alessandro ha scritto:Una cosa che chiedo a gios, nel Vangelo c’è un riferimento all’arrivo del regno di dio, al giudizio universale e Gesù dice ai suoi discepoli che questo arriverà entro la loro generazione che alcuni di loro saranno ancora in vita quando accadrà, ma ha sbagliato i tempi o si riferiva alla propria morte e resurrezione che però accade pochi mesi /anni dopo e quindi riferirsi alla generazione pare comunque sbagliato.
Non ricordo il passo che tu ben saprai ma dice qualcosa tipo “accadrà prima che questa generazione sia passata”
Ci sono vari aspetti da tenere in considerazione, cercherò di essere breve. È evidente come, per quanto possa sembrare ridicolo e futile a Ugly
generazioni di persone di talento abbiano riflettuto sull'argomento).
Il primo, è il contesto la
letteratura apocalittica ebraica.
Una delle interpretazioni preponderanti della letteratura biblica (non dobbiamo MAI dimenticarci che il contesto in cui nasce e cresce il cristianesimo è
ebraico, si muove nella politica ebraica, nella cultura ebraica, nella tradizione ebraica) è apocalittica. Per "apocalittica" non si intende fuoco e fiamme, ma la concretizzazione ultima di quell'Alleanza che Dio prima stipula con Noè (in realtà, in maniera pallida, già con Adamo) e poi con Abramo e famiglia. Si tratta di una concretizzazione che è in origine politico-governativa ma che poi, con lo svolgersi delle sfortune di Israele che si trova frequentamente soggiogato da popoli vicini e lontani, sublima nella spasmodica attesa messianica di un "mondo nuovo" (quella preconizzata da Isaia, avete presente,
il fanciullo che mette la mano nella tana dell'aspide e via dicendo): senza tuttavia sostituirsi alla aspettativa politica.
Si aggiunga inoltre, questa attitudine era diffusa, in quel particolare momento storico, in una (paradossale) febbrile attesa non solo in ambito semitico (il "segno" di questo è anche nel racconto dei Magi, o nella nota Ecloga VI di Virgilio).
Quindi questa "attesa" è una caratteristica culturale del tempo, piuttosto diffusa, e i Vangeli si inseriscono in questo contesto: Cristo la cita nei momenti più bellicosi della sua predicazione (il "lamento" su Gerusalemme; quando ammonisce e prevede sventure, "sarà meglio per voi...") e così anche Paolo batte molto su questo chiodo. Se vogliamo fare un parallelo scalcagnato: è qualcosa di simile ai grandi (veri) movimenti ideologici odierni (citati nell'articolo del topic Storia): che volesse
oggi effettuare una riflessione sulla civiltà contemporanea, non potrebbe fare a meno di avere a che fare con la rivoluzione digitale, il cambiamento climatico, e aggiungerei anche gli sviluppi della fisica (quantistica e cosmologica) di questi anni, oltre al paradigma energetico.
Il secondo punto proviene dalla
congiuntura tra il momento in cui Gerusalemme viene pesantemente colpita da Roma a seguito di alcune rivolte (non entriamo nel dettaglio) e la redazione dei Vangeli. Avete presente quando Dante profetizza eventi posteriori alla primavera del 1300, ma anteriori al momento in cui effettivamente scrive (praticamente tutte le profezie, salvo quella del feltro di Inf. I)? Ecco, qualcosa di simile. I Vangeli vengono scritti a cavallo della distruzione del Tempio (70 d.C.) e quindi si prestano a questa "profezia a priori" della "generazione che non sarà passata": non bisogna dimenticarsi che la perdite del Tempio per gli Ebrei è uno shock culturale da cui, in sostanza, non si riprenderanno, e che causerà la diaspora. Un cambiamento insomma epocale, di cui i Vangeli intravedono (polemicamente) una delle cause nella politica interna ebraica del tempo, oltre che la gestione religiosa del Sinedrio.
Il terzo punto è la
distinzione che si trova nella predicazione tra il "regno dei Cieli" e questa attesa della fine dei tempi (l'apocalittica, come detto), che in prima approssimazione verrebbe naturale confondere. Sono due aspetti contigui ma che non si sovrappongono. Le splendide parabole sul regno dei Cieli ("Il Regno dei Cieli è come un tesoro nascosto in un campo...", "Il Regno dei Cieli è come un mercante di perle alla ricerca di perle di prima scelta": la sobria eleganza, la corrispondenza ineguagliabile di queste parole sono ancora oggi commoventi, anche per un non cristiano, ma solo per un semplice amante della letteratura) indicano una qualcosa che doveva essere presente a Cristo, e che si inizia ad intravedere già agli autori dei Vangeli: quello dell'avvento del Regno dei Cieli è un processo
già in atto, che si concretizzerà un giorno con la fine del tempo (che avverrà chissà quando. Dalla primissima epoca cristiana la Chiesa dissuaderà sempre ogni forma di quelli che oggi chiamiamo "millenarismi": "Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora"), ma che l'uomo deve iniziare a mettere in pratica qui sulla terra.