Il centrodestra e la mafia
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- Massimo Carbone
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Il centrodestra e la mafia
"You can walk away from someone who doesn't love you. And you can walk away from someone you don't love. But when the love is mutual," Roy said. "The hardest thing is to walk away."
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- Massimo Carbone
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Re: Il centrodestra e la mafia
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- dsdifr
- Massimo Carbone
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Re: Il centrodestra e la mafia
MA COME?!Le dimissioni del sindaco Luigi Parisella (Pdl) e della Giunta hanno aperto la strada alle elezioni, dove gli stessi amministratori e il sindaco potranno ripresentarsi. «
- alessandro
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Re: Il centrodestra e la mafia
in pratica, i beni tolti alla mafia, andranno all'asta... e chi li volete che li compri?L’emendamento alla Finanziaria approvato dal Senato (che impone la vendita dei beni confiscati in caso di mancata assegnazione entro 90 giorni) ha un deciso sapore di anestetico per quelle tasche, pronte ad alleggerirsi senza grossi problemi per tornare in possesso del “bentolto”.
chi ha un minimo di esperienza di aste giudiziarie sa ceh quasi sempre sono prestanome degli ex proprietari.
figurarsi poi i benio mafiosi, c'e' una bella villa all'asta per un decimo del prezzo, pero' a partecipare c'e' Don Vito, voi che fate? e' per questo ceh i beni sono usati per farci scuole, caserme, musei e roba cosi', altrimenti tornano tutti alla mafia ( recependo uno dei punti del "papello", con la chiusura dell'asinara e di Pianosa, legge contro i pentiti etc.. )
gia' c'e lo scudo fiscale, tagli alle forze dell'ordine, e adesso anche la restituzione dei beni mafiosi...
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- Massimo Carbone
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Re: Il centrodestra e la mafia
Esempio perfetto di endiadi, il titolo di questo topic.
Bravo Apollo Retore.
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- Massimo Carbone
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Re: Il centrodestra e la mafia
Se questo è uno Stato
È vero, Renato Schifani è stato l’avvocato di mafiosi patentati (o non ancora definiti tali) ma era la sua professione. E poi, i mafiosi qualcuno dovrà pure difenderli nelle aule di giustizia o no? E’ vero, Renato Schifani è stato l’avvocato di un costruttore palermitano poi risultato legato a Cosa Nostra, proprietario di un palazzone dove, forse non casualmente, andarono ad abitare alcuni tra i boss più sanguinari. Ma lui che c’entra con le questioni di condominio? Adesso esce fuori l’informativa Dia nella quale il pentito Gaspare Spatuzza sostiene di aver visto, nei primissimi anni Novanta, Renato Schifani, incontrare il boss Filippo Graviano. Sì, quello successivamente condannato all’ergastolo per le stragi mafiose del ’92-‘93 e per l’omicidio di don Puglisi.
Legittimo che Renato Schifani difenda la sua onorabilità.
Altrettanto legittimo domandarsi, serenamente, se questi suoi, diciamo così, agitati trascorsi professionali lo mettano nella condizione più adatta a esercitare le funzioni di presidente del Senato, che è poi la seconda carica dello Stato. Sappiamo che Schifani resterà tranquillamente al suo posto, circondato dalla calorosa solidarietà della maggioranza e forse anche di una parte dell’opposizione. Noi però quella domanda continueremo a farla, immaginando di vivere in un paese normale.
Ma è un paese normale quello nel quale la casta dei parlamentari si autoassolve regolarmente anche di fronte alle accuse più gravi e infamanti? Sempre ieri quello straordinario lavacro di ogni nequizia che è la Giunta per le autorizzazioni della Camera si è pronunciata contro la richiesta d’arresto dell’onorevole Cosentino indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Pdl si è stretto attorno al sottosegretario mentre dall’opposizione si è levato alto il grido: che messaggio stiamo dando al paese? Ce lo chiediamo anche noi mentre giungono notizie sulla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa di Totò Cuffaro, già presidente della regione Sicilia e serbatoio di voti dell’Udc. Il partito alfiere del nuovo centro ispirato ai valori della legalità e della famiglia.
Antonio Padellaro
È vero, Renato Schifani è stato l’avvocato di mafiosi patentati (o non ancora definiti tali) ma era la sua professione. E poi, i mafiosi qualcuno dovrà pure difenderli nelle aule di giustizia o no? E’ vero, Renato Schifani è stato l’avvocato di un costruttore palermitano poi risultato legato a Cosa Nostra, proprietario di un palazzone dove, forse non casualmente, andarono ad abitare alcuni tra i boss più sanguinari. Ma lui che c’entra con le questioni di condominio? Adesso esce fuori l’informativa Dia nella quale il pentito Gaspare Spatuzza sostiene di aver visto, nei primissimi anni Novanta, Renato Schifani, incontrare il boss Filippo Graviano. Sì, quello successivamente condannato all’ergastolo per le stragi mafiose del ’92-‘93 e per l’omicidio di don Puglisi.
Legittimo che Renato Schifani difenda la sua onorabilità.
Altrettanto legittimo domandarsi, serenamente, se questi suoi, diciamo così, agitati trascorsi professionali lo mettano nella condizione più adatta a esercitare le funzioni di presidente del Senato, che è poi la seconda carica dello Stato. Sappiamo che Schifani resterà tranquillamente al suo posto, circondato dalla calorosa solidarietà della maggioranza e forse anche di una parte dell’opposizione. Noi però quella domanda continueremo a farla, immaginando di vivere in un paese normale.
Ma è un paese normale quello nel quale la casta dei parlamentari si autoassolve regolarmente anche di fronte alle accuse più gravi e infamanti? Sempre ieri quello straordinario lavacro di ogni nequizia che è la Giunta per le autorizzazioni della Camera si è pronunciata contro la richiesta d’arresto dell’onorevole Cosentino indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Pdl si è stretto attorno al sottosegretario mentre dall’opposizione si è levato alto il grido: che messaggio stiamo dando al paese? Ce lo chiediamo anche noi mentre giungono notizie sulla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa di Totò Cuffaro, già presidente della regione Sicilia e serbatoio di voti dell’Udc. Il partito alfiere del nuovo centro ispirato ai valori della legalità e della famiglia.
Antonio Padellaro
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- balbysauro
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Re: Il centrodestra e la mafia
chissà alle riunioni di condominio l'amministratore...Apollo_Creed. ha scritto:un palazzone dove, forse non casualmente, andarono ad abitare alcuni tra i boss più sanguinari.
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- Drugo
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Re: Il centrodestra e la mafia
Correggere il titolo:
Il centrodestra è la mafia.
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- alessandro
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Re: Il centrodestra e la mafia
o Schifanie' lo stesoche era socio di mafiosi in una societa' di compravendita (credo di automobili) come rortato da Lilio Abbate ne "I COMPLICI" sottotiolo Gli amici di Provenzano e Riin in Prlamento.
Abbate vive sotto scort ae quache mese fa l aPolizia h asventto un attentato per lui a Palermo.
Io vevo letto il libro un paio di anni fa' e quando hanno fatto Prsidentedel senato Schifani mi sono un po' Schifato.
Travaglio h adetto che form edi vita al di sotto di schifani ci sono i muschi e le amebe.
Preferisco Travalio quando elenca i fatti, perche' poi lo attaccano per queste battute, perche' h detto che il presidente er asocio di mafiosi, VILIPENDIO, quella diventa l anotizia e npon SChifani e i suoi soci, schifani e i paazzo della mafia etc..
Al TG avete sentito qualcosa? solo di Schifani che querela il pentito d mafia Spatuzza.
Abbate vive sotto scort ae quache mese fa l aPolizia h asventto un attentato per lui a Palermo.
Io vevo letto il libro un paio di anni fa' e quando hanno fatto Prsidentedel senato Schifani mi sono un po' Schifato.
