Comprereste una Metafisica Usata da quest'uomo?Nickognito ha scritto:preferisco David Lewis ad Aristotele, su sostanza e accidenti.BackhandWinner ha scritto:
Ma insomma, qui io sto facendo un semplice esercizio aristiotelico di ricerca dei tratti essenziali, in quanto tali distinti dagli accidenti.
Siete orgogliosi di essere italiani?
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- Massimo Carbone
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- Massimo Carbone
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Io non sono orgoglioso di essere italiano, come non lo sarei di essere spagnolo, inglese o australiano. Mi considero un rappresentante qualunque della specie umana di questo sperduto globo tarracqueo, al quale, per una pura convenzione, è stata affibbiata una nazionalità che non può farmi, per alcun motivo, rendere più orgoglioso del fatto che uno strupratore sia rumeno e non italiano (quando ciò avviene..) In quei casi, provo vergogna semplicemente come rappresentante della razza umana.
Certo alcune caratteristiche caratteriali sono genetiche, si ereditano. Troverò sicuramente più similitudini nei miei modi di vedere la vita con un italiano, magari preso a caso proprio no , piuttosto che con un nigeriano, ma questo non vuole dire nulla, è una pura conseguenza materiale della comune discendenza, non qualcosa che mi fa superiore in alcun modo.
Per alcuni aspetti, mi riferisco sicuramente al tasso civico e morale dimostrato da una parte significativa della sua popolazione, l'Italia non è un paese raccomandabile, almeno per i miei canoni. Da questo punto di vista, è ovvio che preferirei essere svedese o norvegese o magari canadese.
Posso anche dire però, che sicuramente gli italiani, o i popoli mediterranei o quelli latini più in generale, presentano sicuramente mediamente delle qualità umane e di socialità che compensano, almeno i parte, certi limiti e difetti.
In ogni caso, per come la vedo io, non esistono popoli buoni e popoli cattivi. Esistono invece varie civiltà, con peculiarità proprie e specifiche, che possono presentare aspetti più o meno positivi o negativi e che soprattutto DEVONO e POSSONO benissimo convivere pacificamente. Credo che questo, cioè la differenza di caratteri e abitudini, sia una grande ricchezza da salvaguardare e valorizzare e per ciò mi fanno schifo e orrore il razzismo e qualsiasi teoria che propone la superiorità di una civiltà su di un'altra o quelle che spingono al tristemente noto "scontro di civiltà", molto caro a certi ideologi conservatori. Che poi sono gli stessi che magnificavano con la stessa arroganza, fino a ieri l'altro, le sorti progressive del pensiero unico liberista come panacea di tutti i mali, con i ben noti risultati che sono adesso sotto gli occhi di tutti (insieme alle lacrime di coccodrillo di quegli stessi personaggi..)
Certo alcune caratteristiche caratteriali sono genetiche, si ereditano. Troverò sicuramente più similitudini nei miei modi di vedere la vita con un italiano, magari preso a caso proprio no , piuttosto che con un nigeriano, ma questo non vuole dire nulla, è una pura conseguenza materiale della comune discendenza, non qualcosa che mi fa superiore in alcun modo.
Per alcuni aspetti, mi riferisco sicuramente al tasso civico e morale dimostrato da una parte significativa della sua popolazione, l'Italia non è un paese raccomandabile, almeno per i miei canoni. Da questo punto di vista, è ovvio che preferirei essere svedese o norvegese o magari canadese.
Posso anche dire però, che sicuramente gli italiani, o i popoli mediterranei o quelli latini più in generale, presentano sicuramente mediamente delle qualità umane e di socialità che compensano, almeno i parte, certi limiti e difetti.
In ogni caso, per come la vedo io, non esistono popoli buoni e popoli cattivi. Esistono invece varie civiltà, con peculiarità proprie e specifiche, che possono presentare aspetti più o meno positivi o negativi e che soprattutto DEVONO e POSSONO benissimo convivere pacificamente. Credo che questo, cioè la differenza di caratteri e abitudini, sia una grande ricchezza da salvaguardare e valorizzare e per ciò mi fanno schifo e orrore il razzismo e qualsiasi teoria che propone la superiorità di una civiltà su di un'altra o quelle che spingono al tristemente noto "scontro di civiltà", molto caro a certi ideologi conservatori. Che poi sono gli stessi che magnificavano con la stessa arroganza, fino a ieri l'altro, le sorti progressive del pensiero unico liberista come panacea di tutti i mali, con i ben noti risultati che sono adesso sotto gli occhi di tutti (insieme alle lacrime di coccodrillo di quegli stessi personaggi..)
