alessandro ha scritto:Bisogna vedere caso per caso.
Ai fini di deterrenza credo che 18 anni o 25 anni siano la stessa cosa.
Poi ci sono le attenuanti etc.
Al momento della definizione della pena il giudice deve tenere conto del codice, se c’è un risarcimento, una confessione, la parziale incapacità, l’essere incensurati...
Poi assolutamente non può fare il conto “ vorrei darti 20 anni ma siccome se te ne do 20 sei fuori in 15 allora te ne do 25”. Questo non lo può fare e non è giusto. Qui spetta al legislatore togliere o modificare i benefici vari.
Versione buona: siamo una società cattolica e per il
Perdono e la redenzione.
Versione cattiva: i politici pensano al loro possibile futuro e dei propri amici.
Non escludo ci sia un'influenza di un certo modo di interpretare la religione, ma non vedo molto il nesso.
Per il cattolicecismo, ci sarebbero 3 cose da dire.
1)Per un cattolico le pene coercitive non hanno senso. Dio lascia tutti liberi di peccare e non interviene mai. Lo stesso oggi fa il papa. La Chiesa dice che l'uomo non deve giudicare.
2)E' vero che questo lo faceva solo per chi non si pentiva, ma quando la Chiesa ha deciso di non fare come Dio, ma di giudicare e punire in questa vita, lo ha fatto non dando un paio d'anni di reclusione, ma roghi, morti, torture...
3)Per il giudizio finale si parla di dannazione eterna, non proprio di attenuanti generiche
4)La Chiesa lascerebbe decidere lo stato e dare a Cesare quel che e' di Cesare.
Personalmente, al fine della deterrenza 18 e 25 magari sono lo stesso, uscire dopo 10 anni dopo tutte le attenuanti no, non sarebbe lo stesso, sarebbe enormemente diverso.
Il problema per me e' un altro, ed e' se decidere di concentrarsi sulla prevenzione o su rimedi successivi.
Secondo me si parla sempre poco e male, si parla sempre in termini di 'colpa'.
Prendiamo il terrorismo islamico: li' di solito non si parla di colpa, si parla della religione, della cultura, magari di disagi economici degli immigrati, e cosi' via. Raramente si dice: 'tizio e' colpevole individualmente, puniamolo!'. Di solito si pensa a fare altro, ad esempio se esiste un predicatore musulmano che non uccide nessuno ma incita gli altri, glielo impedisco.
Cosa si fa per la categoria di 'giovani maschi', che e' quella naturalmente a rischio? Nulla. Si dice 'e' colpa vostra'. Cosa dice la societa'? 'Ti conviene essere un maschio alpha che per natura e' aggressivo, e pero' poi non devi commettere reati'. L'aggressivita' quasi violenta di un giovane maschio e' celebrata in questa societa', sia quella fisica che in generale. Pero' poi si dice che una vera violenza non ci deve essere. Il che e' giusto, per me, eh, s'intende, ma non vedo come psicologicamente questo modo di presentare la cosa possa funzionare. Immaginiamo una societa' dove il debole fisicamente viene celebrato, in cui le donne raggiungono un orgasmo solo pensando a un uomo sottomesso immobile sotto di loro, in cui chi ha fama, successo, ricchezza viene schifato da tutti, soprattutto dalle donne, in cui chi e' single e vergine e magari viene lasciato riceve ogni onore, mentre chi sta in coppia, magari a lungo, stabilmente, romanticamente, oppure chi ha molte relazioni sessuali viene visto con sospetto e considerato sfigato. Quanti reati ci sarebbero? Credo nessuno
Ovviamente, neanche a me piacerebbe una societa' del genere.
Rimane il fatto che, per omocidi che hanno come causa la religione, la vendita delle armi, o la poverta', magari non si fa molto, ma ci sono spesso proposte del tipo: evitiamo l'integralismo religioso (o addirittura: viva l'ateismo! o almeno, la laicita' dello stato). Limitiamo la vendita delle armi! Evitiamo che ci siano i poveri, evitiamo che arrivino immigrati poveri o con culture e religioni differenti.
Non e' che si dica semplicemente: ok, siate liberi di venire qui pieni di armi e a morire di fame, potete tranquillamente vivere di stenti in una baracca con 10 mitra in una via di gente ricca che vive in case con porte sempre aperte, e pero', mi raccomando 'rubare e sparare e' reato, e' gravissimo!'.
