prima di partire un pensiero che potrei non rivedere più mia moglie e i miei figli lo faccio. Però anche sulla via normale del Monte Bianco, un seracco, una valanga, ti può cadere addosso. La montagna fa il suo corso, siamo noi ad essere ospiti.
Quali sono le tue prossime imprese?
A giugno andrò in Alaska per salire sul monte Denali, la montagna più alta del Nordamerica, vicino il circolo polare artico. Fa parte delle “Seven summit”, le sette montagne più alte di ogni continente. A ottobre poi dovrei tornare in Nepal per un progetto legato alla solidarietà.
Un ultimo pensiero sulla tragedia del Nanga Parbat?
In questo momento devono finire le critiche, le parole di troppo. Gli alpinisti sono tutti capaci di capire se su una via è bene andarci o non andarci.
"Amo Speranza" - alessandro
"Speranza è un grande politico, un grande statista" - alessandro
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Re: In Memoria
"Se mi dicono “a cosa serve?” rispondo che “serve a tutto”. Anche quello che corre i cento metri più veloce di quell’altro, a cosa serve?"
Questo continuo accostare l'alpinismo estremo (sì, direi che possiamo ragionevolmente definirlo tale) ad altre discipline in cui il rischio è pressoché nullo è francamente stucchevole nonché una presa in giro dell'intelligenza.
Legittimo che sia la loro grandissima passione e per alcuni perfino un lavoro, ma che allo stesso tempo si dica chiaro e netto che ogni volta bene o male ci son buone probabilità di lasciarci le penne.
Ovvio è che, in fondo, nulla serve a niente considerando che dalla vita nessuno ne esce vivo.
Questo continuo accostare l'alpinismo estremo (sì, direi che possiamo ragionevolmente definirlo tale) ad altre discipline in cui il rischio è pressoché nullo è francamente stucchevole nonché una presa in giro dell'intelligenza.
Legittimo che sia la loro grandissima passione e per alcuni perfino un lavoro, ma che allo stesso tempo si dica chiaro e netto che ogni volta bene o male ci son buone probabilità di lasciarci le penne.
Ovvio è che, in fondo, nulla serve a niente considerando che dalla vita nessuno ne esce vivo.
tennisfan82 ha scritto:Per il calcio tutto è consentito.
Villo ha scritto:Questo sport dà una chance a tutti.
Horst Tappert ha scritto:Il mio personaggio piace perché rappresenta l'ordine.
chiaky ha scritto:Sempre meglio il tuo pene su onlyfans che la faccia di Speranza in televisione.
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Re: In Memoria
https://www.repubblica.it/cronaca/2019/ ... a.scroll-2
Lettera testamento del ragazzo toscano morto ammazzato dall'isis.
È sicuramente opinabile quel che penso, ma credo sia morto proprio bene, e che sarebbe bello avere il coraggio che ha avuto lui
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Re: In Memoria
Dick Dale
Re: In Memoria
Muoiono tutti i suoi "amici"/dipendenti più puliti, ma Lvi stesso e quelli più stretti e simpatici (Dell'Utri, Fede, Confalonieri, Galliani) son sempre qui irriducibili.
Ultima modifica di Monheim il ven apr 05, 2019 10:57 am, modificato 1 volta in totale.
tennisfan82 ha scritto:Per il calcio tutto è consentito.
Villo ha scritto:Questo sport dà una chance a tutti.
Horst Tappert ha scritto:Il mio personaggio piace perché rappresenta l'ordine.
chiaky ha scritto:Sempre meglio il tuo pene su onlyfans che la faccia di Speranza in televisione.
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Re: In Memoria
,anche per l'età relativamente Giovane (72)uglygeek ha scritto:Cesare Cadeo
F.F.
“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: In Memoria
Pure tu sei simpaticoloveboat ha scritto:Pure Gianni Clerici è simpatico
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