le ragioni filosofiche del tifo

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taylorhawkins89
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da taylorhawkins89 »

Più facile esaltarsi quando vince l'underdog, farlo per un recordman di vittorie slam o addirittura per nadal mi pare un po contro natura. Detto questo, spero di poter vedere la finale, ancora non ho visto un 15 di federer e la sua sabr. :oops:
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BackhandWinner
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da BackhandWinner »

tuborovescio ha scritto:
taylorhawkins89 ha scritto:sostenerlo con veemenza
ma infatti a parte gli ultras nel calcio chi è che da adulto sostiene con veemenza? :D
a tennis ho visto solo qualche milf urlare per Nadal :lol:
i tifosi di Federer non sono veementi #100# o Roger vince facile e applaudono e basta,
o perde tristemente e tutto è avvolto nella malinconia #1#
(Come abbiamo ampiamente dimostrato proprio noi sulla riva della Vistula, in una triste domenica di luglio... #1# )
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uglygeek
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da uglygeek »

A proposito di tifo, sono 25 anni oggi (ieri): http://www.lastampa.it/2018/04/30/sport ... agina.html
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Johnny Rex »

Oddio, in questo caso direi le ragioni Malate del Tifo .

Triste ammettere che Parche il suo scopo lo raggiunse, Graf tornò a Dominare ed essere numero 1 del Mondo, Seles piombò in una spirale di paura e angoscia che le fece perdere alcuni fra i migliori anni della sua carriera e la sicurezza sin lì raggiunta.
Seles che si è più volte dichiarata disgustata dalla sentenza a suo avviso mite emessa nei confronti dell'aggressore, mentre per lei si era trattato di un aggressione volontaria ed intenzionale.

F.F.
Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Johnny Rex »

Nickognito ha scritto:
Lo sport e' nazionalista, fatto di inni e bandiere, le stesse che ci sarebbero in una guerra, con gli italiani seguiti in quanto italiani. Poi tra questi ci sono i fascisti e ci sono persone per bene che non discriminano i non italiani ma guardano solo agli sportivi italiani con un po' piu' di interesse e tifo. Nessuno sta dicendo che quest'ultimo comportamento sia qualcosa chissa' quanto grave moralmente. Ma tutto nasce da li', dal nazionalismo quello vero, non dal vicino di casa della nonna. E' molto piu' vicino di casa . Per uno del norditalia, e' piu' vicino Belgrado, di Palermo. Della nonna di Cecchinato non sa proprio nulla. E' semplicemente un tifo patriota. Quello che fonda lo sport. Con gli aiuti di stati pagati con le tasse, che diventa, in certi paesi, doping di stato perche' la patria abbia gloria con medaglie olimpiche, mentre persone per bene tifano i dopati di stato ed esultano per le loro vittorie. Con federazioni separate per paese. Atleti onorati dai presidenti come veterani di guerra. E no, non ci sarebbe nulla di male ad essere sciovinisti per gioco. Ma in un mondo dove la gente vive e muore, e' felice o disperata principalmente in relazione al passaporto che ha, e' un gioco con retrogusto macabro, che a me mette tristezza. Tutto qua.
Credo che tu abbia un fondo di ragione su varie cose (sopratutto sull'osservazione dello Sport come replica finto giocosa delle dinamiche/rapporti di forza del mondo reale, come ulteriore parodia di quella barzelletta che è la "possibilità per tutti" sempre meno tale ) e ne esageri altre.

Lo Sport, quantomeno in Italia, è meno nazionalista di 20-30-40 anni fa, infinitamente meno nazionalista dell'epoca del fascio, pure a livello sportivo molto redditizia (i grandi risultati olimpici e calcistici ) . Escludendo il 2006 perchè si vinse c'è un abisso fra come veniva vista/vissuta la nazionale negli 80' e l'adesso. L'eliminazione ai rigori con l'Argentina fu quasi dramma nazionale, ben peggio delle pur piccate reazioni ovvie ai mancati mondiali di quest'anno. Esattamente come la Davis da torneo più importante assoluto del tennis nella prima metà 22 secolo è stata poi progressivamente ombreggiata dal professionismo fino a sparire o quasi .

A me lo sport delle Nazioni non dispiace.
Trovo che il Calcio dei Mondiali ed Europei sia rimasta l'ultima oasi del vecchio calcio a fronte del calcio moderno , quella in cui Messi e Ronaldo appajono ancora esseri umani a fronte di campionati e coppe in cui vantano realizzazioni irreali e sballate , quella in cui a vincere importanti manifestazioni pososno essere Portogallo e Grecia ,accetto ben volentieri una qualità del gioco più scadente, più bloccata, a fronte per dire di una CL iperspettacolare ma divenuta a tratti ridicola,oratoriale negli equilibri in campo.

Personalmente il mio "Tifo nazionalista" aumenta minore è la percentuale di successo /fama dell'italiano/squadra italiana/nazionale nello sport in questione.
Italia vs Lettonia alle Olimpiadi 2004, Pallanuoto a Barcellona 1992, Cecchinato adesso, dopo 40 anni di nulla ad altissimo livello.
Esattamente come mi esaltano imprese consimili compiuti da altre outsider.
il Leicester mi è piaciuto in qunto Leicester, mica perchè c'era Ranieri ad allenarlo.

Più ancora che il fattore nazionalista , è per me importante il gioco che viene espresso.
La Grecia 2004 bella favola e tutto ma orribile a vedersi , speravo vincessero i cechi quell'anno,per dire.
Cecchinato sta esprimendo davvero un buon tennis, su, non è un Barazzutti o una Errani che veramente al di là del puro patriottismo erano inguardabili .

F.F.
Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nick »

Concordo con tutto il post di johnny.

Soprattutto la parte finale.
Cecchi esalta come un Canè, infatti è piaciuto anche a chi non è italiano.
Leicester giocava a calcio, grecia inguardabile, semmai danimarca 1992 giocava a calcio.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

Non si tratta di essere d'accordo o meno, e'tutto vero quel che dici.

Ma, che le cose siano meno peggio di prima o meno, che il tifo nazionalista sia limitato solo a chi piace da parte di qualcuno, rimane che c'e' un forte legame tra un sentimento di appartenenza che, nella vita e nella storia, ha condotto e conduce a gravi discriminazione e violenze, probabilmente il sentimento che piu' genere discriminazione e violenza sia oggi che nella storia umana (o di certo uno dei) e lo sport. Questo si riflette sia nel tifo che a livello organizzativo e di propaganda, di gestione delle risorse, e cosi' via.

Ovviamente capisco come non possa dare in nessun modo noia vedere questo senso di appartenenza nello sport e in persone che non fanno nulla di male nella vita. Ma a qualcuno come me da' noia comunque, anche perche' so che, nel gruppo, qualcuno che davvero discrimina c'e'. E io non voglio fare parte di quel gruppo.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nick »

Si ma vanno distinti i nazionalisti puri dalla semplice soddisfazione di aggregazione che da la vittoria di un italiano.

Il caso cecchi mediamente piace anche all'estero.
Quando chang battè lendl molti miei amici "non tennisti" si esaltarono, perchè era una bella storia.
Anche persone "anziane".
Poi se l'episodio riguarda l'italiano ancora di più.
Ma non lo definirei nazionalismo spinto, un piccolo orgoglio in più.
Oggi qualsiasi italiano vorrebbe vedersi la partita, io devo ospitare 2-3 amici sprovvisti di sky, ma è normale.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da maxredo »

Nickognito ha scritto: rimane che c'e' un forte legame tra un sentimento di appartenenza che, nella vita e nella storia, ha condotto e conduce a gravi discriminazione e violenze...
Mah non credo, cmq la colpa non è del sentimento di appartenenza ma dell'intolleranza in se.

Se uno è violento ed è tifoso facile che allo stadio sia violento, ma non è colpa del calcio in se o del tifo.
Certo se non andasse allo stadio ci sarebbe un problema in meno ma sfogherebbe la sua violenza, probabilmente, in altre circostanze.
Lo stesso per la discriminazione.
Io (tu, credo quasi tutti noi) non sono così, se tifo Juventus o Italia allo stadio non faccio una rissa con un tifoso avversario e fuori dallo stadio non discrimino (oddio con gli interisti ogni tanto avrei voglia :D ).
Se mi piacciono le donne belle non discrimino le brutte etc etc
Non è che bisogna reprimere le passioni o nascondere le preferenze, bisogna solo imparare ad essere tolleranti ed accettare le diversità.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nick »

Concordo con maxredo.

C'è da dire che alcuni cattivi esempi dall'alto rischiano di fare uscire violenza e intolleranza anche chi non ce l'ha.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

maxredo ha scritto:
Nickognito ha scritto: rimane che c'e' un forte legame tra un sentimento di appartenenza che, nella vita e nella storia, ha condotto e conduce a gravi discriminazione e violenze...
Mah non credo, cmq la colpa non è del sentimento di appartenenza ma dell'intolleranza in se.