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Qui invece dobbiamo ancora aspettare che i condomini mettano il cuore fuori dal loro appartamento, poi che baresi e leccesi si considerino pugliesi..Mont Ventoux ha scritto:Mi considero un rappresentante qualunque della specie umana di questo sperduto globo
non so quanti passaggi occorrano per arrivare a pensare di essere abitanti del mondo senza fantomatici diritti acquisiti per sempre
quando sento qualcuno inveire contro chi viene qui a "toglierci casa e lavoro" mi viene in mente un tale Bob Dylan, presidente del Minnesota Pride, fiero di aver passato tutta la vita nella sua ferramenta a Duluth.
macksi ha scritto:http://www.wherethehellismatt.com/?fbid=syIPQ4dlNfN
Ottimo, perfetto, grande intervento.
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Il video girato a Roma accoltellato dai Rumeni, non l'ha messo nel montaggio.
Criminoso.
Criminoso.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Si...
Vista l'aria che tira avrei dovuto scriverlo in minuscolo, bisbigliarlo sottovoce, etcc...
Ma sia per i turisti che accolgo qua, sia alla reazione che all'estero hanno quando si accorgono che siamo italiani, ci sarebbe da essere orgogliosi.
Siamo molto più apprezzati all'estero che da noi stessi.
Ma forse la domanda non è riferita a come si è percepiti dagli altri paesi, ma un fatto personale.
Ma in generale un italiano, già per il fatto di essere italiano, è visto se non con rispetto, con un occhio di riguardo, simpatia, stima particolare.
Vista l'aria che tira avrei dovuto scriverlo in minuscolo, bisbigliarlo sottovoce, etcc...
Ma sia per i turisti che accolgo qua, sia alla reazione che all'estero hanno quando si accorgono che siamo italiani, ci sarebbe da essere orgogliosi.
Siamo molto più apprezzati all'estero che da noi stessi.
Ma forse la domanda non è riferita a come si è percepiti dagli altri paesi, ma un fatto personale.
Ma in generale un italiano, già per il fatto di essere italiano, è visto se non con rispetto, con un occhio di riguardo, simpatia, stima particolare.
anche perchè a volte ci si porta dietro memorie storiche e clichè (come se scrive?)tra cui:MattVince ha scritto:Si...
Vista l'aria che tira avrei dovuto scriverlo in minuscolo, bisbigliarlo sottovoce, etcc...
Ma sia per i turisti che accolgo qua, sia alla reazione che all'estero hanno quando si accorgono che siamo italiani, ci sarebbe da essere orgogliosi.
Siamo molto più apprezzati all'estero che da noi stessi.
Ma forse la domanda non è riferita a come si è percepiti dagli altri paesi, ma un fatto personale.
Ma in generale un italiano, già per il fatto di essere italiano, è visto se non con rispetto, con un occhio di riguardo, simpatia, stima particolare.
il fatto che teniamo o'sole e o'mare
il fatto che trombiamo meglio
il fatto che cuciniamo da dio
il fatto che abbiamo monumenti e luoghi come la toscana che gli altri si sognano
il fatto che, comunque, se ci rompete il c.a.zzo chiamiamo il padrino.
MyMag si divide in due categorie: chi parla di tennis e chi sparla di tennisti.(cit)
Partito anti-poltronati
Qui siamo uno step più avanti
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come italiano non mi hanno mai detto nulla,
a parte l aprima volta che da ragazzino sono andato a New Yrok, in poliziotto con tanto di cinturone e revolver mi ha accolto all'aeroporto con un "Italiano Mafia",
adesso, i miei amici o chi incontro all'estero, mi chiedono perche' continuo a votare Berlusconi... a me...
Rispondo che la sinistra si massacra da sola.
a parte l aprima volta che da ragazzino sono andato a New Yrok, in poliziotto con tanto di cinturone e revolver mi ha accolto all'aeroporto con un "Italiano Mafia",
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A mia cugina che vive in Francia glielo chiedono sempre...lei allarga le braccia sconsolataalessandro ha scritto:come italiano non mi hanno mai detto nulla,
a parte l aprima volta che da ragazzino sono andato a New Yrok, in poliziotto con tanto di cinturone e revolver mi ha accolto all'aeroporto con un "Italiano Mafia",
adesso, i miei amici o chi incontro all'estero, mi chiedono perche' continuo a votare Berlusconi... a me...
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il peggio è che l'unico luogo comune sbagliato è che trombiamo meglioalcol ha scritto:
anche perchè a volte ci si porta dietro memorie storiche e clichè (come se scrive?)tra cui:
il fatto che teniamo o'sole e o'mare
il fatto che trombiamo meglio
il fatto che cuciniamo da dio
il fatto che abbiamo monumenti e luoghi come la toscana che gli altri si sognano
il fatto che, comunque, se ci rompete il c.a.zzo chiamiamo il padrino.
O' sole lo teniamo, ma certo non siamo i soli.