Travaglio h adetto che form edi vita al di sotto di schifani ci sono i muschi e le amebe.
Preferisco Travalio quando elenca i fatti, perche' poi lo attaccano per queste battute, perche' h detto che il presidente er asocio di mafiosi, VILIPENDIO, quella diventa l anotizia e npon SChifani e i suoi soci, schifani e i paazzo della mafia etc..
Al TG avete sentito qualcosa? solo di Schifani che querela il pentito d mafia Spatuzza.
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- alessandro
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Re: Il centrodestra e la mafia
Dossier tratto dall'Espresso di Agosto 2002
Capigruppo d'assalto: Una vita da Schifani,
società con presunti uomini d'onore e usurai. Consulenze ricevute dai Comuni in odore di mafia. E poi l'ascesa ai vertici di Forza Italia. Berlusconi? «Per me è come Cavour»
di Franco Giustolisi e Marco Lillo
Quando, dopo una settimana di nottate, blitz e tranelli ha portato a casa l'approvazione della legge sul legittimo sospetto, Renato Schifani ha sottolineato con il consueto senso delle istituzioni la sua vittoria sull'Ulivo: «Li abbiamo fregati». Il capo dei senatori forzisti è fatto così. «È la mia chiarezza che dà fastidio alla sinistra», ha detto a un settimanale che gli ha dedicato un editoriale lodando «lo stile Schifani». Questo avvocato di 52 anni, nonostante il riporto e gli occhiali da archivista, è l'uomo prescelto da Silvio Berlusconi come volto ufficiale di Forza Italia. E lui lo ripaga come può. In un articolo sul "Giornale di Sicilia" dal titolo "Cavour e il conflitto di interessi" afferma che anche lo statista piemontese era «in potenziale macroscopico conflitto di interessi perché aveva il giornale "Il Risorgimento", partecipazioni bancarie, grandi proprietà terriere e un'intensa attività affaristica». Proprio come Berlusconi, insomma, eppure nessuno gli disse nulla. Peccato che, come scrive Rosario Romeo a pagina 451 della sua biografia, Cavour appena diventò ministro «decise in primo luogo di liquidare gli affari nei quali era stato attivo fino ad allora». Ma Schifani per amore del capo è disposto a sfidare anche il ridicolo. Come quando si fa riprendere in tv accanto al santino del leader neanche fosse Padre Pio. Avvocato civilista e amministrativista, 52 anni, sposato e padre di due figli, amante delle isole Egadi, è stato eletto nel collegio di Corleone, cuore di quella Sicilia che ha dato il cento per cento degli eletti a Forza Italia. Per descrivere l'eroe del legittimo sospetto, l'uomo che ha scavato nottetempo la via di fuga dal processo milanese per Berlusconi e Previti, si potrebbe partire dalle sue radici democristiane. Ma applicando alla lettera il suo credo, «non bisogna usare il politichese ma parlare con serenità il linguaggio dell'uomo comune», sarà meglio partire da una constatazione: il capo dei senatori di Forza Italia è stato socio di affari (leciti) con presunti usurai e mafiosi.
Sua eccellenza Filippo Mancuso, solitamente bene informato, ha definito così il suo ex compagno di partito: «Un avvocato del foro di Palermo specializzato in recupero crediti». Schifani gli ha risposto con una lettera in cui difende la sua «onesta e onorata carriera» e nega di avere mai svolto una simile attività. Negli archivi della Camera di commercio di Palermo risulta però una società, oggi inattiva, costituita nel 1992 da Schifani con Antonio Mengano e Antonino Garofalo: la Gms. L'avvocato Antonino Garofalo (socio accomandante come Schifani) è stato arrestato nel 1997 e poi rinviato a giudizio per usura ed estorsione nell'ambito di indagini condotte dal sostituto Gaetano Paci della Procura di Palermo. L'ex socio di Schifani è ritenuto il capo di un'organizzazione che prestava denaro nella zona di Caccamo chiedendo interessi del 240 per cento. Schifani non è stato coinvolto nelle indagini ma certo non deve essere piacevole scoprire di essere stato socio con un presunto usuraio in un'impresa che come oggetto sociale non disdegnava: «L'attività esattoriale per conto terzi di recupero crediti e l'attività di assistenza nell'istruttoria delle pratiche di finanziamento...».
Schifani è stato sempre sfortunato nella scelta dei compagni delle sue imprese. In un rapporto dei carabinieri del nucleo di Palermo, di cui "L'Espresso" è in grado di rivelare i contenuti, si ricostruisce la storia di un'altra strana società di cui il capogruppo di Forza Italia è stato socio e amministratore per poco più di un anno. Si chiama Sicula Brokers, fu istituita nel 1979 e oggi ha cambiato compagine azionaria. Tra i soci fondatori, accanto a un'assicurazione del nord, c'erano Renato Schifani e il ministro degli Affari regionali Enrico La Loggia, nonché soggetti come Benny D'Agostino, Giuseppe Lombardo e Nino Mandalà. Nomi che a Palermo indicano quella zona grigia in cui impresa, politica e mafia si confondono. Benny D'agostino è un imprenditore condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e, negli anni in cui era socio di Schifani e La Loggia, frequentava il gotha di Cosa Nostra. Lo ha ammesso lui stesso al processo Andreotti quando ha raccontato un viaggio memorabile sulla sua Ferrari da Napoli a Roma assieme a Michele Greco, il papa della mafia.
Giuseppe Lombardo invece è stato amministratore delle società dei cugini Ignazio e Nino Salvo, i famosi esattori di Cosa Nostra arrestati da Falcone nel lontano 1984 e condannati in qualità di capimafia della famiglia di Salemi. Nino Mandalà, infine, è stato arrestato nel 1998 ed è attualmente sotto processo per mafia a Palermo. Questo ex socio di Schifani e La Loggia era il presidente del circolo di Forza Italia di Villabate, un paese vicino a Palermo e proprio di politica parlava nel 1998 con il suo amico Simone Castello, colonnello del boss Bernardo Provenzano mentre a sua insaputa i carabinieri lo intercettavano. Mandalà riferiva a Castello l'esito di un burrascoso incontro con il ministro Enrico La Loggia, allora capo dei senatori di Forza Italia. Mandalà era infuriato per non avere ricevuto una telefonata di solidarietà dopo l'arresto del figlio (poi scagionato per un omicidio di mafia). E così raccontava di avere chiuso il suo colloquio con La Loggia: «Siccome io sono mafioso ed è mafioso anche tuo padre che io me lo ricordo quando con lui andavo a cercargli i voti da Turiddu Malta che era il capomafia di Vallelunga. Lo posso sempre dire che tuo padre era mafioso. A quel punto lui si è messo a piangere». La Loggia ha ammesso l'incontro ma ne ha raccontato una versione ben diversa. E anche Mandalà al processo ha parlato di millanteria. Nella stessa conversazione intercettata Mandalà parlava di Schifani in questi termini: «Era esperto a 54 milioni all'anno, qua al comune di Villabate, che me lo ha mandato il senatore La Loggia».
Schifani è stato sentito dalla Procura e, senza falsa modestia ha spiegato con la sua bravura la consulenza e lo stipendio: «Il mio studio è uno dei più accreditati in campo urbanistico in Sicilia». Ma per La Loggia sotto sotto c'era una raccomandazione: «Parlai di Schifani con Gianfranco Micciché (coordinatore di Forza Italia in Sicilia) e dissi: sta sprecando un sacco di tempo e quindi avrà dei mancati guadagni facendo politica. Vivendo lui della professione di avvocato dico se fosse possibile fargli trovare una consulenza. È un modo per dirgli grazie. E allora parlammo con il sindaco Navetta». Il sindaco Navetta è il nipote di Mandalà e il suo comune è stato sciolto per mafia nel 1998.
