Bè dai, non è un libro. È una raccolta di frasi famose che, francamente, più del pdf non vale. Poi, sempre piacere a leggerlo, eh, ma tutto sommato, se prendo il topic "Rino e Gianni on Mike" trovo le stesse frasi e forse qualcuna di più.Johnny Rex ha scritto:Incredibile, ed inquietante, comunque, che l'ultimo libro di Rino non abbia editori ma sia scaricabile direttamente sul sito di Scanagatta . Ipotesi 1)l'ultimo libro è andato molto male Ipotesi 2,più credibile ancora ) per dimensioni non è (era) libro atto ai costi di una pubblicazione.
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Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
"C’è gente che magari sa scrivere, scrive e pubblica sui forum quello che scrive, ma non sa assolutamente leggere..."
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
sara' difficile rivaleggiare con quell di frank deford, una delle migliori che abbia mai letto, ma insomma, vale la pena tentare
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
L'Adelphi pubblica (Piccola Biblioteca 646) Tennis, di John McPhee,narrazione "mentale" della SF US Open fra Ashe e Graebner del 1968,originariamente pubblicato nel 1969. McPhee è stato per molti versi un Foster wallace di alcuni decenni antecedente, un po'meno "mitologico" se vogliamo (nel senso di attenzione dovuta ai grandi). Completa il libro la descrizione di Robert Twynam,capo giardiniere a Wimbledon. Lettura che si prospetta molto interessante,sebbene a (forte) rischio datazione.
F.F.
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Intervista a McPhee
John McPhee è un signore di 82 anni. Tra i pionieri della scrittura creativa, insegna giornalismo a Princeton, ha vinto un Premio Pulitzer e ha lavorato per Time e per il New rorker, con cui collabora tuttora. Nel 1969 uscì uno dei suoi capolavori, Levels of ibe Game (semplicemente Tennis in Italia, arrivato ora grazie ad Adelphi). È lo straordinario racconto della semifinale degli Us Open dell'anno prima tra Arthur Ashe e Clark Graebner. I simboli di due diversi modi di intendere la vita, di due origini lontane, di un futuro differente anche se ancora da intuire. Nelle pagine la cronaca degli scambi si alterna a pensieri, emozioni, storie sulla crescita dei giocatori, frasi di chi li conosce bene. McPhee ha una voce ferma e una passione per il suo lavoro intatta. Ascoltarlo è un piacere.
«In quegli anni mi ero specializzato in profili di vari personaggi, uno per volta. Ma stavano cominciando a diventare un po' ripetitivi e dunque mi chiesi se non era meglio provare con due. Chi potevano essere? Una ballerina e un coreografo, un attore e un regista, un architetto e un cliente ricco e famoso, un lanciatore e un manager di baseball. Mentre ci pensavo mi imbattei in quella partita, del torneo in cui per la prima volta venne abbattuta la barriera tra dilettanti e professionisti a Forest Hills. E mi sono detto: "Sono entrambi americani, hanno la stessa età, si conoscono da quando avevano 11 anni, uno è bianco e uno nero'. Lì mi è venuta l'idea di farne un libro».
Con la "scusa" della partita descrisse la lotta tra l'establishment e un nuovo mondo in arrivo. D'altronde era il '68. Voleva proprio arrivare li quando iniziò a scrivere? «Se a quei tempi investivi impegno e tempo in una storia così era inevitabile finire sul sociale. Sapevi che avresti toccato quegli argomenti, andando nelle loro famiglie, parlando con gli amici, i compagni di stanza al college, scoprendo le loro origini in Virginia e in Ohio».
Come impostò il lavoro? «L'unico modo di parlare di quella partita era sezionarla scambio dopo scambio, perciò serviva la registrazione. Che, a quei tempi, la Cbs cancellava regolarmente. Quando chiamai gli studi un tizio mi rispose: "Appena in tempo, avremmo buttato via tutto tra due ore". Così, in kinescope (filmando la tv), vennero fuori 4 pizze in 16 mm che mi portavo dappertutto con un proiettore che pesava oltre 12 kg. Andai da Arthur, che era all'Accademia militare di West Point, e a casa di Clark a New York. Poi dalle loro famiglie, dai tecnici che li avevano cresciuti. E a uno spareggio di Coppa Davis contro l'India a Portorico. Sempre con quell'attrezzatura gigante. Ero l'unico giornalista presente prima che arrivassero gli indiani e giocavamo a touch football (ero ancora giovane...), stavamo in spiaggia, un gran divertimento. Andavo nella stanza di uno e poi in quella dell'altro a mostrare un set alla volta. prendendo appunti su commenti e pensieri».
Potrebbe ancora succedere? «Molto difficile. Non ho messo alla prova il mio lavoro con il mondo sportivo attuale. Ho scritto di golf ma c'è una specie di muro tra stampa e giocatori». Continua a seguire il tennis? «Certo. Non tutti i match di un torneo ma semifinali e finali le vedo sempre».