Cuciniamo da dei, non siamo i soli ma siamo fra i migliori
abbiamo monumenti e luoghi che gli altri si sognano
quanto a mafia, non invidiamo niente a nessuno
Sul trombare , beh, siamo famosi rispetto a quelli del nord. Rispetto a gente che sta più a sud, siamo l'equivalente degli inglesi da noi. (parlo di luoghi comuni sui grandi amatori, quello che - che so - penserebbe un arabo di noi - sulle realtà amatorie dei popoli temo di avere decisamente troppo poche esperienze sulle donne e ancora meno sugli uomini)
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
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Eh, sicuro, come no.MattVince ha scritto: Ma in generale un italiano, già per il fatto di essere italiano, è visto se non con rispetto, con un occhio di riguardo, simpatia, stima particolare.
L'importante è l'autoconvinzione, che può anche aiutare, forse, per un po': però occhio alla botta, poi, quando arriva può fare male sul serio.
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BackhandWinner ha scritto:Eh, sicuro, come no.MattVince ha scritto: Ma in generale un italiano, già per il fatto di essere italiano, è visto se non con rispetto, con un occhio di riguardo, simpatia, stima particolare.
L'importante è l'autoconvinzione, che può anche aiutare, forse, per un po': però occhio alla botta, poi, quando arriva può fare male sul serio.
“Volevo cambiare il mondo. L'ho fatto. L'ho reso peggiore”. -Arthur FinkelsteinNevenez 2019 ha scritto: Se nel 2022 Nadal non è ancora sparito, spariremo noi.
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Beh, fuori dall'Europa è spesso vero che l'italiano è visto molto bene. In Europa, molto di meno.BackhandWinner ha scritto:Eh, sicuro, come no.MattVince ha scritto: Ma in generale un italiano, già per il fatto di essere italiano, è visto se non con rispetto, con un occhio di riguardo, simpatia, stima particolare.
L'importante è l'autoconvinzione, che può anche aiutare, forse, per un po': però occhio alla botta, poi, quando arriva può fare male sul serio.
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In Thailandia in effetti l'Italiano va tantissimo.Nickognito ha scritto:
Beh, fuori dall'Europa è spesso vero che l'italiano è visto molto bene. In Europa, molto di meno.
Anche in Brasile.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Per gli amanti della Storia, un saggio di Belardinelli che mette in luce un bel po' di aspetti..: c'è praticamente tutto, il tema del carattere nazionale, il Risorgimento mancato o addirittura "tradito", il problema dell'identità nazionale e tante altre "cosette".
"Gli italiani non si battono"
Dopo la discesa in Italia di Carlo VIII alla fine del Quattrocento, divenne opinione diffusa che la soggezione della penisola a potenze straniere fosse legata anche a un particolare deficit nelle qualità militari dei suoi abitanti. In questo giudizio si manifestava uno dei più radicati stereotipi circa gli italiani, disposti -si riteneva- a rischiare la vita piuttosto in una guerra civile o per atti di coraggio individuale che entro le fila di un ben composto esercito. Di questa cattiva fama gli uomini del Risorgimento erano certamente consapevoli; ed avevano ben presente la necessità di dimostrare, secondo i famosi versi del Petrarca posti da Machiavelli a chiusa del Principe, che “negli italici cor” non era morto “l'antico valore”. “Un esercito d'italiani-scrisse Carlo Pisacane-guerreggiando per conto di una dinastia e per cagioni che non comprende, sarà il peggiore degli eserciti europei, se poi combatterà per una causa sentita e popolare, sarà invincibile” (nota di Burano: questa si sente spesso anche per la Nazionale di calcio..).
Garibaldi “ha dato agli italiani fiducia in se stessi, ha dimostrato all'Europa che gli italiani sapevano battersi e morire sui campi di battaglia per riconquistarsi una patria”. Questo scriveva Cavour nell'agosto 1860, rispondendo implicitamente alla sferzante accusa secondo la quale “les italiens ne se battent pas”, come suonava la frase, diventata presto famosa, che era stata pronunciata nel 1849 dal generale Oudinot o forse da Adholphe Thiers. I maggiori successi militari del Risorgimento si dovettero in effetti all'iniziativa democratica, che parve riscattare le sconfitte piemontesi della I guerra d'indipendenza e poi fugare le ombre che sulla vittoria del '59 gettavano l'apporto determinante dei francesi e l'umiliante clausola della cessione della Lombardia per il tramite di Napoleone III. Sarebbe ora spettato al nuovo Regno d'Italia confermare davvero l'infondatezza della bruciante accusa secondo cui “gli italiani non si battono”.
