Nevenez ha scritto:Nickognito ha scritto:Nevenez ha scritto:
Sembra che la ragazza sia finita in un giraccio. Che rifiuti di vedere Grey's Anatomy, e pratichi l'anatomia empirica, perfino tommasea. Hai capito, vero, amico mio?
Non c'è bisogno che sia più chiaro, no?.
eh, ma dai giracci si puo' uscire, chissà che la vittoria del fratello possa aiutarla. O magari il mio sostegno sentimentale.
Tra l'altro ricordo un'impepata di cozze , in bretagna, fenomenale. Il tavolino era misero, e non ricordo del nome altro che il colore dell'insegna, verde. Ma le cozze furono così buone che le ripresi perfino al Notte Birbona, sotto casa mia, al ritorno delle vacanze, in una serata di nostalgia, nonostante che là ci avessi ordinato, non molto tempo prima, una pizza mari e monti coi gamberetti ormai andati, di un odore davvero nauseabondo.
Per inciso, anche quella pepata non era malvagia. Come i colpi di Gicquel: non dico né carne né pesce, parlando di cozze, ma mediamente efficaci, ecco.
c.
edit: in effetti quel locale era in Normandia, e non in Bretagna, ma alle cozze piace viaggiare.
Ah, l'impepata...tu mi agiti i ricordi, caro Nick.
Quindici anni dopo un amore platonico, Ivana tornò a cercarmi. Allora lei era bella, brava, e io l'amavo e l'ammiravo.
Dopo una batosta con un ragazzo malvagio, venne a cercare quel calore che un vecchio innamorato può aver conservato.
Non lo conservai.
Però mi restò addosso la voglia di chiavarla. E le feci (o lo fequi?).
Lei è di Piombino, e mi portò da Tonino detto Tonino il sudicio, chissà perché. Jeroska sa benissimo di cosa parlo.
Tonino fa una discreta pizza, ma troppo piccola per saziarmi. E fa anche una rinomata impepata di cozze.
Micidiale.
Piombino, terra di tennisti e di operai.
Un'altra volta, a Firenze, a Santa Croce, avevo fra le mani una figa incredibile, somigliava alla cugina di Gicquel, Marie Lauret, che dirige la comunicazione in un'azeinda di Caen.
Insomma, si va a mangiare il pesce. Spendo 200 euri. Mi danno l'avariato. Il pacco. Mi prende una scarica di mmmerda incredibile. Di una violenza mai subita. Mi sembra di morire.
Era la prima sera che uscivo con Francesca. Mi piaceva da matti, era molto sofisticata, per questo avevo investito due piotte - direbbero a Roma. Il tempo di mettere il naso fuori dal ristorante, e sento 'a merdaa arrivare al *posteriore* senza freni. Lei voleva andare nella casa di un mio amico, a Settignano, favolosa, il mio amico me la prestava giusto quella sera per fare figura.
Io le dico: "Franceschina, prendiamoci qualcosa da bere all'Irish Pub", che è lì in zona. Lei è perplessa e stanca, ma entra. Io vado dritto al cesso, mi sfilo i calzoni, mi levo le mutande che sono dipinte. Scagazzo anche l'anima, butto via le mutande e mi faccio un bidè rialzato nel lavandino. La scarica mi pare sotto controllo. Mi rivesto con i pantaloni a pelle. E via.
Beviamo.
Usciamo.
La macchina è parcheggiata sul Lungarno in fondo a via dei Benci. Appena arrivo alla portiera, ho le chiavi nella toppa, arriva una sifonata di mmmmerda a 190 km/h, sembra la prima di servizio di Gicquel. La sento scivolare giù per la coscia, infilarsi liquida nel calzino nuovo. E' un disastro, Nick.
Ragiono: se infiliamo in macchina, l'odore di fogna ci pervade e non mi resta che gettarmi con la Volvo e lei direttamente in Arno. Temporeggio, scuoto la gamba per vedere se perdo cacca, sono disperato.
Le dico: "Facciamo due passi, ho bevuto, fammi respirare che è meglio, se ci fermano i vigili...". Lei è sempre più stanca, io sempre più pallido. In pratica, arriviamo fino al piazzale. Ogni passo sento lammmmerda aggiustarsi nei pantaloni, attaccarsi alle cosce, rigarmi il polpaccio. Ogni venti metri, perdo un passo tattico per scurreggiare, e capire se c'è sempre qualcosa da cagare. Cammino con una mano nella tasca didietro, e con tre dita mi tampono l'orifizio anale.
Quando tutto mi sembra "fermo", e mi pare di aver stretto il deretano, perché sentivo tondo e credevo di cagare anche il fegato, torniamo alla macchina. La riaccompagno a casa, anzi, a Campo di marte, dove lei aveva parcheggiato. La saluto facendole capire che io non sono uno di quelli che te la da la prima sera.
Non l'ho più rivista.
Ecco, cosa volevo dire. Caro Seppi: non ti cagare addosso, non è il caso.