Il suo tennista preferito di sempre? «Devo dire Ashe. anche se è contro le regole. Ma l'ho conosciuto molto bene e lui mi ha aiutato così tanto. Era diventato davvero un grande amico. Non ho un libro preferito nella mia vita, ma un giocatore di tennis si. Ed è lui».
Perché i giocatori allora avevano qualcosa di magico fuori dal campo? «Non lo so. O forse sì. Erano più nobili e meno programmati, commercializzati. Ora hanno addosso molta più attenzione. Jack Kramer, grandissimo campione negli Anni 40, girava da un torneo all'altro con una station wagon. Era un mondo di amatori. Da quel 1968, con i soldi e le tv, è cresciuto e cambiato tutto».
Uno scrittore può far. ancora la differenza raccontando storie sportive al giorno d'oggi? «Sì. assolutamente. Ci sarà sempre qualcuno di talento, assorbito sempre più dal soggetto, che alla fine trasmette qualcosa agli altri. Dipende dall'abilità e dalla passione di chi scrive. Certo, oggi è difficile se si tratta di grandi stelle di Nfl o calcio. Ma se cerchi sport meno seguiti o meno ricchi, l'atletica per fare un esempio, trovi più disponibilità ed escono storie molto belle. Io ho scritto spesso di lacrosse, sport in grande crescita ma ancora marginale: la gente è accessibile, nascono grandi racconti».
È rimasto in contatto con l'ambiente dopo l'uscita del libro? «Per cinque o sei anni, dopo la pubblicazione, ho seguito il tennis andando ai tornei. Vedevo tutti. Poi sono rimasto a casa e con Clark ci siamo persi. Ma ho visto Arthur finché è morto. E a lungo Stan Smith e Charlie Pasarell, l'uomo più gentile e simpatico del Nordamerica. Ma più di tutti, tra gli sportivi, ho frequentato il cestista Bill Bradley. aveva giocato anche in Italia. E per dire com'era allora: dopo Milano finì in Nba, giocando per 10 anni nei NY Knicks. Voleva portare la famiglia a vedere la Coppa del mondo in Germania nel 1974 e chiese a quelli di Milano se gli trovavano dei biglietti. E quelli gli risposero: "Quanti ne vuoi, se fai una partita per noi". Andò davvero (al torneo di Rapallo: ndr). Immaginate lo stesso adesso.."
Per inciso, anche io avrei tifato per Ashe ,Gioco splendido e Carattere affascinante.
F.F.
John McPhee è un signore di 82 anni. Tra i pionieri della scrittura creativa, insegna giornalismo a Princeton, ha vinto un Premio Pulitzer e ha lavorato per Time e per il New rorker, con cui collabora tuttora. Nel 1969 uscì uno dei suoi capolavori, Levels of ibe Game (semplicemente Tennis in Italia, arrivato ora grazie ad Adelphi). È lo straordinario racconto della semifinale degli Us Open dell'anno prima tra Arthur Ashe e Clark Graebner. I simboli di due diversi modi di intendere la vita, di due origini lontane, di un futuro differente anche se ancora da intuire. Nelle pagine la cronaca degli scambi si alterna a pensieri, emozioni, storie sulla crescita dei giocatori, frasi di chi li conosce bene. McPhee ha una voce ferma e una passione per il suo lavoro intatta. Ascoltarlo è un piacere.
«In quegli anni mi ero specializzato in profili di vari personaggi, uno per volta. Ma stavano cominciando a diventare un po' ripetitivi e dunque mi chiesi se non era meglio provare con due. Chi potevano essere? Una ballerina e un coreografo, un attore e un regista, un architetto e un cliente ricco e famoso, un lanciatore e un manager di baseball. Mentre ci pensavo mi imbattei in quella partita, del torneo in cui per la prima volta venne abbattuta la barriera tra dilettanti e professionisti a Forest Hills. E mi sono detto: "Sono entrambi americani, hanno la stessa età, si conoscono da quando avevano 11 anni, uno è bianco e uno nero'. Lì mi è venuta l'idea di farne un libro».
Con la "scusa" della partita descrisse la lotta tra l'establishment e un nuovo mondo in arrivo. D'altronde era il '68. Voleva proprio arrivare li quando iniziò a scrivere? «Se a quei tempi investivi impegno e tempo in una storia così era inevitabile finire sul sociale. Sapevi che avresti toccato quegli argomenti, andando nelle loro famiglie, parlando con gli amici, i compagni di stanza al college, scoprendo le loro origini in Virginia e in Ohio».
Come impostò il lavoro? «L'unico modo di parlare di quella partita era sezionarla scambio dopo scambio, perciò serviva la registrazione. Che, a quei tempi, la Cbs cancellava regolarmente. Quando chiamai gli studi un tizio mi rispose: "Appena in tempo, avremmo buttato via tutto tra due ore". Così, in kinescope (filmando la tv), vennero fuori 4 pizze in 16 mm che mi portavo dappertutto con un proiettore che pesava oltre 12 kg. Andai da Arthur, che era all'Accademia militare di West Point, e a casa di Clark a New York. Poi dalle loro famiglie, dai tecnici che li avevano cresciuti. E a uno spareggio di Coppa Davis contro l'India a Portorico. Sempre con quell'attrezzatura gigante. Ero l'unico giornalista presente prima che arrivassero gli indiani e giocavamo a touch football (ero ancora giovane...), stavamo in spiaggia, un gran divertimento. Andavo nella stanza di uno e poi in quella dell'altro a mostrare un set alla volta. prendendo appunti su commenti e pensieri».