Un simile stato d'animo spiega la particolare attenzione e le grandi speranze che accompagnarono nel giugno 1866 la dichiarazione di guerra all'Austria. Quintino Sella domandò allora di essere arruolato quale soldato di cavalleria o di “entrare come volontario nei garibaldini”. E Francesco Crispi, autorevole esponente della Sinistra, affermò alla Camera che l'Italia aveva bisogno di un “battesimo di sangue”. Subito dopo l'inizio delle ostilità, la battaglia di Custoza venne invece a confermare le più negative opinioni sulle capacità militari italiane. Più che di una vera sconfitta, si trattò di uno scontro dall'esito negativo ma nientaffatto irreparabile, data anche la notevole superiorità numerica dell'esercito italiano, che era stato impegnato in combattimento solo per una parte limitata. A determinare quell'esito avevano concorso vari elementi attinenti errori nel comando e nella disposizione stessa delle truppe, nonché la rivalità tra i generali La Marmora, capo di Stato Maggiore, e Cialdini, che di fatto conducevano la guerra l'uno in concorrenza con la'ltro. Per di più La Marmora, senza aver ben compreso l'effettivo carattere della battaglia, si convinse subito d'esser di fronte a una disfatta che avrebbe reso possibile addirittura l'invasione del Regno, e ordinò la ritirata, seguito poco dopo dal potente corpo d'armata di Cialdini che, al di la' del Po, era rimasto del tutto inattivo. All'opinione pubblica fece dunque una pessima impressione che un esercito non sconfitto, e in condizioni di superiorità numerica sul nemico, si ritirasse precipitosamente. Tanto più che l'impressione negativa sarebbe stata rafforzata un mese dopo dalla battaglia di Lissa.
Di fronte all'approssimarsi di una cessazione delle ostilità (i prussiani avevano infatti sconfitto gli austriaci a Sadowa), era divenuto urgente per l'Italia ottenere un successo militare. Sicchè il governo, dopo varie inutili pressioni, ordinò all'Ammiraglio Persano di uscire finalmente dal posrto di Ancona e di occupare l'isola dalmata di Lissa. Attaccata dalla flotta austrica, quella italiana fornì però una pessima prova, in cui si rivelavano difetti nel comando e una efficienza ancora scarsa della marina. Benchè l'Italia perdesse due navi, anche in questo caso non si trattò di una vera sconfitta. Fu la ritirata, ordinata da Persano pur in condizioni di superiorità numerica, che la fece diventare una disfatta agli occhi dell'opinione pubblica italiana e internazionale. L'ammiraglio Tegetthoff, comandate della flotta austriaca, parlò di “uomini di ferro su navi di legno” che avevano sconfitto “uomini di legno su navi di ferro”: l'affermazione non era vera (entrambe le flotte erano composte di corazzate, benchè quella italiana in misura maggiore), ma risultava indicativa dell'enorme perdita di prestigio sancita dalla guerra del '66. Tanto più che l'umiliazione subita con l'acquisto del Veneto tramite Napoleone III confermava la condizione di minorità internazionale dell'Italia.
La guerra del '66 segnò insomma, per la classe dirigente italiana, una netta caduta di credito con l'inevitabile strascico di polemiche circa le responsabilità delle sconfitte subite. Lo stato d'animo di fiduciosa attesa, determinato in molti dall'unificazione, in buona misura si dissolse, lasciando il posto a sconsolate riflessioni nelle quali si chiamavano in causa certe carenze di fondo del “carattere nazionale”. In un famoso bilancio steso già nell'estate del '66, lo storico Pasquale Villari attribuiva la responsabilità principale della disastrosa conduzione della guerra alla generale arretratezza italiana. Nel conflitto moderno-affermava-vince la nazione più civile e più istruita. Che pensare allora, degli italiani che “facendo la guerra nel proprio paese” avevano “più volte sbagliato le strade?” Custoza e Lissa, in sostanza, erano state il prodotto dell'ignoranza e della retorica, così diffuse in Italia. “Non è il quadrlatero di Mantova e Verona che ha potuto arrestare il nostro cammino; ma è il quadrilatero di 17 milioni di analfabeti e 5 milioni di arcadi”.
L'idea che Custoza e Lissa avessero “inoculato il disonore” all'Italia, secondo le parole del Carducci, e che la nazione avesse bisogno di un battesimo cruento, era diffusa presso i moderati come presso i democratici. A Destra e a Sinistra, si riteneva che l'Italia dovesse ancora acquisire, con la conferma delle armi, quei titoli morali all'esistenza che certo non potevano derivarle dal “miracolo” di un Risorgimento dovuto soprattutto a circostanze fortunate e ad abilità diplomatica. Pasquale Turiello scriveva nel 1882 che “mentre noi eterniamo in marmo tuttodì i nostri valorosi, in guerre in gran parte civili, non possiamo ricordare, dopo Legnano, nessuna gran battaglia vinta solo da noi”. Contemporaneamente, all'estero, al vecchio stereotipo dell'Italia paese del bel canto e del dolce far niente, si affiancavano giudizi sprezzanti: l'Italia “s'era fatta col sangue degli altri”, era stata “unificata dalle sue sconfitte”, affermarono rispettivamente Thiers e Renan. Al congresso di Berlino, nel 1878, il ministro degli esteri italiano, che aveva accennato alle aspirazioni per il Trentino, si sentì domandare dal suo collega russo quale altra guerra avesse mai perduto l'Italia per reclamare nuovi acquisti territoriali.