Se uno è violento ed è tifoso facile che allo stadio sia violento, ma non è colpa del calcio in se o del tifo.
Certo se non andasse allo stadio ci sarebbe un problema in meno ma sfogherebbe la sua violenza, probabilmente, in altre circostanze.
Lo stesso per la discriminazione.
Io (tu, credo quasi tutti noi) non sono così, se tifo Juventus o Italia allo stadio non faccio una rissa con un tifoso avversario e fuori dallo stadio non discrimino (oddio con gli interisti ogni tanto avrei voglia :D ).
Se mi piacciono le donne belle non discrimino le brutte etc etc
Non è che bisogna reprimere le passioni o nascondere le preferenze, bisogna solo imparare ad essere tolleranti ed accettare le diversità.
Non e' cosi', di fatto. Uno juventino e un torinista hanno gli stessi diritti, ovunque, tranne che ogni tanto in curva. Un bianco e un nero hanno in gran parte del mondo gli stessi diritti. Donne e uomini pure, in molti paesi. Atei, cristiani e musulmani pure, in moltissimi paesi. Giovani e vecchi pure. Appassinati di musica classica e hop pop pure. Analfabeti e lettori di Joyce pure. Persone di nazioni diverse hanno diversi diritti in ogni luogo del mondo.

Le guerre per tifo juventino sono piccoli incidenti circoscritti, il motivo scatenante di quasi tutte le guerre e' la supremazia di una nazione su un'altra.

Quasi nulla e' stato e viene inculcato a forza nelle menti umane, a livello politico e ideologico, come il sentimento di appartenenza a una nazione. Bastano pochi anni perche' questo sentimento nasca e diventi fortissimo. Gran parte dei cittadini di una nazione non aveva nessun sentimento del genere appena prima della nascita del paese, e, non molti anni dopo, questo diventa il sentimento fondante della loro identita'. Solo per la religione esiste qualcosa di simile. E' un inculcamento della nazionalita' come identita' singola e prevalente.

E partiti politici nazionalisti violenti sono votati da milioni di persone. Non da un violento ogni tanto.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da paoolino »

Ripeto quello che ho già scritto dall'altra parte.

Il sentimento di appartenenza a un gruppo non è di per se negativo. Anzi, lo ritengo il risultato di un processo evolutivo: l'animale uomo come individuo è più debole rispetto all'uomo inserito in un contesto di gruppo, per cui se l'umanità è arrivata dove si trova oggi è merito dello sviluppo sociale.

Lo spirito di appartenenza fa sì che un individuo si riconosca all'interno di una struttura sociale e dia il suo contributo e il suo supporto ad essa.

Al giorno d'oggi, quella dello stato-nazione è la struttura sociale che impatta di più nella vita di un individuo dopo la famiglia, perciò è normale - in quanto risultato evolutivo - che connazionali si guardino con un occhio di riguardo.
La stessa cosa può capitare tra appartenenti ad una stessa fede religiosa, o ad altre strutture sociali in cui ciascun individuo si riconosce.

L'appartenenza a una struttura sociale non è esclusivamente negativa: anzi, aiuta e protegge i più deboli di quella struttura.

Certo, c'è il rovescio della medaglia che descrive Nickognito, che nasce quando due strutture sociali entrano in competizione tra loro.
Certo, c'è la casualità determinata da dinamiche indipendenti dai singoli individui come nascere al di qua o al di là di un confine, o crescere in un ambiente in cui si pratica una religione piuttosto che un'altra...

Però non è che si può bollare l'identità di gruppo come una fesseria o vederne solo gli aspetti negativi. E' come prendersela con il pollice opponibile perché consente di brandire armi e uccidere altre persone.

Inoltre, se da una parte l'identità di gruppo crea competizione, discriminazione, odio, dall'altra parte noto che nel corso della storia dell'umanità questa identità di gruppo ha avuto la tendenza ad allargarsi: prima il gruppo di riferimento era la famiglia, poi diventa il clan, poi diventa la tribù, poi diventa la città-stato, poi diventa lo stato nazione... Insomma, i gruppi tendono ad allargarsi e fondersi, e quindi il rischio di competizione tra gruppi a diminuire.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Johnny Rex »

Nickognito ha scritto:

Ovviamente capisco come non possa dare in nessun modo noia vedere questo senso di appartenenza nello sport e in persone che non fanno nulla di male nella vita. Ma a qualcuno come me da' noia comunque, anche perche' so che, nel gruppo, qualcuno che davvero discrimina c'e'. E io non voglio fare parte di quel gruppo.
Mah. Nessuno allora supporterebbe nessuna squadra, manco il Forlì, ragionando che prima o poi qualche esagitato possa commettere qualcosa.
Sul discorso del Nazionalismo Inculcato.
Non lo so.
A me nessuno ha inculcato nulla di nazionalistico, di religioso s', ma sono stato anche libero di disfarmene poco dopo .

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Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

paoolino ha scritto:
Al giorno d'oggi, quella dello stato-nazione è la struttura sociale che impatta di più nella vita di un individuo dopo la famiglia, perciò è normale - in quanto risultato evolutivo - che connazionali si guardino con un occhio di riguardo.
1)E' la struttura sociale che impatta di piu' perche' le persone sono condizionate a questo in modo pressoche' forzato, non per processo evolutivo. Per disegno politico. Per processo evolutivo qualcuno si sentirebbe piu' italiano, piu' siciliano, piu' europeo, piu' mediterraneo, dipende...

2)Poteva essere normale, pensando che i bianchi sono superiori ai neri, di tifare quindi un bianco contro un nero. Per quanto normale, in quella situazione, diciamo che mi avrebbe procurato comunque fastidio e tristezza.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

Johnny Rex ha scritto:
Mah. Nessuno allora supporterebbe nessuna squadra, manco il Forlì, ragionando che prima o poi qualche esagitato possa commettere qualcosa.
Sul discorso del Nazionalismo Inculcato.
Non lo so.
A me nessuno ha inculcato nulla di nazionalistico, di religioso s', ma sono stato anche libero di disfarmene poco dopo .

F.F.
beh, si, tifare una squadra con certi ultra' e' dura, ma no, ripeto, un tifoso della squadra in trasferta ha 100% piu' diritti che uno straniero in Italia, non c'e' paragone.
A tutti e' stato inculcato il nazionalismo, 200 anni fa di certo non avresti visto le partite dell'Italia. Tutti abbiamo inculcata la differenza tra essere e non essere italiano. Chi piu' chi meno ovviamente.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da paoolino »

Nickognito ha scritto:
1)E' la struttura sociale che impatta di piu' perche' le persone sono condizionate a questo in modo pressoche' forzato, non per processo evolutivo. Per disegno politico. Per processo evolutivo qualcuno si sentirebbe piu' italiano, piu' siciliano, piu' europeo, piu' mediterraneo, dipende...
.
Per processo evolutivo c'è la tendenza dell'individuo a riconoscersi in una struttura sociale di riferimento. Al giorno d'oggi la struttura sociale "dominante" di riferimento è lo stato-nazione, 10.000 anni fa magari era la tribù e magari tra 120 anni sarà una struttura sovranazionale che oggi non esiste ancora.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

paoolino ha scritto:
Nickognito ha scritto:
1)E' la struttura sociale che impatta di piu' perche' le persone sono condizionate a questo in modo pressoche' forzato, non per processo evolutivo. Per disegno politico. Per processo evolutivo qualcuno si sentirebbe piu' italiano, piu' siciliano, piu' europeo, piu' mediterraneo, dipende...
.
Per processo evolutivo c'è la tendenza dell'individuo a riconoscersi in una struttura sociale di riferimento. Al giorno d'oggi la struttura sociale "dominante" di riferimento è lo stato-nazione
Ho capito, per processo evolutivo c'e' la tendenza ad accoppiarsi con le donne. Ma se domani avremo harem di schiave che fanno tutto senza potersi ribellare, non dico che 'per processo evolutivo quindi, nella societa' di oggi, si violentano le schiave'. Lo si puo' dire, ma non mi interessa, continua a crearmi disagio.
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Messaggio da Johnny Rex »

Nickognito ha scritto:
1)E' la struttura sociale che impatta di piu' perche' le persone sono condizionate a questo in modo pressoche' forzato, non per processo evolutivo. Per disegno politico. Per processo evolutivo qualcuno si sentirebbe piu' italiano, piu' siciliano, piu' europeo, piu' mediterraneo, dipende...

