Ayrton..
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Ayrton..
Un semplice CIAO ad una persona eccezionale
14 anni fa, alle 14.17 iniziò a salutarci, alle 18.40 se ne andò...
Ciao Ayrton
<Parliamo di sport e non di simpatia. Forse potremo essere più obiettivi.> Ciao M.
<E non te va bene quando si gioca tutto in una schedona, e non ti va bene se ci sono i doppi turni... non invidio tua moglie > Ciao V.
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Karting; 1974-1982
Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere.
Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita.
Ayrton Senna
...e tu, lassù, continua a correre e a sognare...
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Ayrton Senna
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... e' che siamo bravissimi a giocare a nascondino. tana per danser, sei dietro seren! (Balby)
cIAO Ayrton.
Io ero a Imola quel giorno, alla Tamburello, e c ho pure le foto dell'incidente
Io ero a Imola quel giorno, alla Tamburello, e c ho pure le foto dell'incidente
djagermaister ha scritto:Dzumhur è il troll che controlla il ponte tra i challenger e gli Atp.
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dsdifr ha scritto:Nel primo set della messa lei dichiarerà di voler sposare Istomin, poi piano piano Andreas riguadagnerà' terreno fino al lieto fine.
Avevo nove anni quando Senna è mancato.
Ricordo che era una stagione difficile per lui e che quel giorno avrebbe dovuto correre per forza, anche se non avrebbe voluto, anche se il giorno prima era morto un altro pilota, nelle qualifiche, Roland Ratzenberger.
Ricordo le rimonte di Ayrton sulla pioggia, lo strapotere della sua classe a Montecarlo, la minor competitività della sua macchina, bianca e rossa con la pubblicità della Marlboro, rispetto a quella blu acceso di Prost. E Prost un po' mi faceva arrabbiare, perché sapevo che Ayrton era più bravo, ma la Williams, credo, era più veloce, e con quei colori taglienti gli dava la vittoria.
Poi ricordo l'avvento del tedesco, con la macchina colorata, con la pubblicità della Benetton.
E poi ricordo che quel giorno mio padre tentava di rassicurarmi, dicendomi che sarebbe andato tutto bene.
Da quel giorno in poi della FormulaUno ricordo poco altro.
Ciao Ayrton.
Ricordo che era una stagione difficile per lui e che quel giorno avrebbe dovuto correre per forza, anche se non avrebbe voluto, anche se il giorno prima era morto un altro pilota, nelle qualifiche, Roland Ratzenberger.
Ricordo le rimonte di Ayrton sulla pioggia, lo strapotere della sua classe a Montecarlo, la minor competitività della sua macchina, bianca e rossa con la pubblicità della Marlboro, rispetto a quella blu acceso di Prost. E Prost un po' mi faceva arrabbiare, perché sapevo che Ayrton era più bravo, ma la Williams, credo, era più veloce, e con quei colori taglienti gli dava la vittoria.
Poi ricordo l'avvento del tedesco, con la macchina colorata, con la pubblicità della Benetton.
E poi ricordo che quel giorno mio padre tentava di rassicurarmi, dicendomi che sarebbe andato tutto bene.
Da quel giorno in poi della FormulaUno ricordo poco altro.
Ciao Ayrton.
alcol ha scritto: floyd l'ubriaco dall'occhio bigio?
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Oggi moriva Roland Ratzenberger....
Tra qualche ora ci lascerà Ayrton
Come se fosse ieri...15 anni fa!!!!!
L'ultimo arrivato e l'inarrivabile, insieme, in volo fin lassù...
Un pensiero...
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Come se fosse ieri...15 anni fa!!!!!
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<Parliamo di sport e non di simpatia. Forse potremo essere più obiettivi.> Ciao M.
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Sono già passati 15 anni, incredibile...
CIAO CAMPIONE
http://www.youtube.com/watch?v=yNCr8PfY ... re=related
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Re: Ayrton..
Con imperdonabile ritardo...
16 ma sembrano 100
http://fr.truveo.com/video-detail/ayrto ... 2441660734
Ciao Ayrton
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Re: Ayrton..
Ciao...
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Re: Ayrton..
E oggi sono 20....
Da allora nessuno pilota di F1 è mancato, il più grande lasso di tempo senza vittime in questo sport pericoloso....che forse la morte di Ayrton sia servita a qualcosa potrebbe essere il miglior ricordo....