Potrebbe ancora succedere? «Molto difficile. Non ho messo alla prova il mio lavoro con il mondo sportivo attuale. Ho scritto di golf ma c'è una specie di muro tra stampa e giocatori». Continua a seguire il tennis? «Certo. Non tutti i match di un torneo ma semifinali e finali le vedo sempre».
Il suo tennista preferito di sempre? «Devo dire Ashe. anche se è contro le regole. Ma l'ho conosciuto molto bene e lui mi ha aiutato così tanto. Era diventato davvero un grande amico. Non ho un libro preferito nella mia vita, ma un giocatore di tennis si. Ed è lui».
Perché i giocatori allora avevano qualcosa di magico fuori dal campo? «Non lo so. O forse sì. Erano più nobili e meno programmati, commercializzati. Ora hanno addosso molta più attenzione. Jack Kramer, grandissimo campione negli Anni 40, girava da un torneo all'altro con una station wagon. Era un mondo di amatori. Da quel 1968, con i soldi e le tv, è cresciuto e cambiato tutto».
Uno scrittore può far. ancora la differenza raccontando storie sportive al giorno d'oggi? «Sì. assolutamente. Ci sarà sempre qualcuno di talento, assorbito sempre più dal soggetto, che alla fine trasmette qualcosa agli altri. Dipende dall'abilità e dalla passione di chi scrive. Certo, oggi è difficile se si tratta di grandi stelle di Nfl o calcio. Ma se cerchi sport meno seguiti o meno ricchi, l'atletica per fare un esempio, trovi più disponibilità ed escono storie molto belle. Io ho scritto spesso di lacrosse, sport in grande crescita ma ancora marginale: la gente è accessibile, nascono grandi racconti».
È rimasto in contatto con l'ambiente dopo l'uscita del libro? «Per cinque o sei anni, dopo la pubblicazione, ho seguito il tennis andando ai tornei. Vedevo tutti. Poi sono rimasto a casa e con Clark ci siamo persi. Ma ho visto Arthur finché è morto. E a lungo Stan Smith e Charlie Pasarell, l'uomo più gentile e simpatico del Nordamerica. Ma più di tutti, tra gli sportivi, ho frequentato il cestista Bill Bradley. aveva giocato anche in Italia. E per dire com'era allora: dopo Milano finì in Nba, giocando per 10 anni nei NY Knicks. Voleva portare la famiglia a vedere la Coppa del mondo in Germania nel 1974 e chiese a quelli di Milano se gli trovavano dei biglietti. E quelli gli risposero: "Quanti ne vuoi, se fai una partita per noi". Andò davvero (al torneo di Rapallo: ndr). Immaginate lo stesso adesso.."
Per inciso, anche io avrei tifato per Ashe ,Gioco splendido e Carattere affascinante.
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Ho preso in offerta via web "500 anni di tennis" (mastodontico) e "wimbledon 60 anni di storia"...colmerò così la mia lacuna di non aver mai letto nulla del grande Gianni (articoli a parte, ovviamente)
Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Quanto costa adesso 500 anni di tennis?D.F.Wallace ha scritto:Ho preso in offerta via web "500 anni di tennis" (mastodontico) e "wimbledon 60 anni di storia"...colmerò così la mia lacuna di non aver mai letto nulla del grande Gianni (articoli a parte, ovviamente)
balbysauro ha scritto:scusa nickognito, ma continui ad aggirare il punto
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
e che te frega del prezzo ?
Chi ama il tennis DEVE comprarselo, fossero anche 100 euro.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
L'ho trovato a 18 euro scontatissimo...anche se mi sembra una versiona strana, la copertina sembra molto vecchia come se non fosse nuovo (ma l'interno è ok)NNick87 ha scritto:Quanto costa adesso 500 anni di tennis?D.F.Wallace ha scritto:Ho preso in offerta via web "500 anni di tennis" (mastodontico) e "wimbledon 60 anni di storia"...colmerò così la mia lacuna di non aver mai letto nulla del grande Gianni (articoli a parte, ovviamente)
Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
ecco bravo leggilo in fretta che poi, come sempre, me lo devi passare MaxD.F.Wallace ha scritto:L'ho trovato a 18 euro scontatissimo...anche se mi sembra una versiona strana, la copertina sembra molto vecchia come se non fosse nuovo (ma l'interno è ok)NNick87 ha scritto:Quanto costa adesso 500 anni di tennis?D.F.Wallace ha scritto:Ho preso in offerta via web "500 anni di tennis" (mastodontico) e "wimbledon 60 anni di storia"...colmerò così la mia lacuna di non aver mai letto nulla del grande Gianni (articoli a parte, ovviamente)
2024: "Nole non vincera' mai piu' il Roland Garros" (cit.Sottoscritto)
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Sto leggendo, in colpevolissimo ritardo, il libro di Agassi:molto introspettivo, non banale.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Johnny Rex ha scritto:e che te frega del prezzo ?