2)Poteva essere normale, pensando che i bianchi sono superiori ai neri, di tifare quindi un bianco contro un nero. Per quanto normale, in quella situazione, diciamo che mi avrebbe procurato comunque fastidio e tristezza.
Ma non era la Globalizzazione il Disegno Politico? ora cosa è, il ritorno del Nazionalismo?
Sul Fastidio e Tristezza; cosa ne sappiamo di come sarebbero state in passato le nostre versioni. Con storie diverse, con principi diversi, che ne so.

Che poi un tifoso di una squadra in trasferta abbia più diritto di uno straniero non so.

Tu hai visto una grande celebrazione dell'impresa della Roma sul Barcellona in quanto italiana, io invece credo proprio che questa celebrazione ci sia stata anche all'estero.
Soderling che batte Nadal probabilmente lo hanno celebrato addirittura più all'estero che in Svezia.
A mio avviso esageri questo nazionalismo, vero o presunto che sia.

F.F.
Nevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da paoolino »

Nickognito ha scritto:
Ho capito, per processo evolutivo c'e' la tendenza ad accoppiarsi con le donne. Ma se domani avremo harem di schiave che fanno tutto senza potersi ribellare, non dico che 'per processo evolutivo quindi, nella societa' di oggi, si violentano le schiave'. Lo si puo' dire, ma non mi interessa, continua a crearmi disagio.
Cosa crea disagio a te alla fine sono fatti tuoi... :)

Sto soltanto cercando di farti capire che non condivido il tuo approccio per cui di un qualcosa che ha aspetti positivi e aspetti negativi, siccome ci sono questi aspetti negativi, allora butteresti via tutto.

L'identità di gruppo ha anche aspetti positivi (anche quando si realizza all'interno di uno stato-nazione), come lo ha accoppiarsi con donne senza violentarle, come lo ha il pollice opponibile senza brandire armi per uccidere qualcuno.

Associare il tifo di qualche italiano per Cecchinato al voler discriminati tutti i non-italiani è una forzatura.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

paoolino ha scritto:
Sto soltanto cercando di farti capire che non condivido il tuo approccio per cui di un qualcosa che ha aspetti positivi e aspetti negativi, siccome ci sono questi aspetti negativi, allora butteresti via tutto.

L'identità di gruppo ha anche aspetti positivi (anche quando si realizza all'interno di uno stato-nazione), come lo ha accoppiarsi con donne senza violentarle, come lo ha il pollice opponibile senza brandire armi per uccidere qualcuno.

Associare il tifo di qualche italiano per Cecchinato al voler discriminati tutti i non-italiani è una forzatura.
Primo, no, gli effetti positivi per me sono quasi assenti, minimi, non importanti, diciamo come guardare un video porno, ecco, non come accoppiarsi, a questi livelli. Se ne puo' fare tranquillamente a meno. In compenso, gli effetti negativi sono devastanti, i peggiori del mondo. Ogni cosa ha anche aspetti positivi. Anche la schiavitu' aiuta a costruire belle opere d'arte, ma cio' non toglie che io butterei via tutta la schiavitu'.

E ovviamente non ho mai detto che chi tifa Cecchiantoi discrimina gli stranieri, questo e' rendere ridicolo un discorso complesso.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

Johnny Rex ha scritto:
Ma non era la Globalizzazione il Disegno Politico? ora cosa è, il ritorno del Nazionalismo?


Tu hai visto una grande celebrazione dell'impresa della Roma sul Barcellona in quanto italiana, io invece credo proprio che questa celebrazione ci sia stata anche all'estero.
No, infatti quello che ho scritto per Cecchinato non lo ho scritto per la Roma. Ma ne facevo un discorso generale sullo sport, ovviamente piu' per le Olimpiadi, per dire, o i Mondiali, che non per Cecchinato. Solo che lo noto piu' nel tennis che e' parzialmente un'isola felice.

Che sia un disegno politico e' immnegabile, c'entra nulla che ci siano altri disegni anche contrapposti. Poi mi si dice che non mi piace la storia. Se adesso si vuole negare anche il ruolo di indottrinamento che sta dietro il creare una nazione, boh, davvero preferisco chi non ha mai sentito nominare Napoletone :)
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da ferryboat »

Boh, io tutti questi filosofi a tifare, non ce li vedo!
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da paoolino »

Nickognito ha scritto:E ovviamente non ho mai detto che chi tifa Cecchiantoi discrimina gli stranieri, questo e' rendere ridicolo un discorso complesso.
E io non ho detto che tu lo hai detto; ho detto che associ chi tifa Cecchinato (sottintendo per motivi di nazionalità) a un italiano che discrimina i non italiani.
Il discorso sarà anche complesso e non lo ritengo ridicolo; è semplicemente la sintesi delle tue affermazioni nei tuoi vari post.

1. Osservi il crescere dell'interesse attorno a Cecchinato anche da parte di chi segue poco il tennis solo perché italiano;
2. Dici che la cosa ti rattrista;
3. A chi ti chiede perché ti rattrista dici che ti rattrista il nazionalismo perché porta discrimine, odio e guerre.

Dunque l'interesse per Cecchinato per motivi di nazionalità è associato al nazionalismo becero e discriminatorio.

Se la cosa è diversa o non capisco io o ti spieghi male tu.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

paoolino ha scritto:
Nickognito ha scritto:E ovviamente non ho mai detto che chi tifa Cecchiantoi discrimina gli stranieri, questo e' rendere ridicolo un discorso complesso.
E io non ho detto che tu lo hai detto; ho detto che associ chi tifa Cecchinato (sottintendo per motivi di nazionalità) a un italiano che discrimina i non italiani.
Il discorso sarà anche complesso e non lo ritengo ridicolo; è semplicemente la sintesi delle tue affermazioni nei tuoi vari post.

1. Osservi il crescere dell'interesse attorno a Cecchinato anche da parte di chi segue poco il tennis solo perché italiano;
2. Dici che la cosa ti rattrista;
3. A chi ti chiede perché ti rattrista dici che ti rattrista il nazionalismo perché porta discrimine, odio e guerre.

Dunque l'interesse per Cecchinato per motivi di nazionalità è associato al nazionalismo becero e discriminatorio.

Se la cosa è diversa o non capisco io o ti spieghi male tu.
ho esteso il discorso allo sport in generale, non tanto a un episodio di un tennista, o una singola occasione. La singola occasione mi rammenta che anche il tennis e' vissuto come in genere e' vissuto lo sport.

Non e' tanto importante che io associ delle cose. Io associo mentalmente un sacco di cose, quasi tutte le esistenti, fra di loro. Il collegamento diretto c'e' solo in cio' che e' e rappresenta lo sport, in generale.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da taylorhawkins89 »

Capisco il discorso di Nick, c'è stato un biennio in cui mi rifiutavo di vedere tutte le competizioni nazionali, persino i mondiali, ma applicarlo all'Italia per me è un tantino fuoriluogo, almeno per gli sport che seguo.
Calcio: le partite europee e i mondiali (senza Italia) vengono trasmesse regolarmente e seguite altrettanto, il tifo per le italiane è puramente campanilistico, se una squadra rivale avanza in champions viene gufata (vedi sfotto' alla mancata rimonta della Juve contro il Real), al netto di cenerentole che giocano bene tipo Roma e Napoli.
Ciclismo: Nibali divide gli appassionati, il 50% lo considera un atleta fortunato, Aru, il più promettente dopo il siciliano, è letteralmente odiato da un buon 70% degli italiani, non scherzo.
Tennis: a parte livetennis :D , mi pare sia un sport esente da alcun nazionalismo, poi se una Giorgi, una Schiavone, una Vinci giocano alla grande giusto appassionarsi e tifarle. Cecchinato che arriva in semifinale dopo quarant'anni giusto che desti attenzione sia tra gli appassionati che nella stampa, è un evento raro.

Qualsiasi confronto con nazioni come la Francia è impari. Sono molto più attaccati loro alla bandiera, noi siamo dei campanilisti al massimo.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da stefano61 »

Nickognito ha scritto:
mi si dice che non mi piace la storia. Se adesso si vuole negare anche il ruolo di indottrinamento che sta dietro il creare una nazione, boh
La faccenda secondo me è più complessa di così, le nazioni non sono scaturite da un cattivo "indottrinamento" ideologico. Prima della creazione degli stati nazionali, c' erano altre forme di "sintesi politica", e ancor prima la contrapposizione amico-nemico è sempre stata alla base delle forme organizzate di collaborazione tra individui.

Questo non implica, di per sè, che non si possa arrivare alla completa internazionalizzazione, e al superamento degli stati nazionali - ma gli ostacoli non sono solo di ordine ideologico. Lo vedi da fenomeni come il referendum sull' indipendenza scozzese, o ancor più dalla disgregazione della Jugoslavia. E tu stesso vivi in un paese in cui Cechi e Slovacchi hanno deciso di separarsi.

La nazionalità non può essere liquidata come un' irrilevante sovrastruttura inculcata dall' alto.