FINE PRIMA PARTE
"Gli italiani non si battono"
Dopo la discesa in Italia di Carlo VIII alla fine del Quattrocento, divenne opinione diffusa che la soggezione della penisola a potenze straniere fosse legata anche a un particolare deficit nelle qualità militari dei suoi abitanti. In questo giudizio si manifestava uno dei più radicati stereotipi circa gli italiani, disposti -si riteneva- a rischiare la vita piuttosto in una guerra civile o per atti di coraggio individuale che entro le fila di un ben composto esercito. Di questa cattiva fama gli uomini del Risorgimento erano certamente consapevoli; ed avevano ben presente la necessità di dimostrare, secondo i famosi versi del Petrarca posti da Machiavelli a chiusa del Principe, che “negli italici cor” non era morto “l'antico valore”. “Un esercito d'italiani-scrisse Carlo Pisacane-guerreggiando per conto di una dinastia e per cagioni che non comprende, sarà il peggiore degli eserciti europei, se poi combatterà per una causa sentita e popolare, sarà invincibile” (nota di Burano: questa si sente spesso anche per la Nazionale di calcio..).
Garibaldi “ha dato agli italiani fiducia in se stessi, ha dimostrato all'Europa che gli italiani sapevano battersi e morire sui campi di battaglia per riconquistarsi una patria”. Questo scriveva Cavour nell'agosto 1860, rispondendo implicitamente alla sferzante accusa secondo la quale “les italiens ne se battent pas”, come suonava la frase, diventata presto famosa, che era stata pronunciata nel 1849 dal generale Oudinot o forse da Adholphe Thiers. I maggiori successi militari del Risorgimento si dovettero in effetti all'iniziativa democratica, che parve riscattare le sconfitte piemontesi della I guerra d'indipendenza e poi fugare le ombre che sulla vittoria del '59 gettavano l'apporto determinante dei francesi e l'umiliante clausola della cessione della Lombardia per il tramite di Napoleone III. Sarebbe ora spettato al nuovo Regno d'Italia confermare davvero l'infondatezza della bruciante accusa secondo cui “gli italiani non si battono”.
Un simile stato d'animo spiega la particolare attenzione e le grandi speranze che accompagnarono nel giugno 1866 la dichiarazione di guerra all'Austria. Quintino Sella domandò allora di essere arruolato quale soldato di cavalleria o di “entrare come volontario nei garibaldini”. E Francesco Crispi, autorevole esponente della Sinistra, affermò alla Camera che l'Italia aveva bisogno di un “battesimo di sangue”. Subito dopo l'inizio delle ostilità, la battaglia di Custoza venne invece a confermare le più negative opinioni sulle capacità militari italiane. Più che di una vera sconfitta, si trattò di uno scontro dall'esito negativo ma nientaffatto irreparabile, data anche la notevole superiorità numerica dell'esercito italiano, che era stato impegnato in combattimento solo per una parte limitata. A determinare quell'esito avevano concorso vari elementi attinenti errori nel comando e nella disposizione stessa delle truppe, nonché la rivalità tra i generali La Marmora, capo di Stato Maggiore, e Cialdini, che di fatto conducevano la guerra l'uno in concorrenza con la'ltro. Per di più La Marmora, senza aver ben compreso l'effettivo carattere della battaglia, si convinse subito d'esser di fronte a una disfatta che avrebbe reso possibile addirittura l'invasione del Regno, e ordinò la ritirata, seguito poco dopo dal potente corpo d'armata di Cialdini che, al di la' del Po, era rimasto del tutto inattivo. All'opinione pubblica fece dunque una pessima impressione che un esercito non sconfitto, e in condizioni di superiorità numerica sul nemico, si ritirasse precipitosamente. Tanto più che l'impressione negativa sarebbe stata rafforzata un mese dopo dalla battaglia di Lissa.
Di fronte all'approssimarsi di una cessazione delle ostilità (i prussiani avevano infatti sconfitto gli austriaci a Sadowa), era divenuto urgente per l'Italia ottenere un successo militare. Sicchè il governo, dopo varie inutili pressioni, ordinò all'Ammiraglio Persano di uscire finalmente dal posrto di Ancona e di occupare l'isola dalmata di Lissa. Attaccata dalla flotta austrica, quella italiana fornì però una pessima prova, in cui si rivelavano difetti nel comando e una efficienza ancora scarsa della marina. Benchè l'Italia perdesse due navi, anche in questo caso non si trattò di una vera sconfitta. Fu la ritirata, ordinata da Persano pur in condizioni di superiorità numerica, che la fece diventare una disfatta agli occhi dell'opinione pubblica italiana e internazionale. L'ammiraglio Tegetthoff, comandate della flotta austriaca, parlò di “uomini di ferro su navi di legno” che avevano sconfitto “uomini di legno su navi di ferro”: l'affermazione non era vera (entrambe le flotte erano composte di corazzate, benchè quella italiana in misura maggiore), ma risultava indicativa dell'enorme perdita di prestigio sancita dalla guerra del '66. Tanto più che l'umiliazione subita con l'acquisto del Veneto tramite Napoleone III confermava la condizione di minorità internazionale dell'Italia.