Chi ama il tennis DEVE comprarselo, fossero anche 100 euro.
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Ieri ho ritrovato la mia copia, dall'ultimo trasloco era rimasto all'interno di un mobile che si trova in un soppalco, non lo sfogliavo da anni, che spettacolo.
Siamo tutti testimoni "Perchè ti chiamano Pilone?"
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
il fatto è che non è propriamente comodo da leggere a letto la sera o in spiaggia, ecco...Nasty ha scritto:Johnny Rex ha scritto:e che te frega del prezzo ?
Chi ama il tennis DEVE comprarselo, fossero anche 100 euro.
F.F.
Ieri ho ritrovato la mia copia, dall'ultimo trasloco era rimasto all'interno di un mobile che si trova in un soppalco, non lo sfogliavo da anni, che spettacolo.
Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
In spiaggia invece ho letto (e finito) "The Outsider" di Jimmy Connors.
Ci sarebbero da scrivere diverse cose, al momento vado sparso:
- ci sono molti passaggi del libro che sembra di leggere proprio lui, proprio espressioni che usa (basta sentire qualche sua intervista);
- sento che è unanimamente considerato un p.ezzo di merd@. A leggere il libro, lui è molto diretto, e lo ammette, lo sa, peraltro. Ma emerge (almeno a me) come un carattere assai spontaneo, genuino - certamente più genuino di Agassi ma anche MacEnroe.
L'ho un po' rivalutato.
- A proposito, questa è la mia terza autobiografia tennistica (mi piace come genere: prima mi ero dato a quelle naziste, da Speer a Hoss, ora al tennis ), dopo Mac e Agassi. Queste due sono superiori, a livello generale, a livello quasi "letterario" oserei dire, che raccomando anche a chi non segue il tennis. Quella di Jimbo è invece più tennistica, e c'è semmai qualche dettaglio in più legato al mondo del tennis.
- Tutti e tre hanno donne catartiche su cui si dilungano in sperticate lodi (curioso?). Nel caso di Jimbo, non è tanto/solo la madre, quanto la moglie Patti.
Ci sarebbero da scrivere diverse cose, al momento vado sparso:
- ci sono molti passaggi del libro che sembra di leggere proprio lui, proprio espressioni che usa (basta sentire qualche sua intervista);
- sento che è unanimamente considerato un p.ezzo di merd@. A leggere il libro, lui è molto diretto, e lo ammette, lo sa, peraltro. Ma emerge (almeno a me) come un carattere assai spontaneo, genuino - certamente più genuino di Agassi ma anche MacEnroe.
L'ho un po' rivalutato.
- A proposito, questa è la mia terza autobiografia tennistica (mi piace come genere: prima mi ero dato a quelle naziste, da Speer a Hoss, ora al tennis ), dopo Mac e Agassi. Queste due sono superiori, a livello generale, a livello quasi "letterario" oserei dire, che raccomando anche a chi non segue il tennis. Quella di Jimbo è invece più tennistica, e c'è semmai qualche dettaglio in più legato al mondo del tennis.
- Tutti e tre hanno donne catartiche su cui si dilungano in sperticate lodi (curioso?). Nel caso di Jimbo, non è tanto/solo la madre, quanto la moglie Patti.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Lyndon79 ha scritto: (mi piace come genere: prima mi ero dato a quelle naziste, da Speer a Hoss, ora al tennis )
siamo li'
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
OT
Sul tema "Nazi Biographies " suggerisco caldamente, di Bollati & Boringhieri, Conversazioni col Boja , quelle che ebbe ,nel carcere varsaviano di Motokov nel 1949, il patriota polacco Moczarski (inviso agli stalinisti) con Jurgen Stroop, il Generale SS che portò a compimento la distruzione del Ghetto di Varsavia e col quale divise la cella per molto tempo.
Libro che scivola via in un baleno, scritto da Dio, con momenti anche di forte ,involontario (amaro?) umorismo e surrealtà. L'Universo mentale, se così si può definirlo, di Stroop, è per molti versi molto affino e complementare a quello di Hoss, con la differenza che quest'ultimo appariva anche di una ignoranza totale ; in comune avevano che entrambi parevano per larghi tratti in stato di Trance allucinata, rievocando le "glorie" passate, ad anni di distanza dalla fine del regime e delle loro speranze.
FINE OT
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Sul tema "Nazi Biographies " suggerisco caldamente, di Bollati & Boringhieri, Conversazioni col Boja , quelle che ebbe ,nel carcere varsaviano di Motokov nel 1949, il patriota polacco Moczarski (inviso agli stalinisti) con Jurgen Stroop, il Generale SS che portò a compimento la distruzione del Ghetto di Varsavia e col quale divise la cella per molto tempo.