Il capogruppo di Forza Italia è stato sfortunato anche nella scelta dei suoi assistiti. Proprio un suo ex cliente recentemente ne ha fatto il nome in tribunale. La scena è questa: Innocenzo Lo Sicco, un mafioso pentito, il 26 gennaio del 2000 entra in manette in aula a Palermo e viene interrogato sulla vicenda di un palazzo molto noto in città, quello di Piazza Leoni. Le sue parole fanno balenare pesanti sospetti: «L'avvocato Schifani ebbe a dire a me, suo cliente, che aveva fatto tantissimo ed era riuscito a salvare il palazzo di Piazza Leoni facendolo entrare in sanatoria durante il governo Berlusconi perché, così mi disse, fecero una sanatoria e lui era riuscito a farla pennellare sull'esigenza di quegli edifici. Era soddisfattissimo. Perché lo diceva a me? Ma perché io lo avevo messo a conoscenza di qual era la situazione, l'iter, le modalità del rilascio della concessione...».
La Procura dopo aver analizzato le parole del pentito non ha aperto alcun fascicolo per la genericità del racconto. Comunque la storia di questo palazzo, scoperta dal giornalista de "la Repubblica" Enrico Bellavia, è tutta da raccontare. Comincia alla fine degli anni Ottanta quando Pietro Lo Sicco, imprenditore finanziato dalla mafia e zio di Innocenzo, mette gli occhi su un terreno a due passi dal parco della Favorita, una delle zone più pregiate di Palermo. Lo Sicco vuole costruirci un palazzo di undici piani ma prima bisogna eliminare due casette basse che appartengono a due sorelle sarde, Savina e Maria Rosa Pilliu, che non vogliono svendere. Pietro Lo Sicco le minaccia e le sorelle si rivolgono alla polizia. Ma la mafia è più lesta della legge: Lo Sicco ottiene la concessione edilizia grazie a una mazzetta di 25 milioni di lire e comincia ad abbattere l'appartamento a fianco. Quando le sorelle vedono avvicinarsi il bulldozer cominciano ad arrivare nel loro negozio i fusti di cemento. Il messaggio è chiaro: finirete lì dentro. Lo Sicco smentisce di essere il mandante ma la Procura offre alle Pilliu il programma di protezione. Oggi le sorelle sono un simbolo dell'antimafia: vivono proprio nel palazzo costruito da Lo Sicco e confiscato dallo Stato. Il costruttore è stato condannato a 2 anni e otto mesi per truffa e corruzione a cui si sono aggiunti sette anni per mafia.
All'inaugurazione del nuovo negozio costruito grazie al fondo antiracket, il senatore Schifani non c'era. Era dall'altra parte in questa vicenda. Il suo studio ha difeso l'impresa Lo Sicco davanti al Tar. Il pentito Innocenzo Lo Sicco, ha raccontato che lui stesso accompagnava l'avvocato Schifani negli uffici per seguire la pratica. Certo all'epoca l'imprenditore non era stato inquisito e il senatore non poteva sapere con chi aveva a che fare anche se il genero di Lo Sicco era sparito nel 1991 per lupara bianca. In quegli stessi anni Schifani assisteva anche altri imprenditori che sono incappati nelle confische per mafia, come Domenico Federico, prestanome di Giovanni Bontate, fratello del vecchio capo della cupola Stefano. Un settore quello delle confische che il senatore non ha dimenticato in Parlamento. Quando ha presentato un progetto di legge (il numero 600) per modificare la legge sulle confische e sui sequestri.
ha collaborato Giuseppe Lo Bianco
13.08.2002
Casualmente oggi e' arrivata una lettera di minaccia mafiosa a Schifani, ma dopo la vicenda del giornalisa de IL GIORNALE......
Capigruppo d'assalto: Una vita da Schifani,
società con presunti uomini d'onore e usurai. Consulenze ricevute dai Comuni in odore di mafia. E poi l'ascesa ai vertici di Forza Italia. Berlusconi? «Per me è come Cavour»
di Franco Giustolisi e Marco Lillo
Quando, dopo una settimana di nottate, blitz e tranelli ha portato a casa l'approvazione della legge sul legittimo sospetto, Renato Schifani ha sottolineato con il consueto senso delle istituzioni la sua vittoria sull'Ulivo: «Li abbiamo fregati». Il capo dei senatori forzisti è fatto così. «È la mia chiarezza che dà fastidio alla sinistra», ha detto a un settimanale che gli ha dedicato un editoriale lodando «lo stile Schifani». Questo avvocato di 52 anni, nonostante il riporto e gli occhiali da archivista, è l'uomo prescelto da Silvio Berlusconi come volto ufficiale di Forza Italia. E lui lo ripaga come può. In un articolo sul "Giornale di Sicilia" dal titolo "Cavour e il conflitto di interessi" afferma che anche lo statista piemontese era «in potenziale macroscopico conflitto di interessi perché aveva il giornale "Il Risorgimento", partecipazioni bancarie, grandi proprietà terriere e un'intensa attività affaristica». Proprio come Berlusconi, insomma, eppure nessuno gli disse nulla. Peccato che, come scrive Rosario Romeo a pagina 451 della sua biografia, Cavour appena diventò ministro «decise in primo luogo di liquidare gli affari nei quali era stato attivo fino ad allora». Ma Schifani per amore del capo è disposto a sfidare anche il ridicolo. Come quando si fa riprendere in tv accanto al santino del leader neanche fosse Padre Pio. Avvocato civilista e amministrativista, 52 anni, sposato e padre di due figli, amante delle isole Egadi, è stato eletto nel collegio di Corleone, cuore di quella Sicilia che ha dato il cento per cento degli eletti a Forza Italia. Per descrivere l'eroe del legittimo sospetto, l'uomo che ha scavato nottetempo la via di fuga dal processo milanese per Berlusconi e Previti, si potrebbe partire dalle sue radici democristiane. Ma applicando alla lettera il suo credo, «non bisogna usare il politichese ma parlare con serenità il linguaggio dell'uomo comune», sarà meglio partire da una constatazione: il capo dei senatori di Forza Italia è stato socio di affari (leciti) con presunti usurai e mafiosi.
Sua eccellenza Filippo Mancuso, solitamente bene informato, ha definito così il suo ex compagno di partito: «Un avvocato del foro di Palermo specializzato in recupero crediti». Schifani gli ha risposto con una lettera in cui difende la sua «onesta e onorata carriera» e nega di avere mai svolto una simile attività. Negli archivi della Camera di commercio di Palermo risulta però una società, oggi inattiva, costituita nel 1992 da Schifani con Antonio Mengano e Antonino Garofalo: la Gms. L'avvocato Antonino Garofalo (socio accomandante come Schifani) è stato arrestato nel 1997 e poi rinviato a giudizio per usura ed estorsione nell'ambito di indagini condotte dal sostituto Gaetano Paci della Procura di Palermo. L'ex socio di Schifani è ritenuto il capo di un'organizzazione che prestava denaro nella zona di Caccamo chiedendo interessi del 240 per cento. Schifani non è stato coinvolto nelle indagini ma certo non deve essere piacevole scoprire di essere stato socio con un presunto usuraio in un'impresa che come oggetto sociale non disdegnava: «L'attività esattoriale per conto terzi di recupero crediti e l'attività di assistenza nell'istruttoria delle pratiche di finanziamento...».
Schifani è stato sempre sfortunato nella scelta dei compagni delle sue imprese. In un rapporto dei carabinieri del nucleo di Palermo, di cui "L'Espresso" è in grado di rivelare i contenuti, si ricostruisce la storia di un'altra strana società di cui il capogruppo di Forza Italia è stato socio e amministratore per poco più di un anno. Si chiama Sicula Brokers, fu istituita nel 1979 e oggi ha cambiato compagine azionaria. Tra i soci fondatori, accanto a un'assicurazione del nord, c'erano Renato Schifani e il ministro degli Affari regionali Enrico La Loggia, nonché soggetti come Benny D'Agostino, Giuseppe Lombardo e Nino Mandalà. Nomi che a Palermo indicano quella zona grigia in cui impresa, politica e mafia si confondono. Benny D'agostino è un imprenditore condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e, negli anni in cui era socio di Schifani e La Loggia, frequentava il gotha di Cosa Nostra. Lo ha ammesso lui stesso al processo Andreotti quando ha raccontato un viaggio memorabile sulla sua Ferrari da Napoli a Roma assieme a Michele Greco, il papa della mafia.