La guerra del '66 segnò insomma, per la classe dirigente italiana, una netta caduta di credito con l'inevitabile strascico di polemiche circa le responsabilità delle sconfitte subite. Lo stato d'animo di fiduciosa attesa, determinato in molti dall'unificazione, in buona misura si dissolse, lasciando il posto a sconsolate riflessioni nelle quali si chiamavano in causa certe carenze di fondo del “carattere nazionale”. In un famoso bilancio steso già nell'estate del '66, lo storico Pasquale Villari attribuiva la responsabilità principale della disastrosa conduzione della guerra alla generale arretratezza italiana. Nel conflitto moderno-affermava-vince la nazione più civile e più istruita. Che pensare allora, degli italiani che “facendo la guerra nel proprio paese” avevano “più volte sbagliato le strade?” Custoza e Lissa, in sostanza, erano state il prodotto dell'ignoranza e della retorica, così diffuse in Italia. “Non è il quadrlatero di Mantova e Verona che ha potuto arrestare il nostro cammino; ma è il quadrilatero di 17 milioni di analfabeti e 5 milioni di arcadi”.
L'idea che Custoza e Lissa avessero “inoculato il disonore” all'Italia, secondo le parole del Carducci, e che la nazione avesse bisogno di un battesimo cruento, era diffusa presso i moderati come presso i democratici. A Destra e a Sinistra, si riteneva che l'Italia dovesse ancora acquisire, con la conferma delle armi, quei titoli morali all'esistenza che certo non potevano derivarle dal “miracolo” di un Risorgimento dovuto soprattutto a circostanze fortunate e ad abilità diplomatica. Pasquale Turiello scriveva nel 1882 che “mentre noi eterniamo in marmo tuttodì i nostri valorosi, in guerre in gran parte civili, non possiamo ricordare, dopo Legnano, nessuna gran battaglia vinta solo da noi”. Contemporaneamente, all'estero, al vecchio stereotipo dell'Italia paese del bel canto e del dolce far niente, si affiancavano giudizi sprezzanti: l'Italia “s'era fatta col sangue degli altri”, era stata “unificata dalle sue sconfitte”, affermarono rispettivamente Thiers e Renan. Al congresso di Berlino, nel 1878, il ministro degli esteri italiano, che aveva accennato alle aspirazioni per il Trentino, si sentì domandare dal suo collega russo quale altra guerra avesse mai perduto l'Italia per reclamare nuovi acquisti territoriali.
FINE PRIMA PARTE
Lo voglio rivedere, Fabio
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anche negli Stati Uniti, nel Medio Oriente spesso, in diversi stati africani. Ma penso che ovunque nel mondo siamo visti meglio che in Europa. A chi fosse capitato di girare molto per l'Europa e molto poco fuori potrebbe esser successo di avere una visione ristretta dell'opinione degli stranieri sugli italiani.PINDARO ha scritto:In Thailandia in effetti l'Italiano va tantissimo.Nickognito ha scritto:
Beh, fuori dall'Europa è spesso vero che l'italiano è visto molto bene. In Europa, molto di meno.
Anche in Brasile.
Questo al di là di chi abbia ragione, beninteso. E' che spesso è diffusa un'idea europeista per cui solo il giudizio dell'Europa conta. Io sono europeista e condivido con gli europei molti dei miei valori, ma la visione , al di là di valori personali, rimane un po' ristretta in questo senso, a volte, un po' la stessa cosa che capita a chi non esce mai dall'Italia.
Ripeto e sottolineo: al di là di chi abbia ragione o torto
Non la considero una battaglia: se mi mettessi a fare una battaglia, ne uscirei distrutto (G.V.)
Queste sono le conclusioni (nella forma, ancora provvisorie) di uno studio sulle percezioni canadesi dell'Italia e della politica italiana.
Non metto i nomi, perchè l'articolo non è stato ancora pubblicato...