Libro che scivola via in un baleno, scritto da Dio, con momenti anche di forte ,involontario (amaro?) umorismo e surrealtà. L'Universo mentale, se così si può definirlo, di Stroop, è per molti versi molto affino e complementare a quello di Hoss, con la differenza che quest'ultimo appariva anche di una ignoranza totale ; in comune avevano che entrambi parevano per larghi tratti in stato di Trance allucinata, rievocando le "glorie" passate, ad anni di distanza dalla fine del regime e delle loro speranze.
FINE OT
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
che poi inizio' a giocare con FyrstenbergJohnny Rex ha scritto: il patriota polacco Moczarski .
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Articolo per me piuttosto brutto (ed errato) di Imarisio su Nadal
In Rafa Nadal tutto è sofferenza. Ogni gesto, ogni sbracciata esagerata, ogni recupero forsennato, rimandano alla costrizione, all’assenza di quella naturalezza che invece è propria del tennis di Roger Federer.
Adesso che è tornato sul tetto del mondo, dominando una stagione che aveva cominciato con l’etichetta di giocatore finito, viene da pensare a chi è davvero quest’uomo prodigio che se non va in mille pezzi, come preconizzato da molti ogni anno, potrebbe battere ogni record di Slam vinti. Lui, il braccio meccanico. Non l’altro, il Divino, il naturale. Agli Internazionali d’Italia del 2011 ci capitò di conoscere Toni Nadal, lo zio tiranno, che lo allena in modo feroce fin da quando era bambino. Cordiale, simpatico, ma con una luce strana negli occhi, quella che vedi soltanto nei giacobini veri, senza dubbi mai. I suoi metodi di allenamento durissimi, mostruosi. La sua ferocia nel sottrarre a un bambino di nove anni qualunque appiglio alla vita vera, all’infanzia, che non fosse una racchetta da tennis: nel concludere una educata conversazione tagliò corto con una battuta che a pensarci bene, raggela il sangue ancora oggi. «Voi dovete capire che Rafa è mio nipote, non è mio figlio». Dopo aver intercettato sguardi perplessi sul senso della frase, precisò: «A mio figlio non l’avrei mai fatto, non avrei potuto farlo».
Da allora, da quel giorno, guardo Rafael Nadal con occhi diversi. Il suo tennis continua a non farmi impazzire, perché figlio del volli fortissimamente volli di Vittorio Alfieri piuttosto che dei lumi di Rousseau. La bellezza è quasi del tutto assente dal suo gioco. Eppure è impossibile non ammirare questo agonista straordinario, soprattutto per la sofferenza che lascia intuire la sua cattiveria agonistica, anch’essa costruita pezzo per pezzo, con le coppe vinte a dieci anni gettate subito nella spazzatura con metodo, con le festicciole organizzate dalla mamma nella casa di Manacor finite con le urla selvagge di zio Toni, che gettava per aria tovaglie e dolciumi, che strillava «non vi lascerò rovinare il mio lavoro».
Nadal è sportivamente morto e risorto per due volte. La prima fu nel 2009 dopo la sconfitta al Roland Garros, l’unica della sua carriera, per mano di Robin Söderling. Sparì dalla circolazione. La malelingue presunte bene informate oltre a spargere le solite voci di doping parlarono di esaurimento nervoso. Tornò, e vinse quasi tutto nel 2010. Questa volta, dopo l’eliminazione al secondo turno a Wimbledon 2012 contro Lucas Rosol, tutti pensarono che era finita. Troppo dispendioso il suo tennis, troppo inumano sforzo per tenere insieme il fisico necessario a sostenere quel tennis così punitivo anche per chi lo pratica. Invece è tornato, dopo sei mesi di assenza, che nello sport contemporaneo equivalgono a un lustro. E non ha quasi più perso dall’aprile di quest’anno.
Gli occhi di Rafael Nadal hanno più profondità degli occhi di Roger Federer. Rivelano più sofferenza, più consapevolezza. Quando non è in campo, capita che Rafa legga i libri che gli furono negati da ragazzo. Roger gioca alla Playstation. E non c’è niente di male, solo che i due diversi stili di gioco ci hanno consegnato agiografia opposte. Quello riflessivo e quasi intellettuale sembra Federer, perché viene facile sovrapporre la bellezza del gioco a quella del pensiero. Rafa invece suda, sgomita, grugnisce, non ha alcun tratto dell’eleganza classica dell’altro. Ma in lui si intuisce un tormento interiore. Federer è contento di essere se stesso, non avrebbe voluto essere niente di diverso. Nadal, forse, ne soffre, come capita a chi non ha mai potuto scegliere.
Sono atleti e uomini uno all’opposto, ai quali un malinteso senso estetico ha scambiato l’immagine pubblica. Ma hanno avuto bisogno l’uno dell’altro. Senza la nemesi di Rafa, la leggenda di Roger non sarebbe tale, e viceversa. Anche per questo, per un legame evidente, la loro è una rivalità falsa, da ufficio stampa, che raramente - tranne il quinto set della finale di Wimbledon 2008 - ha partorito grandi match.