Il discorso è ovviamente molto complicato, e non pretendo certo di affrontarlo qui adeguatamente - nè ho competenze o titoli per farlo.

Il discorso del tifo nazionalistico va inquadrato in un' ottica molto più generale. Per come la vedo io, se le tensioni e i conflitti internazionali potessero essere limitati all' ambito sportivo, avremmo già fatto un gigantesco passo avanti :)
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

stefano61 ha scritto:
La nazionalità non può essere liquidata come un' irrilevante sovrastruttura inculcata dall' alto.

Il discorso è ovviamente molto complicato, e non pretendo certo di affrontarlo qui adeguatamente - nè ho competenze o titoli per farlo.

Il discorso del tifo nazionalistico va inquadrato in un' ottica molto più generale. Per come la vedo io, se le tensioni e i conflitti internazionali potessero essere limitati all' ambito sportivo, avremmo già fatto un gigantesco passo avanti :)

Vero, ma non intendevo liquidarla, intendevo sottolineare che la sovrastruttura c'e' anche, come elemento importante. Ma anche cio' che e' naturale, e non e' sovrastruttura, e' per me un senso di appartenenza molto simile al razzismo e in gran parte negativo.

Sullo sport come sfogo al posto di una vera guerra, boh, non sono molto convinto, anche perche' appunto lo sport e' finanziato dai governi direttamente, per il loro stesso prestigio, c'e' un collegamento diretto. Di certo se ci fossero solo rivalita' sportive non avrei nessun problema ad accettarle :)

Poi, come diceva taylor, in altri paesi e' peggio. Senza dubbio, se vedo un torneo dal vivo a Praga con un ceco in campo mi incazzo ogni volta, ovvio :)
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Pindaro »

taylorhawkins89 ha scritto:una Giorgi
Prendiamo una Giorgi.
Non fosse italiana, in questo forum, non la considererebbe forse nessuno.
A prescindere dalle fattezze graziose.
E sarebbe all'indice, come tutte le giocatrici fatue.
Cecchinato, fermo restando la sua grandissima prestazione, fosse stato uno spagnolo, con lo stesso identico modus iocandi(?), sarebbe stato inviso
a moltissimi.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da taylorhawkins89 »

Guarda, la Giorgi questo torneo poteva perdere da una due giocatrici e ha pescato malissimo, obiettivamente il suo terzo turno è stata una delle migliori partite a livello femminile, in più come dici tu è anche carina, perchè mai non dovrebbe essere tifata?
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

"International sporting competition is war. And in war, if you play by the rules, you shouldn't expect to win." PUTIN'S GAME on E:60 this Sunday"

Ecco, questo prossimo speciale di ESPN sui prossimi mondiali e la guerra vinta da Putin per ottenerli, e' un esempio di quello che sto dicendo, molto piu' pertinente del discorso Cecchinato.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

Vitaly Mutko, a member of FIFA's powerful executive committee since 2009, was seeking re-election. Infantino didn't want any problems, but there were two: Mutko had just been elevated to become a Russian deputy prime minister, and FIFA rules mandated that government officials may not serve on the committee; also, Mutko was implicated in perhaps the biggest state-sponsored sports doping effort in history -- a scheme said to have included dozens of Russian soccer players.

Maduro and his colleagues saw no way Mutko should be allowed even to run for re-election. But Infantino and two top lieutenants seemed panicked about how the Russians might react to Mutko losing his spot, and they pleaded for an exception. The threat to Maduro was clear: Let Mutko be, or you'll be out of a job.

Maduro was stunned. Did Infantino really want to go down this path? Did he really want to undermine and render hollow his promises of a new, reformed FIFA? To what end? For Russia?

Over the course of the past year, ESPN's Outside the Lines traveled to Russia and several other countries to interview dozens of people -- from Russian sports officials to critics inside the country; from the lawyer who led the probe into doping at the Sochi Olympics to officials with ties to FIFA; from experts on President Vladimir Putin to former U.S. intelligence officers. OTL also reviewed more than 1,500 pages of documents related to Russia's World Cup bid and the doping scandal that has tainted the country's entire sports program.

What emerges, as the World Cup nears kickoff in 11 Russian cities, is the story of FIFA and other sports governing bodies repeatedly kowtowing to Russia despite evidence of widespread doping, computer hacking and allegations of bribery of sports officials. And it's the story of how those actions have fueled an unrelenting effort over the past decade to speed Russia's return to sporting superiority, from the Olympics to soccer to a range of minor sports.

"Sport is incredibly important to how the Russian people view their role in the world, and the power of the state, and how the nation is doing relative to other nations," says Michael Morrell, a former acting director of the CIA and an agency analyst for 30 years. "It shouldn't be surprising to anybody that [Putin] would do everything he could to manipulate FIFA."

IT HAS BEEN nearly three decades since the fall of communism and the breakup of the Soviet Union, but there remains in Russia a pervasive push and pull between past and present. The tortured dichotomy is nowhere more stark than in Red Square. There, directly across from Lenin's tomb, is a sprawling, high-end, state-owned shopping mall that, when lit at night, looks like the entrance to Disneyland. And just off Red Square, near the Krispy Kreme on picturesque Nikolskaya Street, you can sidle up to a Stalin lookalike, who, for a handful of rubles, will gladly put his arm around you and pose for pictures.

There is undoubtedly a nostalgia for the muscular Russia of the Soviet era, an effort to recapture pieces of history -- some that age better than others. Sport is one of those areas, and Putin seems to understand its ability to boost a nation's self-esteem. Just after Christmas last year, the movie "Going Vertical" became an instant hit in theaters across Russia. It dramatized the story of the Soviet Union's controversial victory over the powerhouse U.S. men's basketball team at the 1972 Summer Olympics -- a counter-narrative to America's "miracle on ice" in 1980.

In the Soviet era, the country was an Olympic juggernaut, the world's most dominant force. The Soviet Union competed in nine Summer Games beginning in 1952, winning the gold-medal count six times and finishing second the other three. Beginning in 1956, the Soviets had similar supremacy in the Winter Games, taking the gold count in seven and finishing second twice.

But after the breakup, Russia saw an Olympic freefall to match its politics and economy. The country hasn't topped the gold medal standings in a single Summer Games, and it has finished progressively worse each year. The Winter Games followed a similar pattern. At the Vancouver Games in 2010, Russia fell to 11th in the gold-medal count with just three, one fewer than the Netherlands and Austria.

"The Vancouver Games were the final point of the destruction of Russian sport," says Mutko, perhaps the most central figure in the country's post-Soviet sports apparatus. "It was the end. Until 2006, Russia could not have been bothered with sports. In 2000s, we still had food shortages, we had a war in [Chechnya], so sports was simply abandoned."

By 2007, Putin had begun the process of re-emphasizing sports. His in-person lobbying at the International Olympic Committee vote in Guatemala City was credited with helping to land Sochi the Winter Games. A year later, Putin named Mutko, a longtime political ally, as his minister of sport, tourism and youth policy.

From that point, Mutko was Putin's chief sports protagonist. In hindsight, he appears an unlikely figure. During a two-hour interview with Outside the Lines, Mutko, speaking in Russian, told of growing up in a small village near the Black Sea, the only child of parents who worked in a lumber mill. "Even when my parents sent me off to summer camp each year, I would always cry," he says, laughing. "I was a homebody." He tells a romantic tale of riding on a boat as a young boy, watching the sunset and becoming excited by an announcement that the beloved Russian poet, Alexander Pushkin, often visited the Black Sea. Mutko says he reflected on Pushkin's work and soon dreamt of a career as a sea captain.

Mutko says those dreams lured him to school in St. Petersburg, but he ultimately moved into politics in the late 1980s, as national upheaval percolated. In the early '90s, he met Putin and both worked under St. Petersburg mayor Anatoly Sobchak, whose efforts to boost the city's cultural significance seemed to spark Mutko's entry into sports.

"Sobchak was a big politician, a democrat, big-picture visionary who saw St. Petersburg as a very European city -- an international center for banking and commerce," Mutko says. "Sports and the social aspect was really important for this program."

Mutko's power and influence expanded through the next decade, along with Putin's ascendance, particularly in soccer; he was elected president of the Russian Football Union in 2005, four years before he was named to FIFA's executive committee, since renamed the FIFA council.

He says it was around that time when he pitched the idea of Russia bidding for the 2018 World Cup. It wasn't an entirely easy sell, given that Putin is not a soccer fan, but Mutko was feeding the president's broader mission -- although Mutko insists Putin's motives are misconstrued.

"They try to portray it in the West as if we're trying to boost some sense of superiority," Mutko says. "That's not the case, that's not what we do it for. Through these projects, we are simply trying to develop the country."

Whatever the broader goals, Mutko had a clear mandate: Russia will rise again. There will be no more losing.