Ciao
Da allora nessuno pilota di F1 è mancato, il più grande lasso di tempo senza vittime in questo sport pericoloso....che forse la morte di Ayrton sia servita a qualcosa potrebbe essere il miglior ricordo....
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Re: Ayrton..
son già passati vent'anni. Mi ricordo quei due giorni come fosse ieri, eppure ero piccolo.
Re: Ayrton..
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Re: Ayrton..
Bellissimo lo speciale di Sky di oggi...veramente un personaggio unico
Ti piace il doppio? Preferisco il threesome
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Re: Ayrton..
tennisfan82 ha scritto:Bellissimo lo speciale di Sky di oggi...veramente un personaggio unico
Già il film documentario dell'altra sera è stato notevole, nn avevo mai visto l'arroganza e l'ignoranza di Balestre in pieno uso, leggere certe cose non è come vederle, pazzesco.....
Ma era anche una F1 diversa, stava cambiando, ovviamente in peggio...
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Re: Ayrton..
Stanno trasmettendo anche un bello speciale su Rai Sport 1 con Zermiani che sta raccontando tanti aneddoti a me sconosciuti e con tanti filmati(l'archivio RAI aiuta), tra cui i duelli in kart con tale Fullerton che non riusciva a battere
Ti piace il doppio? Preferisco il threesome
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Re: Ayrton..
Ma è un vecchio servizio o inedito?
Xchè di Zermiani ricordo un bellissimo ricordo di anni fa....
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Re: Ayrton..
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Re: Ayrton..
21 ...
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Re: Ayrton..
Conta il pilota, non conta il pilota
...quando le monoposto si guidavano e non c'era l'elettronica.
...quando le monoposto si guidavano e non c'era l'elettronica.
Lo voglio rivedere, Fabio
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Re: Ayrton..
22
E oggi corrono pure.....
E oggi corrono pure.....
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Re: Ayrton..
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Re: Ayrton..
Il primo a postare un messaggio alla Rinascita di questo forum
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Re: Ayrton..
Non vedo il mio post
Vabehhhhh..... ciao mio grande amico....
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Re: Ayrton..
E sono 24!!!!
Ciao Ayrton, continua a correre....
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Re: Ayrton..
“LA VITA È COSÌ: VIENI, FAI FAI E POI TE NE VAI” S.B.
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Re: Ayrton..
ho trovato queste parole su facebook
ovviamente non è un mettere l'importanza della morte di uno a confronto con quella dell'altro
ma mi fa piacere riportarle, forse perchè, come indole, mi sento sempre più dalla parte degli sconfitti che da quella dei vincenti (lo so, sono juventino, ma per fortuna c'è la Champions a surrogare il mio discorso sui perdenti).
«LA GIUSTA distanza». Così dice il signor Rudolf Ratzenberger, 81 anni. È il padre del milite ignoto della Formula Uno. Più semplicemente: il papà dell’altro, di Roland, morto nel giorno sbagliato. Sconosciuto ai più, un ragazzone austriaco di Salisburgo, senza troppa fortuna. «Ayrton e Roland si conoscevano, li aveva presentati il fisioterapista di Senna, austriaco anche lui. Ma mio figlio era rispettoso, capiva che c’era un divario, anzi un abisso, tra lui che era in F1 da 53 giorni e Ayrton da 10 anni». La giusta distanza tra un numero uno e un signor nessuno. Stessa età, 34 anni. Senna era il dio delle pole position, invece Roland faticava a qualificarsi, era al suo terzo tentativo. Senna aveva contratti miliardari, Roland pagava per correre, assunto a gettone. Il brasiliano guidava macchine, l’austriaco, come disse lui, «un cetriolo» che beccava 6 secondi dal primo. La Simtek, la sua scuderia, fino all’anno prima aveva costruito macchine da cucire. Ma Roland aveva volontà, voglia di fare e era proprio fissato con le macchine. Lo ricorda il padre: «Non siamo una famiglia ricca. Io ero un ex dirigente pensionistico, ma provateci voi a far cambiare idea ad un ragazzo che sin da quando aveva quattro anni vi ripete che farà il pilota. Il suo idolo era Lauda. A 12 si costruì la prima piccola macchina di legno con cui sfidò gli amici sui tornanti, a 17 riparò un vecchio Maggiolino con cui scorrazzava nei campi di un contadino. Lasciò la scuola professionale, si mise a fare il meccanico, poi l’istruttore e il collaudatore, lavorò anche in Italia, a Monza, dove l’avevano soprannominato “Rolando Topo di Montagna”. E con i suoi sacrifici si pagò l’ingresso in F1 ad un’età in cui oggi molti lasciano».
