balbysauro ha scritto:forse capisco male, ma a me pare che qualunque morale si rifaccia a qualcosa
magari meno direttamente della morale del papa, ci sarà da fare qualche passaggio intermedio, qualche commistione
ma non è che oggi io che sono ateo mi sveglio e mi invento una morale
prendo l'analogia introduttiva di McIntyre. Il problema della morale di questi ultimi secoli non e' che un singolo individuo si svegli la mattina e si inventi una morale. Ci sono delle morali comuni, che usano un certo linguaggio e si basano su qualcosa.
L' analogia e': immaginate che, nel mondo di oggi, la comunita' scientifica diventi responsabili di un disastro mondiale. I governi e il popolo iniziano a imprigionare tutti gli scienziati, bruciare i libri, chiudere i siti, smettere di insegnare la scienza, e cosi' via. La scienza diventa sinononimo di male. Passano cosi' dei secoli, senza alcuna attivita' scientifica e nessuna documentazione conservata. Dopo qualche secolo, la gente inizia a reinteressarsi alla scienza. Capisce che in passato e' stato un errore eliminarla e cerca di ripristinarla. Pero', mancano le fonti. Qualcuno riparte da zero a casaccio, qualcuno recupera frammenti , facendo errori storici, mischiando alcune teorie del 2000 con altre del 1700, e cosi' via, a tentoni, senza grande costrutto.
Ecco, questo e' lo stato della discussione (filosofica, comune, personale) sulla morale del mondo di oggi (e di qualche tempo fa). Quali sono i fondamenti della morale di oggi? Sono quelli della morale passata, facendo un cattivo uso, distorto, delle categorie e linguaggio passato. Quello in cui per lo piu' crediamo ci e' stato tramandato e lo abbiamo distorto. Certo, ci crediamo veramente. Ma non ha molto fondamento. Lo stesso uso che facciamo del termine 'morale' e' relativamente nuovo.
Penso spesso al 'meme' divertente che circola spesso su facebook. Abbiamo la terra, il sistema solare, la via lattea, e via e via allargandosi, fino ad avere tutto l' universo, di cui noi siamo una parte infinitesimale. Poi arriva l' ultima immagine di Gesu' che dice 'non mastrubatevi'. E' una serie di immagini che rende molto bene l' idea di quanto possa essere assurda una morale cristiana. (per qualcuno, almeno).
Pero', provate a mettere al posto di Gesu' un legislatore che dice 'non stuprate le ragazzine'. Intendiamoci, c'e' ben di peggio. Ad esempio 'non guidare dopo una birra'. In questo puntino in cui siamo nell' universo, quando sulla stessa terra da milioni di anni gli essere viventi si distruggono a vicenda senza pieta' e riguardi, tra sofferenze atroci, noi sentenziamo 'non guidare dopo una birra' e 'non stuprate le ragazzine'. La cosa fa un po' sorridere, allo stesso modo di un Gesu' che starebbe sopra a tutto e direbbe di non masturbarsi.
Intendiamoci, noi siamo piccoli uomini e va benissimo seguire delle regole e crederci. Va benissimo anche lottare per queste regole contro quelle religiose, se ci si crede, ad esempio perche' si crede che le prime servano (per ottenere qualcosa che ci piace), e le seconde no.
Pero' su cosa si fonda, la nostra morale, dentro di noi? E' difficile dare una risposta filosoficamente accettabile. E' difficile sia pensare che dalla realta' delle cose scaturisca una morale, sia che sia qualcosa interna alla nostra coscienza, sia che sia esclusivamente utilitaristica. No, molte persone, di fatto, credono nel 'buono' e nel 'giusto' senza avere una idea chiara di cosa intendano per buono e giusto, in un modo quasi fideistico. Anche in modi particolari (per esempio, la giustizia distributiva tra esseri umani).
Ovviamente tutto questo meriterebbe un topic a parte.
La morale del passato aveva soprattutto un senso: 'buono' era cio' che rende l' uomo uomo, gli fa raggiungere il suo fine. Anche oggi, e' abbastanza chiaro, come allora, definire un buon venditore, o un buon artigiano. E' uno che sa vendere o fare bene il suo lavoro. Non e' cambiato molto il significato. Ma 'buon uomo', questo e' piu' complesso. Perche' oggi non si dice che l' uomo ha un fine. Quale e' il suo fine? Se si dice 'fare il giusto', si va in un circolo vizioso linguistico.
E' per questo che e' difficile dialogare. Anche a livello specifico. Se a te non frega nulla, e non sembra giusto che tutti abbiano lo stesso, una giustizia distributiva, e' inutile discutere sul modo di ottenerla. Non ti importa. Se a te sembra invece giusto che ognuno si possa tenere quello che si e' procurato (senza per esempio pagarci le tasse), e ad un altro no, e' inutile che tu ci discuta. Potresti discuterci se entrambi aveste un fondamento comune (il fine dell' uomo e' x o y), ma non c'e'.
Eppure in queste cose ci crediamo, su di esse ci basiamo la vita.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)