L’età di Roger ha sciolto questo legame. Il tennis sta entrando in una nuova era, nel dopo Federer. Ancora una volta, Rafa Nadal si è ribellato a un destino che sembrava scritto. Gli hanno detto di vincere, continuerà a farlo, finché il fisico potrà. Come il bambino che non è mai stato, sempre con quell’ombra di rimpianto negli occhi.
F.F.
In Rafa Nadal tutto è sofferenza. Ogni gesto, ogni sbracciata esagerata, ogni recupero forsennato, rimandano alla costrizione, all’assenza di quella naturalezza che invece è propria del tennis di Roger Federer.
Adesso che è tornato sul tetto del mondo, dominando una stagione che aveva cominciato con l’etichetta di giocatore finito, viene da pensare a chi è davvero quest’uomo prodigio che se non va in mille pezzi, come preconizzato da molti ogni anno, potrebbe battere ogni record di Slam vinti. Lui, il braccio meccanico. Non l’altro, il Divino, il naturale. Agli Internazionali d’Italia del 2011 ci capitò di conoscere Toni Nadal, lo zio tiranno, che lo allena in modo feroce fin da quando era bambino. Cordiale, simpatico, ma con una luce strana negli occhi, quella che vedi soltanto nei giacobini veri, senza dubbi mai. I suoi metodi di allenamento durissimi, mostruosi. La sua ferocia nel sottrarre a un bambino di nove anni qualunque appiglio alla vita vera, all’infanzia, che non fosse una racchetta da tennis: nel concludere una educata conversazione tagliò corto con una battuta che a pensarci bene, raggela il sangue ancora oggi. «Voi dovete capire che Rafa è mio nipote, non è mio figlio». Dopo aver intercettato sguardi perplessi sul senso della frase, precisò: «A mio figlio non l’avrei mai fatto, non avrei potuto farlo».
Da allora, da quel giorno, guardo Rafael Nadal con occhi diversi. Il suo tennis continua a non farmi impazzire, perché figlio del volli fortissimamente volli di Vittorio Alfieri piuttosto che dei lumi di Rousseau. La bellezza è quasi del tutto assente dal suo gioco. Eppure è impossibile non ammirare questo agonista straordinario, soprattutto per la sofferenza che lascia intuire la sua cattiveria agonistica, anch’essa costruita pezzo per pezzo, con le coppe vinte a dieci anni gettate subito nella spazzatura con metodo, con le festicciole organizzate dalla mamma nella casa di Manacor finite con le urla selvagge di zio Toni, che gettava per aria tovaglie e dolciumi, che strillava «non vi lascerò rovinare il mio lavoro».
Nadal è sportivamente morto e risorto per due volte. La prima fu nel 2009 dopo la sconfitta al Roland Garros, l’unica della sua carriera, per mano di Robin Söderling. Sparì dalla circolazione. La malelingue presunte bene informate oltre a spargere le solite voci di doping parlarono di esaurimento nervoso. Tornò, e vinse quasi tutto nel 2010. Questa volta, dopo l’eliminazione al secondo turno a Wimbledon 2012 contro Lucas Rosol, tutti pensarono che era finita. Troppo dispendioso il suo tennis, troppo inumano sforzo per tenere insieme il fisico necessario a sostenere quel tennis così punitivo anche per chi lo pratica. Invece è tornato, dopo sei mesi di assenza, che nello sport contemporaneo equivalgono a un lustro. E non ha quasi più perso dall’aprile di quest’anno.
Gli occhi di Rafael Nadal hanno più profondità degli occhi di Roger Federer. Rivelano più sofferenza, più consapevolezza. Quando non è in campo, capita che Rafa legga i libri che gli furono negati da ragazzo. Roger gioca alla Playstation. E non c’è niente di male, solo che i due diversi stili di gioco ci hanno consegnato agiografia opposte. Quello riflessivo e quasi intellettuale sembra Federer, perché viene facile sovrapporre la bellezza del gioco a quella del pensiero. Rafa invece suda, sgomita, grugnisce, non ha alcun tratto dell’eleganza classica dell’altro. Ma in lui si intuisce un tormento interiore. Federer è contento di essere se stesso, non avrebbe voluto essere niente di diverso. Nadal, forse, ne soffre, come capita a chi non ha mai potuto scegliere.
Sono atleti e uomini uno all’opposto, ai quali un malinteso senso estetico ha scambiato l’immagine pubblica. Ma hanno avuto bisogno l’uno dell’altro. Senza la nemesi di Rafa, la leggenda di Roger non sarebbe tale, e viceversa. Anche per questo, per un legame evidente, la loro è una rivalità falsa, da ufficio stampa, che raramente - tranne il quinto set della finale di Wimbledon 2008 - ha partorito grandi match.
L’età di Roger ha sciolto questo legame. Il tennis sta entrando in una nuova era, nel dopo Federer. Ancora una volta, Rafa Nadal si è ribellato a un destino che sembrava scritto. Gli hanno detto di vincere, continuerà a farlo, finché il fisico potrà. Come il bambino che non è mai stato, sempre con quell’ombra di rimpianto negli occhi.