La giusta distanza c’è anche tra San Paolo e Salisburgo: 9.900 chilometri. Roland anche con Senna, la tenne fino all’ultimo. Morì prima, da scudiero, con 24 ore di anticipo, il 30 aprile, stesso Gp, stessa pista di Imola, curva Villeneuve. Il 30 aprile. Alla sua Simtek numero 32 si stacca l’ala anteriore, che si infila sotto la monoposto, la macchina va dritta verso il muretto a oltre trecento all’ora. Sette-otto testacoda, tre ruote volano via, poi torna in mezzo alla pista e striscia fino al tornante della Tosa. Dalla carcassa la testa di Ratzenberger si china di lato, un girasole spezzato. L’abitacolo è squarciato, la tuta bianca di Roland macchiata di rosso, all’altezza del braccio e della coscia sinistra. Terribile il resto: frattura della calotta cranica a metà, due vertebre spezzate, midollo danneggiato, milza spappolata. Nessuna funzione cerebrale, ma gli praticano lo stesso il massaggio cardiaco e lo portano all’ospedale in elicottero. Senna vede il replay dell’incidente ai box. Si toglie il casco (che 24 ore dopo toglieranno a lui), fa un lungo sospiro, una smorfia di dolore, è turbato. Vuole vedere, sapere, sale su una macchina di servizio e si fa condurre alla curva Villeneuve. «Non si può». È un gesto per cui la Fia lo multa. Ayrton parla con Sid Watkins, il medico federale, che gli dice: «Non ci sono speranze». Senna è colpito, non vuole più gareggiare, Sid, che è suo amico, gli sussurra: «Molliamo tutto e andiamo a pescare». Non posso, è la risposta.
I genitori di Roland sono in vacanza in Messico, nessuno li avvisa. Il papà vede alla tv che c’è stato un incidente, non capisce la lingua, ma intuisce. «Ricordai la sua ultima telefonata alla mamma: è una pista pericolosa, se si sbaglia, si rischia troppo, ho una povera macchina, freni non adatti». Roland morì sul colpo, come dimostrò l’autopsia, ma tutti fecero finta di niente, altrimenti l’impianto sarebbe dovuto andare sotto sequestro e il Gp sospeso. Senna arrivò in ospedale due ore dopo, il dottor Giuseppe Piana gli fece segno di no con la testa. Ayrton fece marcia indietro. Piana incontrò un collega: «Non ci crederai, ho appena visto uscire Senna: piangeva ».
Chissà, forse in quel momento la giusta distanza scomparve. Tra il numero uno e il numero ultimo vi fu compassione, condivisione, trasporto. Forse Senna vide e intravide un altro se stesso in quel ragazzo testardo, senza mezzi, che aveva iniziato anche lui con i kart e che aveva la sua stessa età. Si rivide dilettante, in gara solo per il gusto di giocare e di sfidarsi, senza tanta tecnologia tra i piedi. Ayrton scrisse una lettera ai genitori di Roland, chiese a Williams se si potesse annullare la gara, nessuno sapeva se il giorno dopo sarebbe tornato in pista. Lo fece. «L’altro» lo aveva avvertito. Ayrton l’aveva sentito. Ma in mezzo tornò la giusta distanza. Un numero uno ha obblighi, impegni, presenze. Anche il viaggio di rientro fu diverso. Ayrton tornò in business class con un volo Varig, la madre aveva insistito perché la bara non viaggiasse nella stiva. Ai suoi funerali andò il mondo. A quelli di Roland andarono solo i piloti austriaci: Berger e Lauda che tenne il discorso di commiato. Roland viene sempre ricordato perché era l’altro. Nemmeno una persona, ma un’ombra, un presagio. Il fulmine prima del temporale. Il signor Ratzenberger ha altre due figlie: Gabi, 42 anni e Elisabeth, 21, e con la moglie Margit saranno in Italia per ricordare che vent’anni fa se ne andarono due ragazzi, anzi due piloti. «Vi ringrazio perché non avete dimenticato Roland. E benedico anche Ayrton per quella cosa lì». Quella cosa lì era la bandiera austriaca. Senna la nascose sotto la tuta, l’avrebbe fatta sventolare l’indomani. Gliela trovarono gli infermieri. Era morta anche la giusta distanza.