Giuseppe Lombardo invece è stato amministratore delle società dei cugini Ignazio e Nino Salvo, i famosi esattori di Cosa Nostra arrestati da Falcone nel lontano 1984 e condannati in qualità di capimafia della famiglia di Salemi. Nino Mandalà, infine, è stato arrestato nel 1998 ed è attualmente sotto processo per mafia a Palermo. Questo ex socio di Schifani e La Loggia era il presidente del circolo di Forza Italia di Villabate, un paese vicino a Palermo e proprio di politica parlava nel 1998 con il suo amico Simone Castello, colonnello del boss Bernardo Provenzano mentre a sua insaputa i carabinieri lo intercettavano. Mandalà riferiva a Castello l'esito di un burrascoso incontro con il ministro Enrico La Loggia, allora capo dei senatori di Forza Italia. Mandalà era infuriato per non avere ricevuto una telefonata di solidarietà dopo l'arresto del figlio (poi scagionato per un omicidio di mafia). E così raccontava di avere chiuso il suo colloquio con La Loggia: «Siccome io sono mafioso ed è mafioso anche tuo padre che io me lo ricordo quando con lui andavo a cercargli i voti da Turiddu Malta che era il capomafia di Vallelunga. Lo posso sempre dire che tuo padre era mafioso. A quel punto lui si è messo a piangere». La Loggia ha ammesso l'incontro ma ne ha raccontato una versione ben diversa. E anche Mandalà al processo ha parlato di millanteria. Nella stessa conversazione intercettata Mandalà parlava di Schifani in questi termini: «Era esperto a 54 milioni all'anno, qua al comune di Villabate, che me lo ha mandato il senatore La Loggia».
Schifani è stato sentito dalla Procura e, senza falsa modestia ha spiegato con la sua bravura la consulenza e lo stipendio: «Il mio studio è uno dei più accreditati in campo urbanistico in Sicilia». Ma per La Loggia sotto sotto c'era una raccomandazione: «Parlai di Schifani con Gianfranco Micciché (coordinatore di Forza Italia in Sicilia) e dissi: sta sprecando un sacco di tempo e quindi avrà dei mancati guadagni facendo politica. Vivendo lui della professione di avvocato dico se fosse possibile fargli trovare una consulenza. È un modo per dirgli grazie. E allora parlammo con il sindaco Navetta». Il sindaco Navetta è il nipote di Mandalà e il suo comune è stato sciolto per mafia nel 1998.
Il capogruppo di Forza Italia è stato sfortunato anche nella scelta dei suoi assistiti. Proprio un suo ex cliente recentemente ne ha fatto il nome in tribunale. La scena è questa: Innocenzo Lo Sicco, un mafioso pentito, il 26 gennaio del 2000 entra in manette in aula a Palermo e viene interrogato sulla vicenda di un palazzo molto noto in città, quello di Piazza Leoni. Le sue parole fanno balenare pesanti sospetti: «L'avvocato Schifani ebbe a dire a me, suo cliente, che aveva fatto tantissimo ed era riuscito a salvare il palazzo di Piazza Leoni facendolo entrare in sanatoria durante il governo Berlusconi perché, così mi disse, fecero una sanatoria e lui era riuscito a farla pennellare sull'esigenza di quegli edifici. Era soddisfattissimo. Perché lo diceva a me? Ma perché io lo avevo messo a conoscenza di qual era la situazione, l'iter, le modalità del rilascio della concessione...».
La Procura dopo aver analizzato le parole del pentito non ha aperto alcun fascicolo per la genericità del racconto. Comunque la storia di questo palazzo, scoperta dal giornalista de "la Repubblica" Enrico Bellavia, è tutta da raccontare. Comincia alla fine degli anni Ottanta quando Pietro Lo Sicco, imprenditore finanziato dalla mafia e zio di Innocenzo, mette gli occhi su un terreno a due passi dal parco della Favorita, una delle zone più pregiate di Palermo. Lo Sicco vuole costruirci un palazzo di undici piani ma prima bisogna eliminare due casette basse che appartengono a due sorelle sarde, Savina e Maria Rosa Pilliu, che non vogliono svendere. Pietro Lo Sicco le minaccia e le sorelle si rivolgono alla polizia. Ma la mafia è più lesta della legge: Lo Sicco ottiene la concessione edilizia grazie a una mazzetta di 25 milioni di lire e comincia ad abbattere l'appartamento a fianco. Quando le sorelle vedono avvicinarsi il bulldozer cominciano ad arrivare nel loro negozio i fusti di cemento. Il messaggio è chiaro: finirete lì dentro. Lo Sicco smentisce di essere il mandante ma la Procura offre alle Pilliu il programma di protezione. Oggi le sorelle sono un simbolo dell'antimafia: vivono proprio nel palazzo costruito da Lo Sicco e confiscato dallo Stato. Il costruttore è stato condannato a 2 anni e otto mesi per truffa e corruzione a cui si sono aggiunti sette anni per mafia.
All'inaugurazione del nuovo negozio costruito grazie al fondo antiracket, il senatore Schifani non c'era. Era dall'altra parte in questa vicenda. Il suo studio ha difeso l'impresa Lo Sicco davanti al Tar. Il pentito Innocenzo Lo Sicco, ha raccontato che lui stesso accompagnava l'avvocato Schifani negli uffici per seguire la pratica. Certo all'epoca l'imprenditore non era stato inquisito e il senatore non poteva sapere con chi aveva a che fare anche se il genero di Lo Sicco era sparito nel 1991 per lupara bianca. In quegli stessi anni Schifani assisteva anche altri imprenditori che sono incappati nelle confische per mafia, come Domenico Federico, prestanome di Giovanni Bontate, fratello del vecchio capo della cupola Stefano. Un settore quello delle confische che il senatore non ha dimenticato in Parlamento. Quando ha presentato un progetto di legge (il numero 600) per modificare la legge sulle confische e sui sequestri.
ha collaborato Giuseppe Lo Bianco
13.08.2002
Casualmente oggi e' arrivata una lettera di minaccia mafiosa a Schifani, ma dopo la vicenda del giornalisa de IL GIORNALE......
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Re: Il centrodestra e la mafia
"...il vero scopo di un viaggiatore dovrebbe essere quello di migliorare gli uomini di renderli più saggi e di temprarne gli animi con esempi buoni e cattivi, tratti dalla descrizione di terre lontane"
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Re: Il centrodestra e la mafia
"Se trovo chi ha fatto le nove serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia che ci fanno fare una bella figura, lo strozzo".
Sembra una frase di Michele Greco, invece è il nostro premier...
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"...il vero scopo di un viaggiatore dovrebbe essere quello di migliorare gli uomini di renderli più saggi e di temprarne gli animi con esempi buoni e cattivi, tratti dalla descrizione di terre lontane"
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- Massimo Carbone
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Re: Il centrodestra e la mafia
Ora mi sento tranquillo:
"Il mio governo - assicura Berlusconi - sarà ricordato anche come il governo che la lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica".
"Il mio governo - assicura Berlusconi - sarà ricordato anche come il governo che la lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica".
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Re: Il centrodestra e la mafia
Ogni tanto è piacevole venire a rileggere frasi di questo tipo, fanno bene al corpo.Andy ha scritto:Ora mi sento tranquillo:
"Il mio governo - assicura Berlusconi - sarà ricordato anche come il governo che la lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica".