F.F.
“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Ottimo, davvero ottimo il libro di Gilbert, finalmente in versione tradotta (ed aggiornata).
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Molto curioso di leggere Winning Ugly,intanto mi sto godendo Wimbledon di Clerici (sono ancora al 1969),settimana prossima Agassi dovrebbe essere ospite da fazio,se non ho capito male registrano il 5 novembre,mi hanno invitato ma sono incasinatissimo
Sta per succedere una cosa
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Si professa anche grande fan dei Metallica, il buon Brad, il che alza le sue quotazioni presso di me
F.F.
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Per me può stare bene sugli scaffali delle librerie il libro di Gilbert:
"non voglio vedere i giocatori tornare a giocare su un colpo o due, a fare serve and volley sempre. E' noioso. Se oggi vediamo giocatori al vertice oltre i 30 anni, è anche grazie ai campi più lenti, perché giocano scambi più lunghi e non scattano tutto il tempo in avanti. Io dico a ogni ragazzino che me lo chiede: Non farlo, rovinerà il tuo fisico".
"non voglio vedere i giocatori tornare a giocare su un colpo o due, a fare serve and volley sempre. E' noioso. Se oggi vediamo giocatori al vertice oltre i 30 anni, è anche grazie ai campi più lenti, perché giocano scambi più lunghi e non scattano tutto il tempo in avanti. Io dico a ogni ragazzino che me lo chiede: Non farlo, rovinerà il tuo fisico".
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
No, Fabio, merita, al netto delle idiosincrasie di Gilbert
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
fabio86 ha scritto:Per me può stare bene sugli scaffali delle librerie il libro di Gilbert:
"non voglio vedere i giocatori tornare a giocare su un colpo o due, a fare serve and volley sempre. E' noioso. Se oggi vediamo giocatori al vertice oltre i 30 anni, è anche grazie ai campi più lenti, perché giocano scambi più lunghi e non scattano tutto il tempo in avanti. Io dico a ogni ragazzino che me lo chiede: Non farlo, rovinerà il tuo fisico".
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
ho dato un' occhiata al libro di nole, una specie di guida a dieta e palestra, con le ricette, terribile
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Djokovic peggio di Benedetta Parodi!Nickognito ha scritto:ho dato un' occhiata al libro di nole, una specie di guida a dieta e palestra, con le ricette, terribile
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
io mangio la sua quantita' di cibo solo quando ho l' influenza intestinale. Morirei di fame stando fermo, mangiando cosi', figurati allenandomi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
se fa dimagrire la voglio!
(però non faccio sport ai suoi livelli anzi, non faccio proprio sport )
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
direi che nessuna donna al mondo lo fa, per cui ci sta.babaoriley ha scritto: (però non faccio sport ai suoi livelli)
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
neanche la Kirilenko?
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
ci mancherebbe, col fisico di nole, brrrrrrrr
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Nel cercare notizie su questa dieta mi sono imbattuto in un articolo (ma vah!!) di Ubitennis. Non c'entra niente con Nole, ma grazie ad un passaggio dell'articolo ho scoperto cosa voglio fare da grande.
L'esperto di miele di manuka. Che lavoro magnifico. Dr. Molan mio nuovo idolo.Il Dottor Peter Molan, professore di scienze biologiche e esperto di miele di manuka presso l'Università di Waikato in Nuova Zelanda
balbysauro ha scritto:scusa nickognito, ma continui ad aggirare il punto
Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Comunque pure io ho smesso di bere acqua fredda. Solo temperatura ambiente.
balbysauro ha scritto:scusa nickognito, ma continui ad aggirare il punto
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
L' Atteso Terribile Splendore di Jon Marshall Fisher, storia della ben nota (e per diversi miglior gara di tennis mai giocata) sfida Davis fra Budge e Von Cramm disputata a Wimbledon nel 1937.
Inspiegabile il passaggio dalla bellissima copertina originale (Von Cramm che sta per servire il primo punto con una svastica sul fondo) alla bucolica ed anche un po' vintage copertina italiana (che c'entri la censura, forse, non avere voluto mettere un simbolo nazista in primo piano).
Libro ricchissimo di anedottica, sia on court che off court, sui tre protagonisti ,i detti di sopra e Tilden, clamorosamente allenatore della squadra tedesca all'epoca (che due omosessuali dovessero vincere per la Germania Nazista è solo una delle tante assurdità del'l epoca) ed i protagonisti del tennis anni 20' e 30'.
Confesso che fra la straordinaria aristocraticità e sportività di Von Cramm (capace di perdere una Davis in un doppio per ammettere un errore arbitrale a favore del proprio compagno) e l'ego smodato e dannunziano di Tilden le mie simpatie sono finite con l'andare all' Homo Novus Budge, per centi versi antitesi degli altri due, la realtà proletaria che si affacciava (e dominava) la scena tennistica.