ovviamente non è un mettere l'importanza della morte di uno a confronto con quella dell'altro
ma mi fa piacere riportarle, forse perchè, come indole, mi sento sempre più dalla parte degli sconfitti che da quella dei vincenti (lo so, sono juventino, ma per fortuna c'è la Champions a surrogare il mio discorso sui perdenti).
«LA GIUSTA distanza». Così dice il signor Rudolf Ratzenberger, 81 anni. È il padre del milite ignoto della Formula Uno. Più semplicemente: il papà dell’altro, di Roland, morto nel giorno sbagliato. Sconosciuto ai più, un ragazzone austriaco di Salisburgo, senza troppa fortuna. «Ayrton e Roland si conoscevano, li aveva presentati il fisioterapista di Senna, austriaco anche lui. Ma mio figlio era rispettoso, capiva che c’era un divario, anzi un abisso, tra lui che era in F1 da 53 giorni e Ayrton da 10 anni». La giusta distanza tra un numero uno e un signor nessuno. Stessa età, 34 anni. Senna era il dio delle pole position, invece Roland faticava a qualificarsi, era al suo terzo tentativo. Senna aveva contratti miliardari, Roland pagava per correre, assunto a gettone. Il brasiliano guidava macchine, l’austriaco, come disse lui, «un cetriolo» che beccava 6 secondi dal primo. La Simtek, la sua scuderia, fino all’anno prima aveva costruito macchine da cucire. Ma Roland aveva volontà, voglia di fare e era proprio fissato con le macchine. Lo ricorda il padre: «Non siamo una famiglia ricca. Io ero un ex dirigente pensionistico, ma provateci voi a far cambiare idea ad un ragazzo che sin da quando aveva quattro anni vi ripete che farà il pilota. Il suo idolo era Lauda. A 12 si costruì la prima piccola macchina di legno con cui sfidò gli amici sui tornanti, a 17 riparò un vecchio Maggiolino con cui scorrazzava nei campi di un contadino. Lasciò la scuola professionale, si mise a fare il meccanico, poi l’istruttore e il collaudatore, lavorò anche in Italia, a Monza, dove l’avevano soprannominato “Rolando Topo di Montagna”. E con i suoi sacrifici si pagò l’ingresso in F1 ad un’età in cui oggi molti lasciano».
La giusta distanza c’è anche tra San Paolo e Salisburgo: 9.900 chilometri. Roland anche con Senna, la tenne fino all’ultimo. Morì prima, da scudiero, con 24 ore di anticipo, il 30 aprile, stesso Gp, stessa pista di Imola, curva Villeneuve. Il 30 aprile. Alla sua Simtek numero 32 si stacca l’ala anteriore, che si infila sotto la monoposto, la macchina va dritta verso il muretto a oltre trecento all’ora. Sette-otto testacoda, tre ruote volano via, poi torna in mezzo alla pista e striscia fino al tornante della Tosa. Dalla carcassa la testa di Ratzenberger si china di lato, un girasole spezzato. L’abitacolo è squarciato, la tuta bianca di Roland macchiata di rosso, all’altezza del braccio e della coscia sinistra. Terribile il resto: frattura della calotta cranica a metà, due vertebre spezzate, midollo danneggiato, milza spappolata. Nessuna funzione cerebrale, ma gli praticano lo stesso il massaggio cardiaco e lo portano all’ospedale in elicottero. Senna vede il replay dell’incidente ai box. Si toglie il casco (che 24 ore dopo toglieranno a lui), fa un lungo sospiro, una smorfia di dolore, è turbato. Vuole vedere, sapere, sale su una macchina di servizio e si fa condurre alla curva Villeneuve. «Non si può». È un gesto per cui la Fia lo multa. Ayrton parla con Sid Watkins, il medico federale, che gli dice: «Non ci sono speranze». Senna è colpito, non vuole più gareggiare, Sid, che è suo amico, gli sussurra: «Molliamo tutto e andiamo a pescare». Non posso, è la risposta.