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Re: Il centrodestra e la mafia
La frase di papi è la stessa che diceva Andreotti (in pratica si combatteva da solo)miggen ha scritto:Ogni tanto è piacevole venire a rileggere frasi di questo tipo, fanno bene al corpo.Andy ha scritto:Ora mi sento tranquillo:
"Il mio governo - assicura Berlusconi - sarà ricordato anche come il governo che la lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica".
"...il vero scopo di un viaggiatore dovrebbe essere quello di migliorare gli uomini di renderli più saggi e di temprarne gli animi con esempi buoni e cattivi, tratti dalla descrizione di terre lontane"
Re: Il centrodestra e la mafia
A me ricorda tanto quello che fu scritto quando Antonio Gava fu nominato Ministro dell'Interno:Andy ha scritto:Ora mi sento tranquillo:
"Il mio governo - assicura Berlusconi - sarà ricordato anche come il governo che la lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica".
"Gava contro la mafia: in pratica il primo esempio di cura omeopatica applicato alla politica"
S.Benni
Bye dudes.
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Re: Il centrodestra e la mafia
Talpe Dda, Cuffaro condannato a 7 anni in appello
"L'ex governatore ha favorito Cosa Nostra"
PALERMO - L'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, ora senatore dell'Udc, è stato condannato, in appello, a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato dall'avere agevolato Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. In primo grado i giudici avevano escluso la sussistenza dell'aggravante mafiosa e avevano condannato il politico a cinque anni di reclusione. Il processo è stato celebrato davanti la terza sezione della corte d'appello di Palermo. Lasciando subito dopo l'aula bunker del carcere Pagliarelli, Cuffaro ha detto ai cronisti: ""So di non essere mafioso, so di non avere mai favorito la mafia. Ma questo non vuol dire che non si debbano rispettare le sentenze. Le sentenze sono espresse dalle istituzioni e vanno comunque accettate. Ne sento la pesantezza come cittadino e questo non modifica il mio percorso politico".
La terza sezione ha riformato le pene inflitte all'ex manager della sanità privata Michele Aiello, condannato a 15 anni e 6 mesi contro i 14 del primo grado per associazione mafiosa e ha modificato in concorso esterno all' associazione mafiosa l'accusa di favoreggiamento contestata all'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo, condannandolo a 8 anni di carcere. In primo grado Riolo aveva avuto 7 anni. La Corte ha dichiarato prescritto il reato contestato ad Adriana La Barbera per morte dell'imputata. 'Da quanto emerge dal dispositivo le nostre richieste sono state tutte accolte" commenta il pg Daniela Giglio.
"L'ex governatore ha favorito Cosa Nostra"
PALERMO - L'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, ora senatore dell'Udc, è stato condannato, in appello, a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato dall'avere agevolato Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. In primo grado i giudici avevano escluso la sussistenza dell'aggravante mafiosa e avevano condannato il politico a cinque anni di reclusione. Il processo è stato celebrato davanti la terza sezione della corte d'appello di Palermo. Lasciando subito dopo l'aula bunker del carcere Pagliarelli, Cuffaro ha detto ai cronisti: ""So di non essere mafioso, so di non avere mai favorito la mafia. Ma questo non vuol dire che non si debbano rispettare le sentenze. Le sentenze sono espresse dalle istituzioni e vanno comunque accettate. Ne sento la pesantezza come cittadino e questo non modifica il mio percorso politico".
La terza sezione ha riformato le pene inflitte all'ex manager della sanità privata Michele Aiello, condannato a 15 anni e 6 mesi contro i 14 del primo grado per associazione mafiosa e ha modificato in concorso esterno all' associazione mafiosa l'accusa di favoreggiamento contestata all'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo, condannandolo a 8 anni di carcere. In primo grado Riolo aveva avuto 7 anni. La Corte ha dichiarato prescritto il reato contestato ad Adriana La Barbera per morte dell'imputata. 'Da quanto emerge dal dispositivo le nostre richieste sono state tutte accolte" commenta il pg Daniela Giglio.
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Re: Il centrodestra e la mafia
Una sentenza politica, sicuramente.
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“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Re: Il centrodestra e la mafia
su wikipedia, quindi magari da prendere con le molle, capitando per caso nella pagina "mafia e fascismo", trovo questo passo:
Mori, grazie anche ad una propaganda fascista sulle sue azioni, molto ben orchestrata mediaticamente, divenne notissimo sino a quando fu rimosso dal suo incarico e richiamato. Ormai, la dura lotta alla mafia il regime fascista l'aveva dimostrata, quindi Mori fu insignito del titolo di senatore del Regno, richiamato dalla Sicilia e messo fuori gioco, mentre i pezzi grossi mafiosi, collusi col fascismo, subivano lievi pene ed amnistie, in modo da poter tornare ad operare sotto la copertura dei gerarchi fascisti siciliani o persino ad divenire gerarchi loro stessi. La mafia era entrata, come accade anche adesso, in rapporto simbiotico con i poteri dello Stato.
ora, per giocare un po', togliamo i riferimenti diretti al ventennio o aggiorniamoli in paio di casi, ne esce fuori questo:
grazie anche ad una propaganda sulle sue azioni, molto ben orchestrata mediaticamente, divenne notissimo sino a quando fu rimosso dal suo incarico e richiamato. Ormai, la dura lotta alla mafia l'aveva dimostrata, quindi fu insignito del titolo di senatore, mentre i pezzi grossi mafiosi, collusi, subivano lievi pene ed amnistie, in modo da poter tornare ad operare sotto la copertura dei politici siciliani o persino a divenire politici loro stessi. La mafia era entrata in rapporto simbiotico con i poteri dello Stato.
insomma, niente di nuovo sotto al sole....
Mori, grazie anche ad una propaganda fascista sulle sue azioni, molto ben orchestrata mediaticamente, divenne notissimo sino a quando fu rimosso dal suo incarico e richiamato. Ormai, la dura lotta alla mafia il regime fascista l'aveva dimostrata, quindi Mori fu insignito del titolo di senatore del Regno, richiamato dalla Sicilia e messo fuori gioco, mentre i pezzi grossi mafiosi, collusi col fascismo, subivano lievi pene ed amnistie, in modo da poter tornare ad operare sotto la copertura dei gerarchi fascisti siciliani o persino ad divenire gerarchi loro stessi. La mafia era entrata, come accade anche adesso, in rapporto simbiotico con i poteri dello Stato.
ora, per giocare un po', togliamo i riferimenti diretti al ventennio o aggiorniamoli in paio di casi, ne esce fuori questo:
grazie anche ad una propaganda sulle sue azioni, molto ben orchestrata mediaticamente, divenne notissimo sino a quando fu rimosso dal suo incarico e richiamato. Ormai, la dura lotta alla mafia l'aveva dimostrata, quindi fu insignito del titolo di senatore, mentre i pezzi grossi mafiosi, collusi, subivano lievi pene ed amnistie, in modo da poter tornare ad operare sotto la copertura dei politici siciliani o persino a divenire politici loro stessi. La mafia era entrata in rapporto simbiotico con i poteri dello Stato.
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A lot of people say, "Yeah, I like Dennis Rodman," but they don't really mean that. I'm a big Dennis Rodman fan. I've been a Rodman fan since 1998 when he was in all his controversy, so that's never going to change.
Re: Il centrodestra e la mafia
Cuffaro mafioso, chi l'avrebbe mai immaginato? http://www.youtube.com/watch?v=F5MZmJLMQ9YJohnny Rex ha scritto:Una sentenza politica, sicuramente.
