uglygeek ha scritto:
Ma non e' solo questione di deterrenza. Se fosse solo per quello, allora una persona che non ha paura della reclusione allora non dovrebbe nemmeno essere condannata, tanto la strage la faceva lo stesso, che sarebbe assurdo.
E' che se si stabilisce che per i reati gravi c'e' la pena del carcere allora 16 anni per una strage sono pochi. Perche' sono proprio pochi.
Per fare un esempio, Valerio Fioravanti, condannato per l'omicidio di 93 persone a 8 ergastoli e 134 anni di carcere, entrato in carcere a 25 anni ne e' uscito in semiliberta' a 43 ed e' completamente libero da quando ne ha 51. Ha fatto 18 anni di prigione, due piu' di Moretti.
La pena non deve essere vendicativa ma deve essere equa. A parte tutto, la pena detentiva servve anche a risarcire i parenti delle vittime. Un omicidio e' un dramma senza scampo, ma il figlio di una vittima vive meglio sapendo che chi ha ucciso tuo padre e' in prigione.
Quindi la tua posizione e' che lo stato deve tenere le persone in carcere per qualche decennio in piu', per far piacere ai parenti delle vittime, senza nessun altro vantaggio per la societa'?
Evidentemente, e' una posizione, che io totalmente non condivido, ma almeno e' un argomento. No, io preferisco la storica visione che sta dietro il nostro ordinamento, la preferisco nettamente. Una giustizia che si basa su voglia di vendetta e su un principio astratto non scientifico e superstizioso come il libero arbitrio, a me non puo' che non piacere. Francamente, penso che, semmai, uno stato dovrebbe fornire un supporto psicologico gratuito adeguato, perche' se una vittima ce l'ha ancora con un tizio dopo 15 anni, la cosa e' comprensibilissima per questa povera persona, ma non lo ritengo salutare nel modo piu' assoluto, sono persone che andrebbero aiutate.
Chiaramente ognuno ha la sua idea di 'equo', diciamo che se mio figlo facesse una sola cattiva azione in vita sua (magari terribile) e poi fosse la persona piu' buona del mondo per 25 anni, ogni giorno della sua vita, non so se mi sembrerebbe equo che fosse rinchiuso senza alcuna liberta' per altri 30 anni, ecco (tralasciando il fatto che esistano margini di errore rilevanti, in diversi casi, nel stabilire una colpevolezza).
Per me un mondo in cui delle singole cattive azioni (che sono conseguenza di problemi di chi li compie, di solito, della sua educazione, del suo DNA, non di una immaginaria malvagita' demonica del reo, direi), producono poi come 'eque conseguenze' la fine totale di una vita umana, mentre le altre continuano a vivere nel dolore, rancore e vendetta, e' un mondo piuttosto brutto. Ieri vedevo un documentario in cui una vittima di abusi sessuali per molti anni, da minorenne, ricercava l'uomo e girava con lui questo film, per spiegare tutti i meccanismi degli abusi sessuali. Entrambi in terapia per molti anni (soprattutto lui), lui ha accettato di mettere il suo volto come 'mostro' nel film, ma adesso e' una persona normale, con una vita sana e normale, lei e' pure una persona normale, e hanno collaborato insieme perche' qualcun altro ne tragga benefici. Questo mi sembra un modello di mondo che mi piace, e soprattutto un modello scientifico, non superstizioso, basato su atavici istinti e entita' interiori immaginarie.
Poi si puo' discutere di singole decisioni, motivazioni di riduzioni della pena, attenzione a questi istinti delle vittime, modificazioni dell'ordinamento giuridico, certo. Diciamo che questa levata di scudi contro, alla fine, i principi di un bell'ordinamento come il nostro con motivazioni cosi' esposte, mi perplime abbastanza. Capirei discorsi diversi sulla durata dei processi (se pur anche questa conseguenza magari di buoni principi), la condizione dei carcerati, eccetera.
Tra l'altro, e lo dico senza voler mancare di rispetto, a me e' sempre sospetta questa attenzione per le 'vittime'. Quest persone soffrono, certo, ma soffrono molte altre persone. Come le moltissime che hanno un figlio o persona cara che si suicida. Se davvero tenessimo alla sofferenza di queste persone, forse incoraggeremmo qualche provvedimento che le aiuta tutte. Se pensiamo solo a quella minoranza che soffre per colpa di qualche persona che sta in carcere, la mia impressione e' che forse anche noi vogliamo vendicarci, piu' che aiutare le vittime.
Ma io credo che questo accada perche' questi 'cattivi' non li conosciamo. Io penso che ogni decisione che dovremmo prendere in questi casi dovremmo immaginarla come se, per un esempio, un nostro figlio avesse ucciso un altro nostro figlio. Che vorremmo fare del figlio cattivo, tenerlo in prigione a vita, ucciderlo? Io no, altri immagino si'.
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)