I genitori di Roland sono in vacanza in Messico, nessuno li avvisa. Il papà vede alla tv che c’è stato un incidente, non capisce la lingua, ma intuisce. «Ricordai la sua ultima telefonata alla mamma: è una pista pericolosa, se si sbaglia, si rischia troppo, ho una povera macchina, freni non adatti». Roland morì sul colpo, come dimostrò l’autopsia, ma tutti fecero finta di niente, altrimenti l’impianto sarebbe dovuto andare sotto sequestro e il Gp sospeso. Senna arrivò in ospedale due ore dopo, il dottor Giuseppe Piana gli fece segno di no con la testa. Ayrton fece marcia indietro. Piana incontrò un collega: «Non ci crederai, ho appena visto uscire Senna: piangeva ».
Chissà, forse in quel momento la giusta distanza scomparve. Tra il numero uno e il numero ultimo vi fu compassione, condivisione, trasporto. Forse Senna vide e intravide un altro se stesso in quel ragazzo testardo, senza mezzi, che aveva iniziato anche lui con i kart e che aveva la sua stessa età. Si rivide dilettante, in gara solo per il gusto di giocare e di sfidarsi, senza tanta tecnologia tra i piedi. Ayrton scrisse una lettera ai genitori di Roland, chiese a Williams se si potesse annullare la gara, nessuno sapeva se il giorno dopo sarebbe tornato in pista. Lo fece. «L’altro» lo aveva avvertito. Ayrton l’aveva sentito. Ma in mezzo tornò la giusta distanza. Un numero uno ha obblighi, impegni, presenze. Anche il viaggio di rientro fu diverso. Ayrton tornò in business class con un volo Varig, la madre aveva insistito perché la bara non viaggiasse nella stiva. Ai suoi funerali andò il mondo. A quelli di Roland andarono solo i piloti austriaci: Berger e Lauda che tenne il discorso di commiato. Roland viene sempre ricordato perché era l’altro. Nemmeno una persona, ma un’ombra, un presagio. Il fulmine prima del temporale. Il signor Ratzenberger ha altre due figlie: Gabi, 42 anni e Elisabeth, 21, e con la moglie Margit saranno in Italia per ricordare che vent’anni fa se ne andarono due ragazzi, anzi due piloti. «Vi ringrazio perché non avete dimenticato Roland. E benedico anche Ayrton per quella cosa lì». Quella cosa lì era la bandiera austriaca. Senna la nascose sotto la tuta, l’avrebbe fatta sventolare l’indomani. Gliela trovarono gli infermieri. Era morta anche la giusta distanza.
Re: Ayrton..
Io quel weekend ero a Imola, quindi non credo che mi scorderò mai nulla.
djagermaister ha scritto:Dzumhur è il troll che controlla il ponte tra i challenger e gli Atp.
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Re: Ayrton..
Ecco, sempre pensato che Ratzenberger oltre la sfortuna di morire abbia avuto quella che gli accadesse poche ore prima di Senna.balbysauro ha scritto:ho trovato queste parole su facebook
ovviamente non è un mettere l'importanza della morte di uno a confronto con quella dell'altro
ma mi fa piacere riportarle, forse perchè, come indole, mi sento sempre più dalla parte degli sconfitti che da quella dei vincenti (lo so, sono juventino, ma per fortuna c'è la Champions a surrogare il mio discorso sui perdenti).
«LA GIUSTA distanza». Così dice il signor Rudolf Ratzenberger, 81 anni. È il padre del milite ignoto della Formula Uno. Più semplicemente: il papà dell’altro, di Roland, morto nel giorno sbagliato. Sconosciuto ai più, un ragazzone austriaco di Salisburgo, senza troppa fortuna. «Ayrton e Roland si conoscevano, li aveva presentati il fisioterapista di Senna, austriaco anche lui. Ma mio figlio era rispettoso, capiva che c’era un divario, anzi un abisso, tra lui che era in F1 da 53 giorni e Ayrton da 10 anni». La giusta distanza tra un numero uno e un signor nessuno. Stessa età, 34 anni. Senna era il dio delle pole position, invece Roland faticava a qualificarsi, era al suo terzo tentativo. Senna aveva contratti miliardari, Roland pagava per correre, assunto a gettone. Il brasiliano guidava macchine, l’austriaco, come disse lui, «un cetriolo» che beccava 6 secondi dal primo. La Simtek, la sua scuderia, fino all’anno prima aveva costruito macchine da cucire. Ma Roland aveva volontà, voglia di fare e era proprio fissato con le macchine. Lo ricorda il padre: «Non siamo una famiglia ricca. Io ero un ex dirigente pensionistico, ma provateci voi a far cambiare idea ad un ragazzo che sin da quando aveva quattro anni vi ripete che farà il pilota. Il suo idolo era Lauda. A 12 si costruì la prima piccola macchina di legno con cui sfidò gli amici sui tornanti, a 17 riparò un vecchio Maggiolino con cui scorrazzava nei campi di un contadino. Lasciò la scuola professionale, si mise a fare il meccanico, poi l’istruttore e il collaudatore, lavorò anche in Italia, a Monza, dove l’avevano soprannominato “Rolando Topo di Montagna”. E con i suoi sacrifici si pagò l’ingresso in F1 ad un’età in cui oggi molti lasciano».