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Re: Il centrodestra e la mafia
FIRENZE - Le dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza hanno dato un contributo assolutamente determinante, forse primario, all'ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata a Francesco Tagliavia per l'inchiesta sulle stragi di mafia del 1993. Lo ha detto il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi spiegando che ''Spatuzza ha riferito circostanze e richiamato persone che hanno trovato rispondenza in una serie di verifiche che vedevano Tagliavia organicamente inserito in Cosa nostra e capace di manovrare forze operative che da lui dipendevano e che lui ha orientato nella preparazione e nell'esecuzione delle stragi''.(RCD)
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Re: Il centrodestra e la mafia
Mentre il pg parlava del caso Farina, Dell'Utri è uscito dall'aula della corte d'appello e ha fatto una dichiarazione ai giornalisti che lo hanno subito raggiunto: "Se mi lasciano in pace, se mi assolvono sono disposto a lasciare tutte le cariche politiche, non mi interessa fare politica. Io faccio il senatore per difendermi dal processo. Io mi difendo dall'attacco politico perché il mio è un processo politico, per questo faccio politica. Sì, vi sembra strano? - ribadisce - Sono entrato in politica per difendermi".
beh, buono dai...e io che pensavo che fosse un servitore dello stato....
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Re: Il centrodestra e la mafia
in pratica: e' entrato in politica perche' il processo c'e' solo perche' e' entrato in politica, mecojonipocaluce ha scritto:Mentre il pg parlava del caso Farina, Dell'Utri è uscito dall'aula della corte d'appello e ha fatto una dichiarazione ai giornalisti che lo hanno subito raggiunto: "Se mi lasciano in pace, se mi assolvono sono disposto a lasciare tutte le cariche politiche, non mi interessa fare politica. Io faccio il senatore per difendermi dal processo. Io mi difendo dall'attacco politico perché il mio è un processo politico, per questo faccio politica. Sì, vi sembra strano? - ribadisce - Sono entrato in politica per difendermi".
beh, buono dai...e io che pensavo che fosse un servitore dello stato....
poi:
se mi assolvono, lascio tutte le cariche politiche, perche? se lo condannano sta in parlamento ?
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Re: Il centrodestra e la mafia
Berlusconi contro Gomorra e la Piovra
"La mafia è più famosa che potente"
Oh dice le stesse cose di Riina....
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Re: Il centrodestra e la mafia
Reggio Calabria, in cento "rendono omaggio" al latitante arrestato. Il questore: «È un fatto molto brutto»
catturato lunedì sera. era latitante dal 1993
REGGIO CALABRIA - C'erano più di cento persone, parenti, gente comune, molti giovani e anche alcuni bambini, ad attendere Giovanni Tegano fuori dalla Questura di Reggio Calabria. Una claque che ha applaudito il boss, arrestato lunedì, dopo 17 anni di latitanza. La piccola folla ha invaso martedì mattina il centralissimo Corso Garibaldi, bloccando il traffico, per salutare e "rendere omaggio" al boss della 'ndrangheta. «Giovanni uomo di pace» gli hanno gridato durante il trasferimento dalla Questura al carcere. Quindi gli applausi di parenti e conoscenti. Non si sono comunque registrati problemi di ordine pubblico: un cordone di poliziotti ha evitato qualsiasi contatto tra il boss e i suoi "fans" e subito dopo il trasferimento il gruppo di persone radunatesi dinanzi alla Questura si è dileguato. Giovanni Tegano, indossava un vestito di velluto verde e una camicia a quadretti. Agli indirizzi di saluto dei parenti ha risposto alzando la mano e con molta calma si è diretto verso l'autovettura che lo attendeva accompagnato da due agenti della Sezione Catturandi completamente mimetizzati. «È un fatto molto brutto vedere che a Reggio Calabria si applauda Giovanni Tegano» ha commentato il questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona.
LE ACCUSE - Per tutta la notte gli uomini della squadra mobile reggina hanno notificato a Giovanni Tegano oltre alla condanna definitiva all’ergastolo, anche numerosi provvedimenti restrittivi con una sequela di pesanti accuse tra cui omicidio, associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, danneggiamenti.
NAPOLITANO - Per l'arresto del latitante, di cui è stato informato dal ministro Roberto Maroni, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è complimentato con il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e con tutti i suoi colleghi. Molto soddisfatto anche il Guardasigilli Angelino Alfano: «Non passa giorno che non sia costellato da successi per gli straordinari colpi messi a segno da magistratura e forze dell'ordine contro la criminalità organizzata. È una battaglia che non ha precedenti quella che la squadra Stato porta avanti, giorno dopo giorno, contro tutte le mafie» ha detto il ministro della Giustizia.
catturato lunedì sera. era latitante dal 1993
REGGIO CALABRIA - C'erano più di cento persone, parenti, gente comune, molti giovani e anche alcuni bambini, ad attendere Giovanni Tegano fuori dalla Questura di Reggio Calabria. Una claque che ha applaudito il boss, arrestato lunedì, dopo 17 anni di latitanza. La piccola folla ha invaso martedì mattina il centralissimo Corso Garibaldi, bloccando il traffico, per salutare e "rendere omaggio" al boss della 'ndrangheta. «Giovanni uomo di pace» gli hanno gridato durante il trasferimento dalla Questura al carcere. Quindi gli applausi di parenti e conoscenti. Non si sono comunque registrati problemi di ordine pubblico: un cordone di poliziotti ha evitato qualsiasi contatto tra il boss e i suoi "fans" e subito dopo il trasferimento il gruppo di persone radunatesi dinanzi alla Questura si è dileguato. Giovanni Tegano, indossava un vestito di velluto verde e una camicia a quadretti. Agli indirizzi di saluto dei parenti ha risposto alzando la mano e con molta calma si è diretto verso l'autovettura che lo attendeva accompagnato da due agenti della Sezione Catturandi completamente mimetizzati. «È un fatto molto brutto vedere che a Reggio Calabria si applauda Giovanni Tegano» ha commentato il questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona.
LE ACCUSE - Per tutta la notte gli uomini della squadra mobile reggina hanno notificato a Giovanni Tegano oltre alla condanna definitiva all’ergastolo, anche numerosi provvedimenti restrittivi con una sequela di pesanti accuse tra cui omicidio, associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, danneggiamenti.
NAPOLITANO - Per l'arresto del latitante, di cui è stato informato dal ministro Roberto Maroni, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è complimentato con il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e con tutti i suoi colleghi. Molto soddisfatto anche il Guardasigilli Angelino Alfano: «Non passa giorno che non sia costellato da successi per gli straordinari colpi messi a segno da magistratura e forze dell'ordine contro la criminalità organizzata. È una battaglia che non ha precedenti quella che la squadra Stato porta avanti, giorno dopo giorno, contro tutte le mafie» ha detto il ministro della Giustizia.
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Re: Il centrodestra e la mafia
e queste cento persone votano, eh
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: Il centrodestra e la mafia
Nickognito ha scritto:e queste cento persone votano, eh
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Re: Il centrodestra e la mafia
mi chiedevo cosa del papello e' gia' stato realizzato e su cosa stessero lavorando, non e' vero che il centrodestra nopn ha fatto nulla e non e' neppure vero cel la sinistra dice sempre no.
"Il Papello. Cosa resta dei 12 comandamenti? Richieste davvero folli?"
di Nello Trocchia
Come in un film, come nel Il bene e il male di Martin Scorzese. Da una parte lo stato e dall’altro il crimine organizzato. Da un parte chi lotta contro la mala senza infingimenti, dall’altra chi traffica o addirittura fa il doppio gioco. Ma qui in scena c’è la realtà, alcuni uomini dello stato trattavano mentre altri uomini dello Stato combattevano le mafie strenuamente credendo fosse quello l’obiettivo comune. Due strategie e mentre le bombe ammazzavano, altri parlavano, incontravano, si prestavano. La storia del papello si può raccontare così: come il grande inganno consumato a danno di chi, generali, carabinieri, poliziotti, giudici, giornalisti, ha creduto la mafia il nemico da battere, le connivenze il livello da intercettare e debellare.