FOUR YEARS AFTER the Olympics in Vancouver, the host Russians dominated: They won 13 gold medals, 11 silvers and nine bronzes in Sochi, leading the overall medal count. Mutko told reporters, "When you believe in people, everything works out. The Sochi Olympics have shown that we are on the right track, and we are not going to veer away from this path."

But within months, accounts emerged that it was all a sham.

Richard McLaren was hired by the World Anti-Doping Agency to investigate media reports of a brash, government-led effort to corrupt the Olympics. He was doubtful at first. The details seemed pulled from the pages of a spy novel: urine samples secretly shuttled through a mouse hole, Russian counterintelligence officers manipulating supposedly tamper-proof bottles, dirty urine swapped for clean.

"I've never been involved in an investigation where the entire ministry of government is involved in different phases of what's going on," says McLaren, an attorney and law professor at Western University in London, Ontario. "I thought, 'This has gotta be fanciful.' ... I quickly was disabused of my disbelief."

McLaren also quickly came to realize how high the plot reached. He compiled evidence that Mutko met several times before and during the Sochi Games to discuss the plan with Dr. Grigory Rodchenkov, who was then the head of Russia's anti-doping lab. Emails tied Mutko and his deputy directly to the scheme, which implicated more than 1,000 athletes across 30 sports. McLaren ultimately would describe an "institutional conspiracy" that began at the Summer Games in London in 2012, continued through several international championships and culminated in Sochi.

The doping program also hit the sport most closely associated with Mutko. He was accused of personally covering up a doping violation by a Russian soccer player, and a story in Britain's Mail on Sunday newspaper said McLaren had found 34 soccer players with possible connections to doping. McLaren's report also described how WADA had seized more than 3,000 suspect samples from the Russian anti-doping lab, and McLaren later told the German television network ARD that 155 of those were from soccer players.

As McLaren and his team investigated, they began to fear they were being watched by the Russians. He also described efforts to hack into his computer system and having received a steady stream of hostile and sometimes threatening emails, most of which appeared to originate from Russia. Asked how seriously he took the threats, McLaren says, "When you're dealing with the subject matter that I was dealing with, you don't just toss them off lightly. You pay attention to what's going on."

When McLaren published his findings beginning in the summer of 2016, FIFA's new president, Gianni Infantino, promised that his organization would look into the doping allegations and that Russia would face any "necessary actions and sanctions" before the World Cup.

McLaren waited nine months for his phone to ring. Finally, he says, he received a call from the organization's anti-doping representatives. They wanted to meet. McLaren went to Zurich, walked through all his findings and offered to help FIFA investigate. But that was the end of the interaction. McLaren says FIFA never followed up, and, last month -- nearly two years after the first of McLaren's two reports was published -- FIFA announced there was insufficient evidence that any current members of the Russian World Cup squad committed any doping violations.

"That surprises me," McLaren says.

McLaren says his investigation revealed that in the hours before WADA representatives showed up in Moscow to seize more than 3,000 questionable samples, the Russians engaged in a night of swapping dirty urine for clean to protect several high-profile athletes. But he's confident the Russians didn't clean up all the cases.

"I think there were a lot of other dirty samples that were never swapped that are also in there," he says. "And not many of them had been analyzed. But FIFA says they've analyzed the 155 that relate to their sport. I have to take them for their word." Asked if he thinks FIFA has slow-played its investigation of possible doping by Russia soccer players, McLaren says, "Oh yeah."

Three months ago, FIFA issued a three-page FAQ defending its responsiveness to the doping allegations. In it, the organization said it had been working closely with WADA, that suspicious samples had been re-analyzed and that "Sanctions cannot be imposed based on mere suspicions or limited facts."

In a statement provided to Outside the Lines, a spokesman wrote that FIFA hadn't been in contact with McLaren since last summer because "he had no more responsibility in the investigations, which were fully handled by WADA's intelligence and investigation unit."

Amid the doping scandal playing out, Putin promoted Mutko to deputy prime minister.

Mutko denies he had any role in doping Russian athletes -- or, for that matter, that there was much doping at all by the host country. "We are convinced," he says, "that Sochi was the cleanest and best Olympics that have yet taken place."
Russian athletes wore uniforms with the logo OAR -- Olympic Athlete from Russia -- at the 2018 Winter Games after doping allegations led the IOC to ban an official Russian entry. AP Photo/Jae C. Hong

MIGUEL MADURO IS a serious man who saw himself on a serious mission, and he wanted to believe Gianni Infantino.

As Infantino sought to manage reports of state-sponsored doping by the country that would host the first World Cup of his presidency, he also worked to reassure FIFA membership that he was cleaning up its mess. In May 2016, a few months after his election, Infantino addressed a group of soccer officials in Mexico City and promised to end the corruption. No more bribery. No more vote-swapping. No more obscene perks. "I can officially inform you here, the crisis is over," he told the group, as if, just like that, he could wash away the series of revelations and indictments that toppled his predecessor, Sepp Blatter.

Infantino promised a hands-off approach with Maduro's governance committee.

"What was stated to me at the time by President Infantino was that he was really committed to those reforms and to introduce a different philosophy and a different way of doing things at FIFA and soccer in general," Maduro told Outside the Lines.

For the first few months, Maduro and his committee had no problems with Infantino. But then Mutko's name was presented for re-election to the executive council. Despite McLaren's scathing reports on Russia's doping efforts, FIFA seemed determined to protect the Russian minister of sport. Maduro says he went to Infantino and let him know there was no way his group could approve Mutko's candidacy.

Maduro says Infantino responded, "Oh, that's going to create a problem. I told [Mutko] there wouldn't be a problem."

Maduro says he remembers the rest of the conversation unfolding like this:

Maduro: "What can I do about that? ... And even if we will not decide on that [conflict-of-interest] basis, or if we decide there is no problem on that, then the second issue that we'll have to decide is on the doping allegations regarding Mutko."

Infantino: "He's ready to talk to you and explain that there's nothing. He has no involvement, there's nothing."

Maduro: "Well, you know the IOC is investigating."

Infantino: "You will see. The IOC is never going to do anything."

Maduro says that not long after Infantino pleaded his case, he was paid a surprise visit by two of Infantino's top lieutenants -- secretary general Fatma Samoura and audit and compliance committee chair Tomaz Vezel. Maduro says he was in Brussels when he received a call that they were flying from Zurich to see him. They agreed to meet that evening, but Maduro says Vezel called him ahead of the meeting, ostensibly to apologize for what was coming.

"I cannot say this in front of the secretary general. I wanted to apologize, but you know, the president asked me," Maduro quotes Vezel as telling him.

At the meeting, Samoura did most of the talking, according to Maduro, and she pleaded to find a way to keep Mutko in place. He recalls that she came off as panicked in offering a range of comments:

"This is going to make it very hard on us. ... Mr. Mutko is very afraid for his position in the government. ... This will destroy the World Cup. ... The Russians will make [Infantino's] presidency hell. ... This could be the end of the Infantino presidency, and if that happens, the reforms will be lost and bad people will come back to FIFA."

But Maduro and his committee held firm on Mutko. And sure enough, a year after Infantino trotted him out in Mexico as a commitment to reform, Maduro was fired. He says he found out in a phone call from one of Infantino's assistants the day before he was scheduled to fly to Bahrain for FIFA's 67th Congress in May 2017.

"Fortunately they bought the flight, so I didn't have to pay," he says.

The FIFA spokesman defended the organization's actions and disputed any suggestion Infantino and others exerted pressure on behalf of Russia. "FIFA has never put the competencies of previous committee members into question and has always respected their decisions. For these exchanges to be portrayed as undue influence is factually incorrect."

Four months after he was fired, Maduro was called to testify before British lawmakers investigating problems at FIFA.

INFANTINO DIDN'T STOP at getting rid of Maduro. He also ousted the leadership of FIFA's ethics committee, which had been looking into, among other things, Russia's possible improper support of Infantino before and shortly after the election to replace Blatter.

In particular, Infantino came under scrutiny for at least two flights on private jets provided by Russian interests. In one case, he had a late-evening meeting with Putin in Moscow, then was shuttled to Qatar on a plane owned by a subsidiary of Gazprom, Russia's state-owned energy company. Gazprom is an official partner of FIFA and a sponsor of both the World Cup and the UEFA Champions League.

In another instance, Infantino was provided the use of a private jet for a family visit to meet Pope Francis at the Vatican, according to a report in London's Daily Mail; the plane's tail number bore the initials of a company owned by Alisher Usmanov, a Russian oligarch who is a Putin ally and owns 30 percent of the Premier League team Arsenal. Usmanov also is a member of Russia's World Cup organizing committee and president of the International Fencing Federation.