La giusta distanza c’è anche tra San Paolo e Salisburgo: 9.900 chilometri. Roland anche con Senna, la tenne fino all’ultimo. Morì prima, da scudiero, con 24 ore di anticipo, il 30 aprile, stesso Gp, stessa pista di Imola, curva Villeneuve. Il 30 aprile. Alla sua Simtek numero 32 si stacca l’ala anteriore, che si infila sotto la monoposto, la macchina va dritta verso il muretto a oltre trecento all’ora. Sette-otto testacoda, tre ruote volano via, poi torna in mezzo alla pista e striscia fino al tornante della Tosa. Dalla carcassa la testa di Ratzenberger si china di lato, un girasole spezzato. L’abitacolo è squarciato, la tuta bianca di Roland macchiata di rosso, all’altezza del braccio e della coscia sinistra. Terribile il resto: frattura della calotta cranica a metà, due vertebre spezzate, midollo danneggiato, milza spappolata. Nessuna funzione cerebrale, ma gli praticano lo stesso il massaggio cardiaco e lo portano all’ospedale in elicottero. Senna vede il replay dell’incidente ai box. Si toglie il casco (che 24 ore dopo toglieranno a lui), fa un lungo sospiro, una smorfia di dolore, è turbato. Vuole vedere, sapere, sale su una macchina di servizio e si fa condurre alla curva Villeneuve. «Non si può». È un gesto per cui la Fia lo multa. Ayrton parla con Sid Watkins, il medico federale, che gli dice: «Non ci sono speranze». Senna è colpito, non vuole più gareggiare, Sid, che è suo amico, gli sussurra: «Molliamo tutto e andiamo a pescare». Non posso, è la risposta.
I genitori di Roland sono in vacanza in Messico, nessuno li avvisa. Il papà vede alla tv che c’è stato un incidente, non capisce la lingua, ma intuisce. «Ricordai la sua ultima telefonata alla mamma: è una pista pericolosa, se si sbaglia, si rischia troppo, ho una povera macchina, freni non adatti». Roland morì sul colpo, come dimostrò l’autopsia, ma tutti fecero finta di niente, altrimenti l’impianto sarebbe dovuto andare sotto sequestro e il Gp sospeso. Senna arrivò in ospedale due ore dopo, il dottor Giuseppe Piana gli fece segno di no con la testa. Ayrton fece marcia indietro. Piana incontrò un collega: «Non ci crederai, ho appena visto uscire Senna: piangeva ».
Chissà, forse in quel momento la giusta distanza scomparve. Tra il numero uno e il numero ultimo vi fu compassione, condivisione, trasporto. Forse Senna vide e intravide un altro se stesso in quel ragazzo testardo, senza mezzi, che aveva iniziato anche lui con i kart e che aveva la sua stessa età. Si rivide dilettante, in gara solo per il gusto di giocare e di sfidarsi, senza tanta tecnologia tra i piedi. Ayrton scrisse una lettera ai genitori di Roland, chiese a Williams se si potesse annullare la gara, nessuno sapeva se il giorno dopo sarebbe tornato in pista. Lo fece. «L’altro» lo aveva avvertito. Ayrton l’aveva sentito. Ma in mezzo tornò la giusta distanza. Un numero uno ha obblighi, impegni, presenze. Anche il viaggio di rientro fu diverso. Ayrton tornò in business class con un volo Varig, la madre aveva insistito perché la bara non viaggiasse nella stiva. Ai suoi funerali andò il mondo. A quelli di Roland andarono solo i piloti austriaci: Berger e Lauda che tenne il discorso di commiato. Roland viene sempre ricordato perché era l’altro. Nemmeno una persona, ma un’ombra, un presagio. Il fulmine prima del temporale. Il signor Ratzenberger ha altre due figlie: Gabi, 42 anni e Elisabeth, 21, e con la moglie Margit saranno in Italia per ricordare che vent’anni fa se ne andarono due ragazzi, anzi due piloti. «Vi ringrazio perché non avete dimenticato Roland. E benedico anche Ayrton per quella cosa lì». Quella cosa lì era la bandiera austriaca. Senna la nascose sotto la tuta, l’avrebbe fatta sventolare l’indomani. Gliela trovarono gli infermieri. Era morta anche la giusta distanza.