Non che siano molto indicative, o che dicano chissàcosa, ma tant'è,
Italian politics do not receive much attention in Canada. When they do, domestic political aspects prevail over foreign policy ones. As far as governmental perceptions are concerned, positive references are found with respect to social policies while negative ones concern primarily the electoral system and the pervasiveness of public corruption. In the Canadian national press, almost all references to Italian domestic politics are negative. Former President of the Council Silvio Berlusconi is the target of the most virulent form of criticism. References to Italian foreign policy are rare both in governmental circles and in the press. The very few positive references concern almost exclusively critical prises de positions vis-à-vis the US while negative ones refer to two aspects of bilateral relations, namely the failure of Italy to ratify a tax treaty and its boycotting of seal products. What is perhaps surprising in terms of Italian foreign policy is that Canadians make no reference to the fact that Italian foreign policy shares with Canadian foreign policy the same major guiding principle, i.e. multilateralism, and that Italy has become as active as Canada once was in peace-keeping missions around the world. The little attention paid to Italy seems to be due to the fact that, at the governmental level at least, Canada pays more attention to the EU (and NATO) as a whole than to single countries and that when it comes to single countries the attention being paid seems to be directly proportional to the importance of the economic relationship Canada has with each country (in the case of the US, of course, its international role and geographic position also play a role). Canada’s two national newspapers paid more attention to Italy than to the EU as a whole for instance, but the bulk of such attention was devoted to what can at best be defined as ‘colourful’ aspects of Italian society. Indeed, the readers of the only two Canadian national newspapers are presented with a rather negative image of Italy, as a country with a cultural and artistic past and which marries, but not always harmoniously, a traditional past with a stylish present, an economic system that finds it difficult to adjust to the era of globalization and hence destined to decline, a corrupt political system, and last but not least a society exhibiting many curious, and even bizarre, streaks. Given the declining importance of Italy, and Europe as a whole, in Canada, it does not look like than anything short of a vigorous public diplomacy campaign is likely to change the images of Italy currently prevailing in Canada.
Non metto i nomi, perchè l'articolo non è stato ancora pubblicato...
Non che siano molto indicative, o che dicano chissàcosa, ma tant'è,
Italian politics do not receive much attention in Canada. When they do, domestic political aspects prevail over foreign policy ones. As far as governmental perceptions are concerned, positive references are found with respect to social policies while negative ones concern primarily the electoral system and the pervasiveness of public corruption. In the Canadian national press, almost all references to Italian domestic politics are negative. Former President of the Council Silvio Berlusconi is the target of the most virulent form of criticism. References to Italian foreign policy are rare both in governmental circles and in the press. The very few positive references concern almost exclusively critical prises de positions vis-à-vis the US while negative ones refer to two aspects of bilateral relations, namely the failure of Italy to ratify a tax treaty and its boycotting of seal products. What is perhaps surprising in terms of Italian foreign policy is that Canadians make no reference to the fact that Italian foreign policy shares with Canadian foreign policy the same major guiding principle, i.e. multilateralism, and that Italy has become as active as Canada once was in peace-keeping missions around the world. The little attention paid to Italy seems to be due to the fact that, at the governmental level at least, Canada pays more attention to the EU (and NATO) as a whole than to single countries and that when it comes to single countries the attention being paid seems to be directly proportional to the importance of the economic relationship Canada has with each country (in the case of the US, of course, its international role and geographic position also play a role). Canada’s two national newspapers paid more attention to Italy than to the EU as a whole for instance, but the bulk of such attention was devoted to what can at best be defined as ‘colourful’ aspects of Italian society. Indeed, the readers of the only two Canadian national newspapers are presented with a rather negative image of Italy, as a country with a cultural and artistic past and which marries, but not always harmoniously, a traditional past with a stylish present, an economic system that finds it difficult to adjust to the era of globalization and hence destined to decline, a corrupt political system, and last but not least a society exhibiting many curious, and even bizarre, streaks. Given the declining importance of Italy, and Europe as a whole, in Canada, it does not look like than anything short of a vigorous public diplomacy campaign is likely to change the images of Italy currently prevailing in Canada.
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- Massimo Carbone
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Vi aggiornerò poi quando avrò preso visione delle ricerche anche circa altri paesi, europei e non. Sì, magari una delle cose da valutare è se ci sia questa difformità tra paesi europei e resto del mondo.Nickognito ha scritto:penso tra l'altro il Canada sia uno dei paesi piu' 'europei come valori fuori dall'europa (infatti mi piace molto, non dissento granché da ciò che sta scritto qui sopra )
Rispondendo alla domanda del topic: beh, l'essere italiano è una delle identità che, specialmente quando sei all'estero viene evocata, indipendentemente dalla tua volontà. In un contesto internazionale, tu sei percepito (anche) come italiano..
Detto questo, orgoglioso proprio no ( ); non è che la cosa mi interessi però più di tanto. Se dovessi ex abrupto scegliere una nazionalità da mettere in un CV, però non metterei 'italiana', non fa molto figo in certi ambienti (a meno che il CV sia per una pizzeria, ).
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Eh, Nick, qui ci colleghiamo alla questione 'italianità-occidentalità'. Sorvoliamo, per ora (io comunque sì, ci tengo molto ma molto di più al giudizio degli altri Europei: gli altri chi sarebbero? ).Nickognito ha scritto:anche negli Stati Uniti, nel Medio Oriente spesso, in diversi stati africani. Ma penso che ovunque nel mondo siamo visti meglio che in Europa. A chi fosse capitato di girare molto per l'Europa e molto poco fuori potrebbe esser successo di avere una visione ristretta dell'opinione degli stranieri sugli italiani.PINDARO ha scritto:In Thailandia in effetti l'Italiano va tantissimo.Nickognito ha scritto:
Beh, fuori dall'Europa è spesso vero che l'italiano è visto molto bene. In Europa, molto di meno.