Three months after the purge atop the ethics committee, Infantino was cleared by the new leadership. FIFA's new investigators concluded Usmanov had sold his plane two years earlier to Leon Semenko, another Russian businessman who is a close friend of Infantino. In its ruling, the committee wrote that after a "diligent" investigation over several weeks, "It was found that no violation of the FIFA Code of Ethics had been committed by Mr. Infantino."

Shortly after Maduro was fired, three of his colleagues from the governance committee resigned in protest. One of them, Navi Pillay, a South African judge and former United Nations high commissioner for human rights, wrote in an email to FIFA that the association had violated "standards of good conduct" and exerted "undue influence" to keep Mutko in place. Another committee member who resigned, NYU law professor Joseph Weiler, filed a formal complaint to FIFA's ethics committee.

"We were always wondering what was pushing Infantino," Weiler told Outside the Lines, "because he could have simply said to the Russians, 'Look, what can I do? I have this independent committee; our hands are tied.' But in the face of everything he kept pushing. ... To push us like that, to ask us to break the rules, there must have been tremendous pressure."

"We were always wondering what was pushing Infantino. ... There must have been tremendous pressure."
NYU law professor Joseph Weiler, one of three FIFA governance committee members who quit in support of Maduro

Asked why he thinks FIFA would have pressured Maduro and his committee, Mutko says, "I don't know. I wasn't present [at that meeting]. You're telling me that, but I don't know if he talked to him. Perhaps you know, but I don't. I believe that if [Infantino] had said that, Maduro would have let me [run]." Mutko laughed.

Several sources with knowledge of FIFA told Outside the Lines that the battle over Mutko was driven by two dynamics: First, with the World Cup coming to Russia, Infantino needed to go all out to placate the host country; second, because the executive committee holds considerable sway, the Russians wanted to ensure they retained a seat at the table.

In the end, Russia kept its spot after all. Shortly before the elections, with Mutko disqualified and four other candidates in line to slide into four open spots, Geir Thorsteinsson, a former president of the Football Association of Iceland, withdrew his name from consideration. He was quoted saying that though he remained eligible, recently approved rule changes led him to conclude he shouldn't run. Ultimately, Alexei Sorokin, the chief executive of Russia's World Cup organizing committee, stepped into the spot slated for Thorsteinsson. He ran unopposed and Russia had its place back on the executive committee.

"When I said that this is a political cartel, it's a political cartel," says Maduro, the dean of the School of Transnational Governance at the European University Institute in Florence, Italy.

Thorsteinsson told Outside the Lines his decision had nothing to do with the Russia situation. "No one ever asked me not to run," he said.
Employees work at Russia's national drug-testing laboratory in Moscow after accusations of state-sponsored doping at the 2014 Sochi Olympics. AP Photo/Alexander Zemlianichenko

IN THE THROES of the developing situation involving Mutko, the Ministry of Foreign Affairs of the Russian Federation issued a media release describing a phone conversation between Foreign Minister Sergey Lavrov and then-U.S Secretary of State John Kerry.

The release said that the two men discussed steps to finding a solution to the conflict in Syria and to "suppressing terrorist groups operating on Syrian soil in light of the recent accords reached during Mr. Kerry's visit to Moscow."

It seemed hardly unusual. But there was a strange, second piece to the conversation cited in the release.

"Minister Lavrov also told the Secretary of State all he thought about the provocative anti-Russian demands made by the U.S. Anti-Doping Agency [USADA] to the International Olympic Committee [IOC]," the release read.

In the wake of the doping reports, USADA, along with dozens of other nations' anti-doping agencies, had been pressing the IOC to ban the entire Russian team from the upcoming Summer Games in Rio. USADA was hammering away at the IOC, pointing not only to the state-sponsored doping scheme but also to the country's efforts to intimidate and silence whistleblowers.

Back at the USADA offices in Colorado Springs, Colorado, Travis Tygart learned of the exchange through a tweet posted by the Russian news agency TASS. He was shocked, though not surprised. Tygart, head of USADA, had seen and faced a lot of hostility over the years. He had led the charge to expose Lance Armstrong as a drug cheat, prompting death threats, vicious emails and even efforts to hack the agency's computer system.

Still, Tygart always had reasoned, those were obsessed or overzealous sports fans, devotees blinded by their Tour de France-winning hero. This, though, was different. This was a top-level government official, signaling something much more serious.

"These SOBs are coming for us in a big way," Tygart says he thought when he first saw the tweet. "We kind of had a sense, I guess, of [Russia's] willingness to try to take us down. You know, if it's coming up and being reported that Lavrov is talking to Kerry about it, holy cow, it's like that's at the highest level."

Within months, USADA, WADA and the IOC would be the victims of cyberattacks by the organization known as Fancy Bear -- the hacker group linked to Russian military intelligence that tried to sway the 2016 U.S. presidential election. In one case, the hacks captured the legal therapeutic use exemption information of more than 200 U.S. athletes, including Serena and Venus Williams and gymnast Simone Biles. Fancy Bear was trying to make the case that the exemptions reflected that Americans had cheated and were no better than the Russians. (Those exemptions are permitted, where appropriate, for documented medical needs.)

Today, Tygart says USADA continues to face efforts to hack its system. Along with more than 30 of its counterparts around the world, USADA has continued to press the IOC to take action against Russia, right up to the start of the Winter Games in South Korea a few months ago.

The IOC's response has been mixed, reflecting its political complexities. At Rio, the organization rejected WADA's recommendation to ban the Russian team. Finally, before the Pyeongchang Games -- with three separate investigations effectively affirming a state-sponsored doping conspiracy in Sochi -- the IOC acted. But a media release and public statements seemed carefully crafted to suggest a ban when, in fact, Russia was able to send one of its largest contingents ever; and though athletes couldn't compete under their own flag, their uniforms were allowed to read, "Olympic Athlete From Russia." The only clear losers were Mutko and a top assistant, who were banned for life.

At the Games, two Russian athletes tested positive for banned drugs, and after the Russian men's team won the gold in hockey, the players flouted the "ban" by singing the country's national anthem over the sounds of the Olympic anthem. Both acts were expected to undermine Russia's hopes for reinstatement by the IOC.

Yet, within days of the Games ending -- despite ongoing and strict suspensions of Russia by the International Paralympic Committee and the International Association of Athletics Federations, track and field's world governing body -- the IOC fully restored Russia's status.

"They wanted to bring Russia back into the fold," McLaren says. "And that's exactly what they did."

Tygart says he fears the mixed messages from within the international sports community reflect who is in bed with the Russians.

"The worry is, at the IOC level, whether they've been bought or somehow compromised, because that's how the Russians operate," he says. "And if you've been compromised, your ability to hold others accountable, phew, it goes in the dirt."

Russia's reach extends beyond major sports organizations such as the IOC and FIFA, and no entity or sport seems too small. Nowhere has this dynamic been more acute than at the International Biathlon Union. The winter sport, which combines cross-country skiing and rifle shooting, has a niche following in the United States but is quite popular in Russia and throughout Europe.

In April, Austrian police raided the biathlon federation's headquarters in Salzburg in the wake of tips generated by WADA's investigative unit. Rodchenkov, the whistleblowing former head of Russia's anti-doping agency, described how biathlon's two top officials -- president Anders Besseberg and secretary general Nicole Resch -- were bribed, according to the French newspaper Le Monde, which headlined its story, "How Russia bought the International Biathlon Union."

A classified report, according to the newspaper, said Besseberg and Resch were targeted specifically, and that Russia had infiltrated the biathlon union for years. They have denied the allegations. The paper quoted from a classified report that said, "The primary purpose of the corrupt practices is to ensure the protection of doping Russian athletes."

One veteran Russia analyst, speaking on the condition of anonymity, told Outside the Lines that the practice of infiltrating organizations to muddy any investigations is standard operating procedure for Putin's government. "It becomes absurd after a while," the analyst said. "They become part of the watchdogs, watching themselves."
Putin, right, and FIFA president Gianni Infantino speak during the 2018 soccer World Cup draw in the Kremlin. AP Photo/Dmitri Lovetsky

THIS PAST DECEMBER, Infantino and Mutko -- still presiding over Russian football and the World Cup effort -- sat side-by-side at a news conference in Moscow. The event was supposed to focus on the World Cup draw, but instead Mutko was hounded by questions about doping. The session came as the IOC was preparing to make its decision about whether to ban Russia from the Winter Games in South Korea, and Mutko was defiant.

"Nowadays, everyone is trying to make some kind of axis of evil out of us, just because we're a great sporting power," Mutko told reporters. "There never has been and never will be any manipulation in football around the national team."

Infantino seemed nonplussed. Months after his prediction to Maduro that the IOC would not act, he said he was "very relaxed" about the looming decision regarding Pyeongchang.

Asked how IOC action might affect FIFA's approach to Russia and the World Cup, he said, "The answer is simple, it will have no impact. We are speaking here about the World Cup, not the Olympic Games."