E d'altra parte fa ancora più impressione e sgomento constatare che Senna sia morto nonostante l'avvertimento di Ratzenberger, nonostante lo stesso Senna in qualche modo sentisse o presagisse qualcosa. E volesse annullare tutto.
Rimane la gravissima colpa della Formula uno in quanto entità, business e circo. Che DOVEVA annullare tutto.
The Show Must Go on è retorica per persone vuote e inumane.
Non c'era nulla da continuare. E Senna, almeno lui, si sarebbe salvato.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
Re: Ayrton..
Credo che Ratzenberger sarebbe ancora meno ricordato di così senza la morte di Senna come molti dei morti che ci son stati fino al 1982. Invece questo filo che lega i due avvenimenti, con le varie storie vere o presunte che ci son state dietro, porta inevitabilmente alla mente anche la vicenda dello sfortunato austriaco.
Sul fatto che non dovessero correre mi pare una eresia ed è un po' figlia di questa deriva pseudo umanistica degli ultimi anni, visto che fino a 12 anni prima (non dimenticando la morte di De Angelis avvenuta in un test a cavallo fra Paletti e Ratzenberger) la morte era vista come un evento quasi "normale" in uno sport dove comunque l'uomo va a 300 all'ora. Poi il fatto che ci fossero dei contraccolpi particolari credo fosse una cosa anche figlia del fatto che quella generazione di piloti non aveva praticamente avuto a che fare con la morte.
Al limite la vigliaccata fu che al sabato si resuscitò Ratzenberger, chiaramente morto sul colpo, per qualche minuto giusto per non dichiararlo morto in pista, cosa che credo avrebbe bloccato tutto per via della legge italiana.
Sul fatto che non dovessero correre mi pare una eresia ed è un po' figlia di questa deriva pseudo umanistica degli ultimi anni, visto che fino a 12 anni prima (non dimenticando la morte di De Angelis avvenuta in un test a cavallo fra Paletti e Ratzenberger) la morte era vista come un evento quasi "normale" in uno sport dove comunque l'uomo va a 300 all'ora. Poi il fatto che ci fossero dei contraccolpi particolari credo fosse una cosa anche figlia del fatto che quella generazione di piloti non aveva praticamente avuto a che fare con la morte.
Al limite la vigliaccata fu che al sabato si resuscitò Ratzenberger, chiaramente morto sul colpo, per qualche minuto giusto per non dichiararlo morto in pista, cosa che credo avrebbe bloccato tutto per via della legge italiana.
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Re: Ayrton..
E i morti in quel weekend potevano essere 3....
Per non farsi mancare nulla in gara durante un pit stop la Minardi di Alboreto perse una gomma fissata male e colpì 4 meccanici della Ferrari.
Dopo quell'episodio si decise di introdurre un limite di velocità in pitlane.
E nella gara successiva a Montecarlo ci fu un altro terribile incidente a Wendlinger che restò un mese in coma.
Per non farsi mancare nulla in gara durante un pit stop la Minardi di Alboreto perse una gomma fissata male e colpì 4 meccanici della Ferrari.
Dopo quell'episodio si decise di introdurre un limite di velocità in pitlane.
E nella gara successiva a Montecarlo ci fu un altro terribile incidente a Wendlinger che restò un mese in coma.
Ultima modifica di tennisfan82 il mer mag 01, 2019 3:01 pm, modificato 4 volte in totale.
Ti piace il doppio? Preferisco il threesome