Affascinante, gran fonte di informazione per gli appassionati e storici, eppure c'è qualcosa che manca all'opera di Fisher, che non mi ha convinto fino in fondo, una certa freddezza che filtra, più che freddezza manca alla sua narrazione l'acuto personale, la genialità di Foster Wallace (ciao Cristiano 9, la grandezza di Clerici, ma pure l'acutezza di un Malcolm Fowley, che ho sentito molto più "vivo" nella sua descrizione di una rivalità certo meno fascinosa ,data anche l'epoca storica, come quella fra Borg e McEnroe.
Open stesso prende molto di più, qui boh, la sensazione è di un grande lavoro storico che tende a coprire la non eccezionale verve narrativa dell'autore.
Sicuramente meglio del per certi versi insopportabile How Jimmy Connors Saved My Life di Joel Drucker (insopportabili gli assurdi rimandi fra la carriera di Connors e la vita dell'autore) ma non al livello di un Level of the Games (da noi uscito col semplice titolo di Tennis) di John McPhee.
Per dirla col Lyndon della sezione cinema, Buono, ma era lecito aspettarsi qualcosa di più, un po' meno storia ed un po' più anima, inventiva personale, in altre parole, un quid pluris.
F.F.
Inspiegabile il passaggio dalla bellissima copertina originale (Von Cramm che sta per servire il primo punto con una svastica sul fondo) alla bucolica ed anche un po' vintage copertina italiana (che c'entri la censura, forse, non avere voluto mettere un simbolo nazista in primo piano).
Libro ricchissimo di anedottica, sia on court che off court, sui tre protagonisti ,i detti di sopra e Tilden, clamorosamente allenatore della squadra tedesca all'epoca (che due omosessuali dovessero vincere per la Germania Nazista è solo una delle tante assurdità del'l epoca) ed i protagonisti del tennis anni 20' e 30'.
Confesso che fra la straordinaria aristocraticità e sportività di Von Cramm (capace di perdere una Davis in un doppio per ammettere un errore arbitrale a favore del proprio compagno) e l'ego smodato e dannunziano di Tilden le mie simpatie sono finite con l'andare all' Homo Novus Budge, per centi versi antitesi degli altri due, la realtà proletaria che si affacciava (e dominava) la scena tennistica.
Affascinante, gran fonte di informazione per gli appassionati e storici, eppure c'è qualcosa che manca all'opera di Fisher, che non mi ha convinto fino in fondo, una certa freddezza che filtra, più che freddezza manca alla sua narrazione l'acuto personale, la genialità di Foster Wallace (ciao Cristiano 9, la grandezza di Clerici, ma pure l'acutezza di un Malcolm Fowley, che ho sentito molto più "vivo" nella sua descrizione di una rivalità certo meno fascinosa ,data anche l'epoca storica, come quella fra Borg e McEnroe.
Open stesso prende molto di più, qui boh, la sensazione è di un grande lavoro storico che tende a coprire la non eccezionale verve narrativa dell'autore.
Sicuramente meglio del per certi versi insopportabile How Jimmy Connors Saved My Life di Joel Drucker (insopportabili gli assurdi rimandi fra la carriera di Connors e la vita dell'autore) ma non al livello di un Level of the Games (da noi uscito col semplice titolo di Tennis) di John McPhee.
Per dirla col Lyndon della sezione cinema, Buono, ma era lecito aspettarsi qualcosa di più, un po' meno storia ed un po' più anima, inventiva personale, in altre parole, un quid pluris.
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Uscita una curiosa (auto?)biografia Djokoviciana quasi esclusivamente concentrata sul suo nuovo regime alimentare senza glutine, e su come questo sia stato fondamentale nella sua evoluzione post 2010. All' intenro numerose ricette per chi volesse sottoporvisi.
Parlando di cose serie, ma la biografia di Connors? è stata tradotta o non se la caga nessuno?
F.F.
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Mio padre l'ha comprata, da simpatizzante serbo.
Quella di Connors non era uscita in Italia? O ricordo male?
Quella di Connors non era uscita in Italia? O ricordo male?
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- Massimo Carbone
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
jhonny potresti suggerirmi 3 libri di clerici da leggere?
grazie
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
Perché appena )o proprio 3) ?_Kafelnikov_ ha scritto:jhonny potresti suggerirmi 3 libri di clerici da leggere?
grazie
Imprescindibii Divina e 500 Anni di tennis
, per le narrazioni di tornei scegli quello sugli internazionali d'Italia, il recente Wimbledon, pur bello, contiene molti estratti già presenti nel suddetto 500 anni.
a mio avviso ottimo Alassio 1939 , peccato non avere ancora trovato Australia Felix.
F.F.
“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Libri sul tennis (biografie, autobiografie, saggi, ecc...)
grazie jhonny,
perchè tre non so.
uno era troppo poco per scegliere.
10 sono troppi e sarei satato troppo indeciso.
3 per cominciare va bene. sono un lettore molto lento.
perchè tre non so.
uno era troppo poco per scegliere.
10 sono troppi e sarei satato troppo indeciso.
3 per cominciare va bene. sono un lettore molto lento.