Anche in Brasile.
Questo al di là di chi abbia ragione, beninteso. E' che spesso è diffusa un'idea europeista per cui solo il giudizio dell'Europa conta. Io sono europeista e condivido con gli europei molti dei miei valori, ma la visione , al di là di valori personali, rimane un po' ristretta in questo senso, a volte, un po' la stessa cosa che capita a chi non esce mai dall'Italia.
Ripeto e sottolineo: al di là di chi abbia ragione o torto
Ma poi, più banalmente: non possiamo forse ipotizzare, senza tema di sbagliarci poi tanto, che sono i nostri vicini che ci conoscono di più? Che la distanza moltiplica lo stereotipo superficiale? Pensiamoci un po'.
Ultima notarella: Asiatici, Africani, Americani, Oceanici conosciuti però in Europa valgono o no, nick?
“True terror is to wake up one morning and discover that your high school class is running the country.” (K. Vonnegut)
Ma potrei rispondere pure a Backh o Johnny...alessandro ha scritto:come italiano non mi hanno mai detto nulla,
a parte l aprima volta che da ragazzino sono andato a New Yrok, in poliziotto con tanto di cinturone e revolver mi ha accolto all'aeroporto con un "Italiano Mafia",
adesso, i miei amici o chi incontro all'estero, mi chiedono perche' continuo a votare Berlusconi... a me...
Rispondo che la sinistra si massacra da sola.
Ma che razza di gente incontrate!?
Mafia, vi parlano di Berlusconi, chiedono chi votiamo!?
Io ho conosciuto centinaia di turisti (per conosciuto intendo una conoscenza NON superficiale) ed è tutta gente che qua ci lascia il cuore ogni volta che parte... Siano tedeschi, svizzeri... Ma pure chi viene dalla Francia, tantissimi dal Belgio.
Ma poi ho avuto esperienze positivissime in Francia, Inghilterra, Spagna...
Sia con mature persone del posto, che pure con giovani e fresche rappresentanti della gioventù locale.
Se poi a voi parlano di Mafia e Berlusconi, non so che farci...
Io parlavo di mare, viaggi, dell'Italia, dello sport... Del lavoro, di tante cose. Ma se devo ricordare un episodio con uno che mi guardasse dall'alto verso il basso, giuro, non me lo ricordo proprio.
Avremo incontrato persone diverse.
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Andrai in giro con un cappello inguardabile evidentemente.MattVince ha scritto: Ma se devo ricordare un episodio con uno che mi guardasse dall'alto verso il basso, giuro, non me lo ricordo proprio.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Anche a ovest della Germania sono bassi.Nickognito ha scritto:io in Germania, più a sud son troppo bassi.MattVince ha scritto: Ma se devo ricordare un episodio con uno che mi guardasse dall'alto verso il basso, giuro, non me lo ricordo proprio.
Gios ha scritto: Fate del bene al mondo, ragazzi, non andate dietro le cazzate: comprate bei libri.
Nickognito ha scritto: Anche perché molte persone vivono una esistenza non grigia, vedono tanti bei posti e tramonti e non sono tutti pessimisti come su mymag
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Dobbiamo esserne orgogliosi
http://www.corriere.it/economia/09_marz ... primopiano
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"You can walk away from someone who doesn't love you. And you can walk away from someone you don't love. But when the love is mutual," Roy said. "The hardest thing is to walk away."
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Dirigi una clinica specializzata in trapianti,per caso?MattVince ha scritto:Io ho conosciuto centinaia di turisti (per conosciuto intendo una conoscenza NON superficiale) ed è tutta gente che qua ci lascia il cuore ogni volta che parte... Siano tedeschi, svizzeri... Ma pure chi viene dalla Francia, tantissimi dal Belgio..
Ah, a me all'estero nessunoha parlato di Mafia, quindi, i VOI risparmiateli,please.
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io incontro una media di 20 stranieri al giorno, ma certo non mi metto a parlare di politica e anceh con gli italiani cerco di evitare, se non li conosco bene.Johnny Rex ha scritto:Dirigi una clinica specializzata in trapianti,per caso?MattVince ha scritto:Io ho conosciuto centinaia di turisti (per conosciuto intendo una conoscenza NON superficiale) ed è tutta gente che qua ci lascia il cuore ogni volta che parte... Siano tedeschi, svizzeri... Ma pure chi viene dalla Francia, tantissimi dal Belgio..
Ah, a me all'estero nessunoha parlato di Mafia, quindi, i VOI risparmiateli,please.
perche' mettersi a discutere per nulla?
intervengo solo se sento delle cose false.
tipo un tizio ceh diceva "questi magistrati che guadagnano come i parlamentari 13.000 euro al mese piu' vari privilegi".
dividi per 5 e togli i privilegi.
al quinto NON E' VERO, ho lasciato perdere
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