Invece a un diciottenne che si dice: ok, va benissimo se il tuo ideale e' essere un figo macho circondato di donne e sesso che ha un amore felice e successo nel lavoro, pero' poi non fare nulla di violento!
Per me per prevenire crimini contro la persona, sia contro le donne che di altro tipo, non si puo' evitare di avere una strategia verso una categoria da considerare a rischio -quella dei giovani maschi - e bisognerebbe agire al riguardo.
Altrimenti puoi tenerne dentro tanti, ma ci sara' sempre qualcuno che commette questi reati.
Il 63% degli stupri in Italia e' commesso da partner. Viene il sospetto che qualcuno non sia bravo a sceglierseli. Anche questo problema non si affronta mai. Come il discorso degli abusi sul lavoro. Quanti milioni di donne subiscono ricatti sul lavoro. Pero' si omette di dire di quanti milioni di donne hanno vantaggi sul lavoro grazie alla loro femminilita'. Il meccanismo e' lo stesso.
La verita' e' che viviamo in una societa' basata sia, da una parte, su un universo sessuale in cui continua a prevalere (anche se ovviamente lo si nega: prova a portare qualche dato di fatto sul numero di donne che ha la fantasia di essere violentata, magari da bambina, anche e guarda come ti trattano gli altri, solo per dirlo) un modello animale, primitivo, 'naturale', piuttosto violento (basterebbe guardare qualche documentario sugli accoppiamenti), dall'altra basata sull'importanza di una relazione di coppia romantica e sul successo nel lavoro (soldi o fama).
E' normale che sia cosi' anche, va benissimo, pero' poi non dobbiamo meravigliarci troppo.
Prendiamo il caso di cui si parla. Una sedicenne sta con un diciottenne. I genitori di lei diranno 'l'unica colpa essersi innamorata di unio sbagliato'. Pero' si accetta tranquillamente il fatto che una sedicenne abbia il diritto di passare tutte le sue giornate con un ragazzo, magari non a posto, di cui lei e' innamorata e che se lo scelga lei, e lo scelga per questo, perche' e' innamorata, non perche', che so, e' una persona onesta e virtuosa. Tra l'altro pare, forse non e' vero ma mettiamo che sia vero, che lei abbia chiesto a lui di uccidere i suoi genitori, e invece lui ha ucciso lei. Nel caso, anche lei tanto a posto non sarebbe stata (del resto aveva 16 anni, peraltro). I genitori di lui non volevano lei e lei voleva ammazzarli. Lui chi e'? E' uno con problemi psichiatrici accertati, drogato, sociopatico e che la picchia spesso. Lei ci sta, consigliata dalle amiche di non dire nulla. In che occasione avviene l'omicidio: dopo un rapporto, con lei aggressiva che insiste di ammazzare i suoi. La sorella della vittima la definisce una ragazza ribelle che cercava sempre di vincere sfide impossibili con persone impossibili. Pare che la ragazza facesse folli scenate di gelosia anche se lui si girava a guardare un'altra ragazza, offendesse i genitori di lui, che addirittura erano andati dai carabinieri.
Ora, in questo contesto, davvero e' importante pensare quanto lunga sara' la pena del tizio, quanto la lunghezza sara' un deterrente per gli altri?
A nessuno viene in mente che magari e' un problema se una ragazza problematica che ama le sfide impossibili sta con un sociopatico drogato e ci puo' stare in quanto ne e' innamorata e possono andare in giro da soli la sera a copulare? Davvero, in questo delitto, la chiave e': tutto bene il loro rapporto, ma lui non doveva poi ucciderla?
Per me i problemi sono altri. E sono di difficile soluzione, ovviamente, perche' siamo animali con i nostri istinti e i nostri problemi.
Ma, che lo si voglia o no, non bastera' inculcare nessuna cultura del rispetto della donna e dell'essere umano, nessuna cultura contro la violenza, per impedire che avvengano delitti quando due ragazzini ribelli e mentalmente disturbati, con una cultura della sfida, il mito dell'innamoramento folle e geloso, del sesso aggressivo da entrambe le parti, magari male educati dai genitori e con discutibili frequentazioni di altri adulti, passano tutto il loro tempo insieme. Puoi dare 18 anni , 5 o l'ergastolo e risuccedera' ancora. E una risoluzione semplice per questi problemi non esiste.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)