Four days later, Mutko received his lifetime ban from the IOC and the Russian team was handed its quasi-ban for Pyeongchang. And yet, as Infantino promised, the decision seemed to have no impact on FIFA. All systems were go for the World Cup.

Last month, weeks before the start of the World Cup, there came a new wave of allegations: The German TV network ARD reported that questions remained about whether FIFA had analyzed a series of conspicuous urine samples from several players on Russia's World Cup squad.

The report also added further allegations to how Mutko had protected Russian soccer players believed to have doped, saying he previously directed a series of suspicious samples to be buried by Russia's anti-doping lab. The story quoted Rodchenkov saying, "I received order from Mutko that we don't need positives in football."

ARD, which had aired the initial report that began to lay bare Russia's state-sponsored doping scheme, also quoted an unidentified FIFA insider saying that "Gianni Infantino doesn't want to get in trouble with the Russians."

"This is more than obvious: If you say anything critical about Russia to Infantino, you are risking your career," the source was quoted as saying. "It's quite clear that Infantino wants to protect Russian interests to avoid putting off Russian sponsors."

Two days later, FIFA issued a statement that Russia's World Cup team was clean. The statement said, "Insufficient evidence was found to assert an anti-doping rule violation."

By this point, Mutko had met his objectives and appeared to be moving away from Putin's sports apparatus, for reasons that are unclear. First, Mutko temporarily stepped aside as president of the Russian Football Union, then days later he resigned as the head of Russia's World Cup organizing committee. He insisted the decisions were his alone -- moves made to avoid becoming a distraction -- but that became harder to believe when he was later removed as minister of sport and given a new role as a minister overseeing construction and regional politics.

ON A SNOWY March day in Moscow, Mutko spoke somewhat wistfully to Outside the Lines about how he felt he had been treated by the international sports community.

"Look, as a human being, I can say all this is unpleasant," he said. "I'm not 16 years old. When you invest all your health and time and life into football and other sports, you shouldn't treat people like this. But since we're an Orthodox Christian country, we assume God sees everything."

He laughed: "We aren't vindictive, but we don't forget anything." Then he paused before adding, "I'm just joking."

On the eve of the World Cup, Vladimir Mozgovoy, the sports editor of Novaya Gazeta, one of the few opposition media voices in Russia, offered what was essentially a eulogy to the Mutko era of Russian sports. Not coincidentally, the piece spoke as much to Russia's grand plans around sport as to the country's new minister of construction and regional politics.

"Sport was charged with more than it could carry," Mozgovoy wrote. "And [Mutko] was to some extent hostage of those exorbitant ambitions. ... The doping scandal that is nowhere close to its end is just a consequence of the size of those ambitions. The role of Mutko specifically is still not clear to this day and is unlikely to become clear in the near future. I don't want to underestimate his 'achievements,' but I believe the role of the main villain he got was more due to his title/position than the specific set of circumstances. When the World Cup is over, the ambitions will subside and the sport will be pulled back from the frontline."

That might be true for soccer, but it does not appear Putin has any plan to retreat from the frontlines of his grander designs of using sports to shape Russia's image both internally and internationally.

In an interview last year with Olympic historian David Miller, Putin hinted that Russia might make a run at hosting the Summer Games -- completing a trifecta that would have Putin landing his country the world's three largest sporting events. The IOC's next open date: 2032.

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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Pindaro »

Nickognito ha scritto:"International sporting competition is war. And in war, if you play by the rules, you shouldn't expect to win." PUTIN'S GAME on E:60 this Sunday"

Ecco, questo prossimo speciale di ESPN sui prossimi mondiali e la guerra vinta da Putin per ottenerli, e' un esempio di quello che sto dicendo, molto piu' pertinente del discorso Cecchinato.
Non capisco.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da stefano61 »

Nickognito ha scritto:
anche cio' che e' naturale, e non e' sovrastruttura, e' per me un senso di appartenenza molto simile al razzismo e in gran parte negativo.
Questo è il vero punto filosofico della questione. Se, cioè, il tifo nazionalistico sia in sè moralmente sbagliato.

Da notare, innanzitutto, che il patriottismo non è comunemente assimilato - persino nella nostra epoca in cui ogni forma di discriminazione è considerata negativa - al razzismo, o al sessismo. Al contrario, il sentimento patriottico e l' orgoglio nazionale sono generalmente considerati positivi.
Questo, ovviamente, non costituisce affatto una loro giustificazione. Però, pare strano che ne sia fin qui sfuggito all' osservazione il nucleo essenzialmente discriminatorio, se tale nucleo è presente.

Secondo me, il sentimento di appartenenza nazionale non è in sè discriminatorio, ma può diventarlo se degenera. Una difesa adeguata di questa tesi richiederebbe ovviamente una lunga discussione. In breve, penso che persone riflessive possano mantenere un importante senso di appartenenza alla propria comunità nazionale, riconoscendo al contempo nessuna superiorità di questa comunità rispetto alle altre.

Il problema del tifo è, però, se in esso si esprima il lato positivo o quello negativo del sentimento di appartenenza nazionale. E qui diventa difficile difendere la "narrazione ottimistica", visto che il tifo tende facilmente a degenerare. In realtà, anche il patriottismo - come ben sappiamo - tende a degenerare in forme di sopraffazione, e ci si può ben domandare se non sarebbe meglio superarlo completamente.

La mia opinione è che le persone non possano essere "sradicate" dalle comunità di appartenenza senza mettere a rischio la loro stessa identità. Questa tesi "comunitaria" non è vera in modo ovvio, e anche qui ci sarebbe parecchio da discutere - ma ha una sua plausibilità.

Il tifo sportivo, entro certi limiti, perchè dovrebbe dunque essere negativo, se è espressione di ciò che fonda la nostra identità sociale? Se la competizione tra nazioni è negativa anche a livello sportivo, perchè non sostenere che lo sport stesso dovrebbe essere eliminato, trattandosi comunque di una forma di contrapposizione tra individui o gruppi di individui?

Le concezioni del rispetto dell' evversario e della tifoseria avversaria a me sembra, invece, che procedano di pari passo - e, se non degenera la competizione sportiva, perchè dovrebbe necessariamente degenerare il tifo, anche quello nazionalistico?

Non pretendo certo di esaurire l' argomento con queste osservazioni sparse, ma spero di aver dato un' idea di come si possa tentare di difendere la "un' etica del tifo".

Vedrò, poi, di rispondere anche all' importante questione che sollevi sugli aspetti politici dello sport a livello internazionale :)
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Ace Man »

Ma il tifo non è una malattia?
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

stefano61 ha scritto: Questo è il vero punto filosofico della questione. Se, cioè, il tifo nazionalistico sia in sè moralmente sbagliato.

Da notare, innanzitutto, che il patriottismo non è comunemente assimilato - persino nella nostra epoca in cui ogni forma di discriminazione è considerata negativa - al razzismo, o al sessismo. Al contrario, il sentimento patriottico e l' orgoglio nazionale sono generalmente considerati positivi.
Questo, ovviamente, non costituisce affatto una loro giustificazione. Però, pare strano che ne sia fin qui sfuggito all' osservazione il nucleo essenzialmente discriminatorio, se tale nucleo è presente.
La mia posizione e', se non ricordo male, piuttosto simile a quella di Amartya Sen nel suo libro Identita' e Violenza.
Nulla per me e' totalmente negativo, nemmeno la distinzione tra maschi e femmine e' negativa e puo' semmai diventarlo. Ma il motivo per cui solo il nazionalismo non e' considerato discriminazione, ma solo positivo, e' puramente politico. C'e' interesse che sia cosi'. Ed e' proprio il discorso dell'identita' ce hai fatto tu. La nazione, la patria, il popolo, non sono affatto, naturalmente, una identita' primaria. Sono una delle tante. Diventa primaria (ed in alcuni casi questo e' evidente e clamoroso, e lo si vede spesso in nuove nazioni nate), per progetti politici precisi, che sono normali in una nazione (che ci sia un dittatore o che ci sia una democrazia). Solo la religione ha un impatto simile, ma per motivi molto piu' logici (una cosa e' spiegare l'importanza di un confine geografico convenzionale, un'altra e' spiegare l'importanza di una vita eterna e felice solo se fai qualcosa, puoi dire che credere entrambe le cose sia assurdo, ma, se vera, l'influenza della seconda e' ovviamente maggiore).