Un altro pezzo di stato allestiva, nella versione edulcorata, trattative, e , nella versione accusatoria, strade preferenziali per alcuni mafiosi in cambio di qualche boss consegnato e ‘finti’ successi. Ora mentre a Palermo e Caltanissetta sono ripartite le inchieste sulla trattativa e due uomini dello stato, allora al Ros, Mauro Obinu e Mario Mori, sono sotto processo per favoreggiamento, per il mancato arresto di Bernardo Provenzano e Marcello Dell’Utri è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa (dopo una condanna di primo grado a 9 anni), restano troppi punti di domanda a cui dare risposta. L’interrogativo che accompagna la consegna del papello da parte di Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, è uno solo.
Di quel papello cosa è stato? Quando la mafia si è inabissata e le istituzioni hanno abbassato il livello di guardia, di quel papello cosa è stato realizzato? Negli anni ’90 quando Don Vito Ciancimino ebbe tra le mani quelle richieste disse: " Erano punti troppo da testa di m..." Folli, irrealizzabili e ,per questo, Ciancimino ne fece altre più praticabili (elezione diretta dei giudici, abolizione monopolio sigarette). Ma se avessimo avuto in mano quel papello il legislatore avrebbe legiferato sui temi della mafia come ha fatto in questi anni? Il senatore Giuseppe Lumia ci aiuta in questa analisi. Cosa resta di quel papello? Quelle richieste folli nel 1992 sono diventate, nel silenzio della e sulla mafia, praticabili dopo?
“ Cosa Nostra ha superato la crisi drammatica del dopo stragi – racconta Lumia- ci fu una reazione senza precedenti della società e delle istituzioni, ma al solito, una risposta in alcuni casi ambigua pensiamo alla cattura di Riina, pensiamo all’agenda rossa, al ruolo dei servizi”.
“ Alcuni punti quelli che miravano all’abbassamento della tensione, che miravano ad un clima di coabitazione, dove lo stato può combattere la mafia senza mai superare il livello che puntasse alla sua cancellazione su questo Cosa Nostra qualche risultato lo ha ottenuto”.
Andiamo più nello specifico. C’era un punto: la riforma della legge dei pentiti, la revisione c’è stata.
“Mi riferivo anche a questo. E’ vero è stato fatto un passo indietro, c’era da fare una riforma, ma Cosa Nostra ha ottenuto vantaggi che denuncio da anni. Sui collaboratori di giustizia si è introdotta la dichiarazione in 180 giorni ( in 6 mesi) che è impossibile da realizzare”.
E i numeri parlano di una diminuzione consistente dei collaboratori e un ridimensionamento del fenomeno del pentitismo dal 2001 anno della rivisitazione.
C’è anche il 41 bis, svuotato di senso, dopo la riforma del 2002 che ha fatto cessare di colpo la protesta di mafiosi ( da ricordare i proclami di Bagarella e Cannella, lo striscione alla Favorita di Palermo) contro il carcere duro.
“E’ vero non mi stancherò mai di dire che questo 41 bis è paradossalmente favorevole a Cosa Nostra, da tempo chiedo una rigorosa applicazione del 41 bis con una revisione dell’istituto”. Altro punto è la chiusura di supercarceri. “ Anche in questo caso io chiedo da tempo la riapertura almeno del carcere di Pianosa se non anche dell’Asinara”. Altro punto è la revisione della legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni mafiosi. Anche in questo caso valga su tutti la denuncia di Don Luigi Ciotti che da anni con Libera chiede l’introduzione dell’agenzia della confisca.
“Abbiamo chiesto – ripete ai nostri microfoni - l’agenzia della confisca ma il governo non vuole ascoltarci. Dobbiamo migliorare questa legge, il 36% dei beni sono sotto ipoteca bancaria, il 30% sono occupati da parenti o dagli stessi mafiosi. Bisogna intervenire”. Indebitati o ancora occupati, insomma legge svuotata di senso, anche in questo caso. C’è da aggiungere la lungaggine del processo, l’indulto che ha favorito mafiosi e sodali, di fatto un beneficio, ( l’ultimo caso è quello di Santo La Causa, il superlatitante di Cosa nostra arrestato l'8 ottobre scorso da carabinieri del reparto operativo di Catania, era stato scarcerato il 2 agosto del 2006 in applicazione dell'indulto)e la riforma annunciata delle intercettazioni, riforma che darà un duro colpo alle indagini sulla mafia e una grossa mano alle organizzazioni criminali.
Insomma, negli anni ’90 mentre le bombe e gli attentati annientavano lo stato quelle richieste furono bollate come folli dal sindaco mafioso Ciancimino. Negli anni, la classe politica, vestita di nuovo, nel nome del garantismo e supportata da una campagna di stampa ad hoc ha messo in atto alcune riforme svuotando di senso le norme antimafia, molte oggetto di richiesta come da papello. Per alcuni punti: risultato raggiunto, al grido di forza mafia.
Integrale intervista a Giuseppe Lumia
http://www.articolo21.org/17/notizia/il ... menti.html
"Il Papello. Cosa resta dei 12 comandamenti? Richieste davvero folli?"
di Nello Trocchia
Come in un film, come nel Il bene e il male di Martin Scorzese. Da una parte lo stato e dall’altro il crimine organizzato. Da un parte chi lotta contro la mala senza infingimenti, dall’altra chi traffica o addirittura fa il doppio gioco. Ma qui in scena c’è la realtà, alcuni uomini dello stato trattavano mentre altri uomini dello Stato combattevano le mafie strenuamente credendo fosse quello l’obiettivo comune. Due strategie e mentre le bombe ammazzavano, altri parlavano, incontravano, si prestavano. La storia del papello si può raccontare così: come il grande inganno consumato a danno di chi, generali, carabinieri, poliziotti, giudici, giornalisti, ha creduto la mafia il nemico da battere, le connivenze il livello da intercettare e debellare.
Un altro pezzo di stato allestiva, nella versione edulcorata, trattative, e , nella versione accusatoria, strade preferenziali per alcuni mafiosi in cambio di qualche boss consegnato e ‘finti’ successi. Ora mentre a Palermo e Caltanissetta sono ripartite le inchieste sulla trattativa e due uomini dello stato, allora al Ros, Mauro Obinu e Mario Mori, sono sotto processo per favoreggiamento, per il mancato arresto di Bernardo Provenzano e Marcello Dell’Utri è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa (dopo una condanna di primo grado a 9 anni), restano troppi punti di domanda a cui dare risposta. L’interrogativo che accompagna la consegna del papello da parte di Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, è uno solo.
Di quel papello cosa è stato? Quando la mafia si è inabissata e le istituzioni hanno abbassato il livello di guardia, di quel papello cosa è stato realizzato? Negli anni ’90 quando Don Vito Ciancimino ebbe tra le mani quelle richieste disse: " Erano punti troppo da testa di m..." Folli, irrealizzabili e ,per questo, Ciancimino ne fece altre più praticabili (elezione diretta dei giudici, abolizione monopolio sigarette). Ma se avessimo avuto in mano quel papello il legislatore avrebbe legiferato sui temi della mafia come ha fatto in questi anni? Il senatore Giuseppe Lumia ci aiuta in questa analisi. Cosa resta di quel papello? Quelle richieste folli nel 1992 sono diventate, nel silenzio della e sulla mafia, praticabili dopo?
“ Cosa Nostra ha superato la crisi drammatica del dopo stragi – racconta Lumia- ci fu una reazione senza precedenti della società e delle istituzioni, ma al solito, una risposta in alcuni casi ambigua pensiamo alla cattura di Riina, pensiamo all’agenda rossa, al ruolo dei servizi”.
“ Alcuni punti quelli che miravano all’abbassamento della tensione, che miravano ad un clima di coabitazione, dove lo stato può combattere la mafia senza mai superare il livello che puntasse alla sua cancellazione su questo Cosa Nostra qualche risultato lo ha ottenuto”.
