s&v ha scritto:Beh, saro' impopolare ma in un contesto di frontiere aperte (chissà ancora per quanto...) e di unione monetaria i giovani disoccupati dovrebbero fare la valigia e trasferirsi in paesi con più lavoro o dove il lavoro é retribuito meglio. Negli USA si fa cosi'. Nelle multinazionali con base nei paesi dell'Europa centro-orientale si trova lavoro con facilità, si affina la lingua inglese spesso studiata male in Italia, si diventa independenti, si conoscono paesi bellissimi, si imparano soft skills che all'università non si é imparato. Ci si fa qualche anno di esperienza e a 28 anni si pondera se tornare in Italia (con molta più esperienza del pari età italiano rimasto a lamentarsi con la mamma a casa) o se continuare a restare all'estero.
Nickognito ha scritto:Sono il primo a patire per avere famiglia ed amici lontani, forse fa bene chi resta disoccupato. Ma se davvero vuoi il lavoro, francamente difficile non adattarsi e trovarlo, in Europa, concordo.
Si' ma anche li'...dipende da dove vieni in Italia. Io quando stavo a Budapest stavo vicino all'aeroporto. E i miei stanno a 15 chilometri da un aeroporto italiano. Porta a porta ci mettevo 4 ore e mezzo(e in Ungheria al contrario del Belgio agli expat sono rimboesati per 80% i biglietti aerei). Per uno di Cosenza che lavora a Firenze ci vuole molto di più di quanto non ci mettessi io a tornare in Italia.
D'accordissimo con tutti e due. Chi ha una buona laurea, se vuole, in Europa puo' trovare facilmente un buon lavoro. Finche' dura (ancora poco, probabilmente).
D'altra parte forse fa bene chi resta disoccupato in Italia, se puo'. Come diceva un tale,
Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale, e insomma fare un anno di Erasmus all'estero sara' una figata ma vivere all'estero per davvero non e' sempre facile, molto da' ma molto anche toglie.
E' verissimo che oggi, con le compagnie low-cost, se lavori a Berlino o a Londra tornare "a casa", chesso' a Genova, e' piu' veloce che se lavori a Modena o a Napoli. In realta' vivendo negli Stati Uniti, dove la distanza e' "vera", mi rendo conto che in Europa tutto e' vicino.
Quello su cui non sono tanto d'accordo e' che si lavora all'estero poi quando si torna si e' avvantaggiati in Italia. Forse e' vero se si parte proprio giovanissimi, e si torna verso i 26-27 anni, che e' poi l'eta' in cui anche molti laureati italiani entrano nel mondo del lavoro. Ma se si torna dopo i 30, non si e' piu' giovani, si sono persi anni di "networking", si e' abituati a salari piu' alti e a lavorare in ambienti piu' meritocratici, e il mercato del lavoro che si trova e' pur sempre quello dell'articolo del linkiesta. Tornare non e' facile.
nteressante come a parità o poca differenza di età media tra paesi con traiettorie grosso modo simili, ci sia questa grande differenza di salario medio per quanto riguarda il grado di istruzione. in italia praticamente strapaghiamo gente poco se non nulla qualificata e abbiamo i laureati pagati meno. vero che la scolarizzazione superiore diffusa da noi è arrivata più tardi rispetto ad altri paesi, ma mi sembra francamente allucinante e mi viene da pensare che magari abbia parecchio a che fare con il ritardo competitivo rispetto agli altri attori europei.
Se l'Italia non paga molto i laureati e' probabilmente perche' non ne ha tanto bisogno. Come giustamente dici, il paese si e' scolarizzato moltissimo solo negli ultimi decenni, ma mentre 50 anni fa avevamo un'industria chimica, meccanica, navale, elettronica e persino informatica, ora non e' rimasto quasi nulla.
“LA VITA È COSÌ: VIENI, FAI FAI E POI TE NE VAI” S.B.