Messaggioda captain » ven ott 05, 2018 3:09 pm
Intervista allo stesso Manassero al termine dello scorso Open d'Italia.
A volte - spiega alla fine del suo secondo giro - prima di un tiro, mi accorgevo di fare due o tre ragionamenti di troppo. Erano pensieri che neppure mi sarebbero dovuti entrare in testa, eppure erano lì e mi rovinavano l'esecuzione del colpo. Ecco: ho deciso che quando li sento arrivare, mi fermo, pulisco la mente, e ricomincio tutto daccapo. Abbasso una marcia, per l'appunto».
Come all'inizio delle seconde 18 buche di venerdì, quando le cose non sono partite proprio alla perfezione?
«Esatto. Un bogey iniziale e poi un tee shot in bunker al par 3 non è esattamente un bel cominciare. Ma sono soddisfatto di come ho reagito, perché non mi sono fatto prendere dall'ansia come invece mi accadeva in passato, e da lì in poi ho tirato solo colpi solidi».
E da dove è iniziata esattamente questa ripartenza di Manassero?
«Mah, ci lavoro così tanto da così da tanto tempo. A dire il vero, però, il torneo della settimana scorsa a Wentworth è stato un'iniezione di fiducia importante: per la prima volta dopo tanti mesi ho segnato un 66. Avevo già marcato parecchi score in 68, 70, 71, ma non ero mai sceso così tanto sotto al par. E riuscire a farlo in condizioni meteo complesse e con tanta pressione addosso mi ha fatto capire che sono pronto a fare bene e forse anche molto bene».
Il periodo nero è alle spalle, allora?
«Mi manca ancora della continuità, anche se inizio a vederla sempre più vicina. Per il resto, tutte le statistiche del gioco sono in netto miglioramento. E comunque anche questa lunga crisi in cui sono incappato può aver avuto qualche aspetto positivo».
In che senso?
«Beh, questi ultimi anni così complicati e così avari di soddisfazioni mi hanno fatto crescere. Hanno avuto il merito di aumentare la mia conoscenza e non mi riferisco solo a quella tecnica: ho imparato a conoscermi meglio, a capire di cosa davvero ho bisogno. Certo, ne avrei fatto volentieri a meno, ma, visto che la crisi c'è stata, tanto vale provare a tirarne fuori qualcosa di buono».
E allora di cosa ha bisogno?
«Di recuperare la mia istintività, cancellando quei pensieri di troppo a cui accennavo in precedenza. E poi ho bisogno di Francesca».
Della fidanzata cioè?
«Sì, siamo insieme da un anno e mezzo. È una ragazza solare, mi ha levato pressioni, e poi non dà nessuna importanza a quello che combino in gara. Rappresenta la mia felicità fuori dal campo e perciò non è difficile intuire quanto sia importante per me».
Insomma, diciamolo: Matteo è innamorato...
«Beh, sì. Ma ho l'età giusta per esserlo, o no?».