Andiamo più nello specifico. C’era un punto: la riforma della legge dei pentiti, la revisione c’è stata.
“Mi riferivo anche a questo. E’ vero è stato fatto un passo indietro, c’era da fare una riforma, ma Cosa Nostra ha ottenuto vantaggi che denuncio da anni. Sui collaboratori di giustizia si è introdotta la dichiarazione in 180 giorni ( in 6 mesi) che è impossibile da realizzare”.
E i numeri parlano di una diminuzione consistente dei collaboratori e un ridimensionamento del fenomeno del pentitismo dal 2001 anno della rivisitazione.
C’è anche il 41 bis, svuotato di senso, dopo la riforma del 2002 che ha fatto cessare di colpo la protesta di mafiosi ( da ricordare i proclami di Bagarella e Cannella, lo striscione alla Favorita di Palermo) contro il carcere duro.
“E’ vero non mi stancherò mai di dire che questo 41 bis è paradossalmente favorevole a Cosa Nostra, da tempo chiedo una rigorosa applicazione del 41 bis con una revisione dell’istituto”. Altro punto è la chiusura di supercarceri. “ Anche in questo caso io chiedo da tempo la riapertura almeno del carcere di Pianosa se non anche dell’Asinara”. Altro punto è la revisione della legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni mafiosi. Anche in questo caso valga su tutti la denuncia di Don Luigi Ciotti che da anni con Libera chiede l’introduzione dell’agenzia della confisca.
“Abbiamo chiesto – ripete ai nostri microfoni - l’agenzia della confisca ma il governo non vuole ascoltarci. Dobbiamo migliorare questa legge, il 36% dei beni sono sotto ipoteca bancaria, il 30% sono occupati da parenti o dagli stessi mafiosi. Bisogna intervenire”. Indebitati o ancora occupati, insomma legge svuotata di senso, anche in questo caso. C’è da aggiungere la lungaggine del processo, l’indulto che ha favorito mafiosi e sodali, di fatto un beneficio, ( l’ultimo caso è quello di Santo La Causa, il superlatitante di Cosa nostra arrestato l'8 ottobre scorso da carabinieri del reparto operativo di Catania, era stato scarcerato il 2 agosto del 2006 in applicazione dell'indulto)e la riforma annunciata delle intercettazioni, riforma che darà un duro colpo alle indagini sulla mafia e una grossa mano alle organizzazioni criminali.
Insomma, negli anni ’90 mentre le bombe e gli attentati annientavano lo stato quelle richieste furono bollate come folli dal sindaco mafioso Ciancimino. Negli anni, la classe politica, vestita di nuovo, nel nome del garantismo e supportata da una campagna di stampa ad hoc ha messo in atto alcune riforme svuotando di senso le norme antimafia, molte oggetto di richiesta come da papello. Per alcuni punti: risultato raggiunto, al grido di forza mafia.
Integrale intervista a Giuseppe Lumia
http://www.articolo21.org/17/notizia/il ... menti.html
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Re: Il centrodestra e la mafia
Alessandro, fai il gioco di Berlusconi.
Pensa ai problemi seri, che la sinistra non ri solve.
Pensa ai problemi seri, che la sinistra non ri solve.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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- Massimo Carbone
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Re: Il centrodestra e la mafia
L'ex governatore della Sicilia condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Lo ha deciso la seconda sezione penale, confermando il verdetto dello scorso 23 gennaio. Il procuratore generale aveva chiesto uno sconto di pena
di ALESSANDRA ZINITI
Mafia, processo in Cassazione confermata la condanna a Cuffaro
I giudici della seconda sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Esposito, hanno confermato, a carico dell'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e violazione del segreto istruttorio nell'ambito del processo "talpe alla Dda". Questa mattina Cuffaro si è raccolto in preghiera in una chiesa nei pressi della sua abitazione romana, di fronte al Pantheon, in attesa della sentenza.
Ieri il procuratore generale Giovanni Galati, nella sua requisitoria, per Cuffaro aveva chiesto una riduzione della pena, soprattutto aveva chiesto di fare cadere l'aggravante del favoreggiamento alla mafia. Ma i giudici non lo hanno ascoltato confermando la sentenza di appello.
di ALESSANDRA ZINITI
Mafia, processo in Cassazione confermata la condanna a Cuffaro
I giudici della seconda sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Esposito, hanno confermato, a carico dell'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e violazione del segreto istruttorio nell'ambito del processo "talpe alla Dda". Questa mattina Cuffaro si è raccolto in preghiera in una chiesa nei pressi della sua abitazione romana, di fronte al Pantheon, in attesa della sentenza.
Ieri il procuratore generale Giovanni Galati, nella sua requisitoria, per Cuffaro aveva chiesto una riduzione della pena, soprattutto aveva chiesto di fare cadere l'aggravante del favoreggiamento alla mafia. Ma i giudici non lo hanno ascoltato confermando la sentenza di appello.
"...il vero scopo di un viaggiatore dovrebbe essere quello di migliorare gli uomini di renderli più saggi e di temprarne gli animi con esempi buoni e cattivi, tratti dalla descrizione di terre lontane"
- alessandro
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Re: Il centrodestra e la mafia
Attendo ora l e dimissioni di Casini.cassazione - confermato il verdetto della corte d'appello di Palermo
Mafia, sette anni a Cuffaro
In carcere entro cinque giorni
La condanna per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio
corriere della Sera .it
sono anni ceh va in trasmissioni a dire che non ha nulla da temer ein relazione a Cuffaro e il suo aiuto alla mafia, "per Cuffaro garantisco io".
adesso, una persona, se garantisce, cioe' si fa garante, tiene a galla una persona in bilico mettendoci la propria faccia e credibilita'.
lega i due destini, ora deve solo dimettersi, o la su aparola non varra' piu' nulla e sara' solo la faccia pulita di Cuffaro.
l'UDC raccoglie molti, moltissimi dei suoi voti in Sicilia.
Se e' una persona d'onore ( nel senso vero del termine, no nmafioso) deve dimettersi immediatamente.
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Re: Il centrodestra e la mafia
"Solidarietà all'amico Totò"
"...il vero scopo di un viaggiatore dovrebbe essere quello di migliorare gli uomini di renderli più saggi e di temprarne gli animi con esempi buoni e cattivi, tratti dalla descrizione di terre lontane"
Re: Il centrodestra e la mafia
Ho tanta voglia di cannoli. Totò, ci pensi tu?
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Re: Il centrodestra e la mafia
Casini ha semplicemente detto che non e´mafioso, e si sbagliano. Perche´? Perche´la sua intuizione vale di piu´della magistratura, che pure rispetta. (chissa´quanto rispetta se stesso, allora, quest´uomo)
"«Nel rispetto per la sentenza, come è doveroso in uno Stato di diritto e tanto più da parte di dirigenti politici, non rinneghiamo tanti anni di amicizia e resta in noi la convinzione che Cuffaro non sia mafioso».
"«Nel rispetto per la sentenza, come è doveroso in uno Stato di diritto e tanto più da parte di dirigenti politici, non rinneghiamo tanti anni di amicizia e resta in noi la convinzione che Cuffaro non sia mafioso».
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Re: Il centrodestra e la mafia
allora DIMETTITI!!!Nickognito ha scritto:Casini ha semplicemente detto che non e´mafioso, e si sbagliano. Perche´? Perche´la sua intuizione vale di piu´della magistratura, che pure rispetta. (chissa´quanto rispetta se stesso, allora, quest´uomo)
"«Nel rispetto per la sentenza, come è doveroso in uno Stato di diritto e tanto più da parte di dirigenti politici, non rinneghiamo tanti anni di amicizia e resta in noi la convinzione che Cuffaro non sia mafioso».
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Re: Il centrodestra e la mafia
quello che dicevo io 2 giorni fa'.
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