Non a caso ci sono ricerche come il tifo sportivo nazionalista sia limitato nelle democrazie (un dittatore ha piu' bisogno di nazionalismo e sport), e sia inversamente proporzionale al livello di educazione (sostanzialmente, credo, perche' una persona che studia non solo viaggia di piu' e capisce piu' facilmente la convenzionalita' storica delle nazione, ma anche con piu' facilita' acquisisce altre identita': che so, l'identita' che provi con altre persone che vanno ad un concerto con te o leggono i libri che piacciono a te).
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da stefano61 »

Nickognito ha scritto:
il motivo per cui solo il nazionalismo non e' considerato discriminazione, ma solo positivo, e' puramente politico. C'e' interesse che sia cosi'. Ed e' proprio il discorso dell'identita' ce hai fatto tu. La nazione, la patria, il popolo, non sono affatto, naturalmente, una identita' primaria. Sono una delle tante. Diventa primaria (ed in alcuni casi questo e' evidente e clamoroso, e lo si vede spesso in nuove nazioni nate), per progetti politici precisi

Non sarà un' affiliazione "primaria" - od esclusiva - ma certo quella della nazionalità è un' affiliazione importante. Non è il risultato di un progetto politico. I programmi politici nazionalistici tentano di sfruttare il sentimento di appartenenza nazionale per fini ulteriori, di espansionismo militare o di rafforzamento interno del potere agitando lo spauracchio di minacce esterne contro la nazione, o entrambe le cose, ma non creano il sentimento nazionale. Fanno leva su di esso.

Del resto, anche gli internazionalisti più convinti raramente attaccano il sentimento patriottico. E anche se chi detiene il potere politico decidesse dall' alto di abolire le frontiere tra nazioni, non è che verrebbe ciecamente seguìto dalle popolazioni, proprio perchè non stiamo parlando di qualcosa di creato artificialmente che può essere spazzato via da un progetto politico internazionalista.

Se guardi le enormi difficoltà a cui va incontro la costruzione dell' Unione Europea, difficilmente penserai che esse sono solo il prodotto di progetti politici contrari, che pure esistono.

Lo sport è spesso stato sfruttato dai dittatori nazionalisti per dare prestigio e rafforzare il potere interno. Il caso di Putin è solo l' ultimo eclatante caso di una lunga serie, che ha nella Germania di Hitler il suo classico esempio, e nei paesi dell' ex blocco sovietico una delle manifestazioni più "scientificamente" elaborate.

Putin, tra le altre cose, sta tentando di utilizzare l' organizzazione dei Mondiali di Calcio come base per un "riconoscimento politico" in grado di cancellare - o far dimenticare - il risentimento internazionale provocato dall' annessione della Crimea, e altre regioni confinanti, frutto della politica espansionistica russa sotto il suo regime.

Dal punto di vista politico, lo sport - come organizzazione di eventi sportivi - viene anche utilizzato per crearsi credibilità internazionale, o per recupararla. Essere nel consesso sportivo internazionale costituisce un riconoscimento politico ufficiale. Anche se il discorso dell sanzioni sportive è complesso, è importante notare quanto sia in gioco nell' essere ammessi o esclusi da certe manifestazioni sportive internazionali: più che come pura contrapposizione nazionalistica, qui si vede che lo sport è soprattutto ambito di inclusione basato - con tutti i limiti del caso - sul rispetto reciproco.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

stefano61 ha scritto: Non sarà un' affiliazione "primaria" - od esclusiva - ma certo quella della nazionalità è un' affiliazione importante. Non è il risultato di un progetto politico. I programmi politici nazionalistici tentano di sfruttare il sentimento di appartenenza nazionale per fini ulteriori, di espansionismo militare o di rafforzamento interno del potere agitando lo spauracchio di minacce esterne contro la nazione, o entrambe le cose, ma non creano il sentimento nazionale. Fanno leva su di esso.
E' un tema molto complesso cui cui ci possono essere molte legittime divergenze. E, peraltro, e' relativamente importante per il mio discorso. Per dire, la famiglia e' di certo un'affiliazione importante (piu' importante) eppure quasi tutti noi saremmo contrari a un passaporto per famiglie che e' decisivo per poter votare o meno, essere ammesso in certi luoghi o meno, e cosi' via (ad esempio, solo famiglie reali, o nobili possono farlo). La discriminazione per nazioni (nemmeno popoli, nazioni) e' sostanzialmente accettata universalmente come UNICA discriminazione nel diritto internazionale.

In ogni caso, no, penso che le persone abbiano un istinto generico di appartenenza a qualcosa, ma il senso di appartenza ad una nazione sia prevalentemente conseguenza della politica. Pensare a un valdostano paeteggiare per un siciliano, oggi, senza che 150 anni fa il Piemonte avesse fatto campagne militari al Sud, dei politici avessero preso certe posizioni, la lingua italiana si fosse diffusa grazie a progetti politici (incluso il renderlo linguaggio unico nella televisione, e a scuola), per me sarebbe praticamente impossibile.

Non c'e' nemmeno una idea chiara di cosa si intenda per identita' nazionale, il concetto varia da luogo a luogo e la lingua comune ne e' il fondamento piu' importante. Pero' anche questo varia, in un paese bilingue come il Canada questo e'gia' complesso, come lo e' in paesi vicini (ad esempio arabi) che parlano la stessa lingua. Per alcuni sono decisive le tradizioni (per esempio per due ungheresi su tre, ma solo uno svedese su quattro), per altri (ad esempio i giapponesi e gli stessi ungheresi) il luogo dove nasci. Per alcuni la religione.

Nei paesi occidentali, il sentimento nazionale e' decisamente piu'forte per chi vota a destra e per i piu' vecchi e per chi ha studiato di meno.

Ovviamente, non voglio dire che un singolo politico ne sia resposnabile (che so, Trump). Ma e' l'insieme di decisioni politiche in secoli di storia che lo crea. La stessa Francia (che non sono gli Usa, o l'Italia, ma una delle nazioni piu' storiche e compatte) fino a poco tempo fa aveva un decimo della popolazione che parlava veramente francese.

Semplicemente, prima della globalizzazione, c'e' stata una nazionalizzazione, per gli stessi motivi: migliorano i trasporti, urbanizzazione, necessita' per la politica di diffondere una lingua comune o un sentimento comune, diminuisce l'importanza della religione, eccetera. Il sentimento nazionalista e' cio' che serve ai potenti per comandare, una volta che si perde l'idea di essere re per diritto divino, o magari perche' consacrato dal papa.

Una volta creato il mito, lo si trasmette, a scuola, nello sport, nelle campagne elettorali. Un continuo alimentare se stesso.

Ovviamente, anni, se non secoli, di storia, creano un substrato difficile da cancellare con un'altra azione politica (ad esempio, unione europea).

E' tutto un grande mito, un grande inganno, e lo sport ne e' strumento e simbolo. Le conseguenze di tutto questo sono devastanti.

Ovviamente, nulla migliorera' nel senso di 'diventiamo tutti piu' buoni'. Non va cosi' la storia. Prima o poi il futuro ci riservera' qualcosa di diverso (ad esempio una Europa, o ad esempio un'invasione islamica dove la religione contera' piu' della nazione, o magari un giorno ci sara' il clan dei lavoratori contro quello dei nullafacenti, che so). O forse ci sara' qualche evento traumatico che portera' a rivedere questi sentimenti (come una terza guerra mondiale). Difficile dire, al momento non sembra che questo mito sia destinato a finire, ma rimane un puro mito, costruito da potenti nei secoli.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nick »

Ma il tuo discorso non è sbagliato.

Il problema è che vale per una piccola percentuale di popolazione, chiamala elite o menti + evolute, di cui Sen è uno dei massimi rappresentanti.

Ma nella storia del mondo, quello delle divisione a nazioni e relativa retorica è stato ed è il modo + indolore per avere meno violenza e + controllo della società, che diversamente farebbe esplodere violenze ben peggiori.

A parte che il concetto di clan è insito nell'uomo, per non dire degli animali.
Dove si crea sempre un capo.
Pensa alle gang che nascono spontanee.
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nickognito »

Nick ha scritto:
Ma nella storia del mondo, quello delle divisione a nazioni e relativa retorica è stato ed è il modo + indolore per avere meno violenza e + controllo della società, che diversamente farebbe esplodere violenze ben peggiori.
veramente non c'e' sempre stato. E' un fatto recente (500 anni al massimo), prima c'erano imperi, citta' , clan...

Per piu' indolore e meno violenza cosa intendi, guerre mondiali, genocidi, bombe atomiche, erano il modo piu' indolore e meno violento? :D
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Re: le ragioni filosofiche del tifo

Messaggio da Nick »

Si è stata una necessità per dare ordine.
Per dire. prima che nascessero inghilterra e francia come stati nazionali più o meno come sono adesso, cioè circa fine 1400, era una guerra continua lì.
E così in spagna e per ultimo l'Italia fino alla creazione dello stato nazionale nell'800.

E cosi via per le altre nazioni.

Ciò ha comportato altri problemi ma ha ridotto di molto quel problema che comunque persiste.
Problema che ci sarebbe in qualsiasi organizzazione sociale e mondiale tu voglia creare, quello attuale è quello che attenua più di tutti le conseguenze nefaste.
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